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Mutismo Selettivo: caratteristiche generali, diagnosi e trattamento

Il Mutismo Selettivo è un disturbo d'ansia che colpisce bambini anche molto piccoli, che per un periodo di tempo usano il linguaggio verbale con un numero molto ristretto di persone (anche solo 1 genitore). I trattamenti d'elezione, oggi, sono la terapia cognitivo-comportamentale con trattamento SSRI

Di Martina Bandera

Pubblicato il 17 Ott. 2018

Aggiornato il 14 Set. 2021 15:14

Che cos’è il mutismo selettivo? Quali sono le sue caratteristiche? Che cosa comporta questo disturbo? E se fosse solo timidezza? Il mutismo selettivo è un comportamento oppositivo? Come si può intervenire?

 

Ottobre è il mese della sensibilizzazione sul mutismo selettivo, un disturbo caratterizzato dall’incapacità di parlare in determinate situazioni sociali nonostante lo sviluppo del linguaggio sia normale. Il disturbo è diffuso prevalentemente in età infantile ma può essere presente anche in età adulta. Riconoscere il disturbo, collaborare con la scuola e chiedere aiuto ad uno specialista qualificato sono elementi essenziali per aiutare il bambino.

Mutismo selettivo: definizione

Il mutismo selettivo (MS) è un disturbo d’ansia che impedisce al bambino di esprimersi attraverso una normale verbalizzazione: la caratteristica principale del disturbo è la costante incapacità di parlare in situazioni sociali nelle quali ci si aspetta che l’eloquio sia presente se pur questo sia normale e avvenga liberamente in altri contesti considerati familiari.

Il termine “selettivo” indica che il bambino riesce ad esprimersi solo con determinate persone delle quali si fida e in alcune circostanze nelle quali si sente sereno (solitamente l’ambiente familiare) ma mostra difficoltà in ambienti sociali in cui non si sente a proprio agio (in particolar modo nel contesto scolastico poiché è il luogo principale in cui il bambino è esposto a frequenti domande e richieste di prestazione). La selezione degli interlocutori può essere più o meno ampia fino ad arrivare anche ad un solo genitore.

Il grado di persistenza è variabile: può verificarsi per alcuni mesi oppure mantenersi per diversi anni. Una remissione completa del disturbo è presente nella maggior parte dei casi, tuttavia possono permanere difficoltà comunicative e relazionali.

Mutismo selettivo: storia e classificazione

I primi studi risalgono alla seconda metà dell’800 quando Kussmaul pubblicò un resoconto su tre soggetti incapaci di parlare in determinate situazioni pur avendone le capacità, definendolo con il termine “afasia volontaria” pensando quindi fosse causato da una decisione del soggetto. Tramer nel 1934 introduce per la prima volta il termine di “mutismo elettivo” per indicare la scelta del bambino che pur sapendo parlare rimaneva in silenzio; è solo nel 1983 con Hasselman che si inizia a parlare di “mutismo selettivo” per indicare la condizione del bambino incapace di esprimersi solo in determinate circostanze in risposta ad un ambiente vissuto come pauroso.

I primi manuali diagnostici DSM III-R e ICD 10 descrivono il disturbo come un persistente rifiuto di parlare da parte del bambino; nel DSM IV e nel DSM IV-TR il silenzio viene invece concettualizzato come “incapacità” di parlare. La vera rivoluzione è rappresentata dall’ultima versione del manuale americano (DSM 5) che elimina il disturbo dalla sezione “Altri disturbi dell’Infanzia, della fanciullezza o dell’adolescenza” inserendolo nella sezione “Disturbi d’ansia” in seguito alle diverse evidenze scientifiche che identificano l’ansia come una delle caratteristiche principali all’interno del quadro clinico del disturbo.

Mutismo selettivo: diffusione

Il Mutismo Selettivo è un disturbo relativamente raro: il tasso di prevalenza nei bambini oscilla tra lo 0,2% e lo 0,8% anche se negli ultimi anni la percentuale sembra in aumento. La difficoltà a stabilire con precisione una stima è dovuta alla mancanza di un modello univoco circa le cause e gli strumenti di valutazione.

Il disturbo si presenta in prevalenza nel sesso femminile probabilmente perché le bambine sono più inclini all’ansia, con un rapporto femmine-maschi di 2:1, rappresentando un’eccezione rispetto agli altri disturbi dell’età evolutiva nei quali si riscontra una prevalenza del sesso maschile.

Il Mutismo Selettivo ha un esordio precoce, tra i 2 e i 4 anni infatti emergono i primi sintomi quali timidezza, rifiuto di parlare in certe situazioni e comportamento riservato. Il disturbo è riconoscibile in modo chiaro solamente quando il bambino inizia a frequentare la scuola materna o la primaria poiché questi tendenzialmente rappresentano i primi contesti al di fuori dell’ambiente familiare in cui il bambino deve parlare.

Mutismo selettivo: cause e disturbi correlati

Le cause responsabili del Mutismo Selettivo sono ad oggi poco chiare poiché le spiegazioni presenti in letteratura sono varie e ampiamente diversificate. L’ipotesi più accreditata è che il disturbo sia una condizione eterogenea determinate da diversi fattori, in primis fattori genetici e ambientali.

Secondo il modello bio-psico-sociale, l’evidenza di tratti temperamentali costanti nei bambini con Mutismo Selettivo e la presenza di tratti simili nei genitori porta ad ipotizzare un ruolo dei fattori neurobiologici e genetico-familiari all’origine del disturbo. Accanto all’ipotesi neurobiologica risulta di fondamentale importanza il ruolo dei fattori psicologici e sociali, tuttavia contrariamente a quanto si potrebbe pensare ricerche recenti non supportano l’idea secondo la quale esperienze traumatiche vissute dai bambini siano da considerarsi potenziale causa d’insorgenza del disturbo. Un potenziale fattore di rischio è rappresentato dalla migrazione del nucleo familiare: il rischio di sviluppare la patologia in questi bambini è tre volte superiore rispetto alla popolazione nativa, tuttavia in questi casi la diagnosi è più complessa perché un periodo caratterizzato dall’assenza di comunicazione verbale è tipico in questi bambini.

Diversi modelli psicologici hanno cercato di rintracciare le cause del disturbo: secondo il modello psicodinamico l’origine del Mutismo Selettivo è da ricondursi a problematiche nell’ambito dell’oralità in rapporto ad un rigido legame con la madre. La prospettiva sistemico familiare dal canto suo chiama in causa rapporti familiari difficili, attribuendo grande peso alla relazione genitore-figlio. Il modello psicologico ad oggi maggiormente diffuso è quello cognitivo-comportamentale che vede il disturbo come il risultato di esperienze di apprendimento rinforzate negativamente: il silenzio è utilizzato come strumento per controllare e gestire l’ansia.

Il Mutismo Selettivo presenta diverse manifestazioni correlate ad altri disturbi dello sviluppo: alcuni soggetti presentano disturbi specifici o ritardi del linguaggio mentre altre ricerche hanno riscontrato difficoltà nella coordinazione motoria genarle e in quella manuale nonché deficit di processazione uditiva. La nuova categorizzazione diagnostica suggerisce comorbilità con i disturbi internalizzanti, in particolar modo la sintomatologia ansiosa risulta essere il pattern di disturbi maggiormente correlato.

Caratteristiche dei bambini con mutismo selettivo

L’idea comune a chi si trova di fronte ad un bambino selettivamente muto è che il suo comportamento sia provocatorio e di sfida, tuttavia è di fondamentale importanza comprendere che l’assenza della parola è dettata da un elevato livello d’ansia e una conseguente paura che il bambino riesce a controllare solamente tacendo.

Questi bambini sono consapevoli della loro difficoltà, provando molta sofferenza e frustrazione perché desiderano fortemente riuscire a parlare e giocare con gli amici. A causa della forte paura che le interazioni sociali suscitano in questi bambini le loro espressioni facciali risultano inespressive, vi è difficoltà a mantenere il contatto visivo con l’interlocutore e elevata sensibilità per l’ambiente circostante. Il linguaggio del corpo è impacciato e goffo quando si rivolge loro attenzione, è tipico di questi bambini voltare la testa o guardare a terra durante una conversazione, toccarsi i capelli (segnale di un elevato livello di ansia) oppure nascondersi.

Molto spesso i bambini lamentano sintomi fisici quali: mal di stomaco, mal di testa, nausea, manifestazioni di pianto o di collera; con l’aumentare dell’età i sintomi si modificano in palpitazioni cardiache, svenimenti, tremori e eccessiva sudorazione. A scuola molti bambini hanno difficoltà a chiedere di andare al bagno e a mangiare: i bambini rifiutano di nutrirsi, nascondono il cibo o attendono che i compagni abbiano terminato il pranzo e se ne siano andati.

Mutismo selettivo: valutazione diagnostica

La valutazione deve essere compiuta nel modo più completo possibile, ricorrendo ad un approccio diagnostico multimodale e considerando i possibili fattori di comorbilità. Compiere un’anamnesi dettagliata della storia di vita del bambino appare fondamentale perché alcuni segnali di allarme del disturbo possono essere rintracciati durante lo sviluppo: fattori biologici-temperamentali (difficoltà di addormentamento, disturbi del sonno, irrequietezza), fattori cognitivi-affettivi (vulnerabilità, vergogna) e fattori socio-culturali e familiari (stile educativo ansioso, scarse competenze sociali della famiglia).

Il primo passo da compiere è un colloquio approfondito con i genitori a cui seguirà l’incontro con il bambino. In questa fase l’osservazione dei disegni, del gioco libero e del linguaggio corporeo risulta molto utile. Uno strumento utile per valutare la capacità di comunicazione del bambino è la Selective Mutism Stages Communication Comfort Scale. La scala illustra in 3 livelli le diverse fasi che conducono alla comunicazione verbale. Al fine di attuare un intervento e valutarne i progressi è necessario collocare il bambino all’interno di uno di questi livelli.

Il clinico deve compiere un’analisi funzionale del comportamento del bambino per giungere alla formulazione di un percorso di trattamento il più idoneo possibile al bambino e all’ambiente in cui vive. Ciò che si può affermare con certezza è che quanto prima il disturbo viene diagnosticato e trattato nel modo corretto tanto maggiore sarà la possibilità di superare il problema.

Mutismo selettivo: il trattamento

Trovare un trattamento valido per tutti i bambini è un’impresa quasi impossibile, ogni bambino rappresenta un caso particolare e il trattamento deve essere individualizzato.

Sul versante della psicoterapia, negli ultimi anni l’approccio più citato in letteratura è sicuramente quello cognitivo-comportamentale. In questo caso lo scopo è quello di diminuire i livelli di ansia e incrementare la verbalizzazione. Le tecniche maggiormente utilizzate sono quelli di stampo comportamentale, visto che si lavora nella maggior parte di casi con bambini, spesso coinvolgendo anche altre figure significativi quali le insegnanti.

La terapia psicoanalitica sembra essere il trattamento più adatto per bambini in età prescolare (3-5 anni) perché utilizza primariamente come strumenti d’indagine il disegno e il gioco.

In alcuni casi, il supporto psicologico messo in atto precocemente solo con la coppia genitoriale si rivela molto utile conducendo ad ottimi risultati.

Recenti studi suggeriscono l’idea di considerare il trattamento farmacologico in aggiunta a quello terapeutico nel caso in cui quest’ultimo non conduca a risultati evidenti. I farmaci di prima scelta nel trattamento del MS sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), comunemente usati nel trattamento di disturbi d’ansia e dell’umore. Il meccanismo grazie al quale questi farmaci producono miglioramenti in questo disturbo non ad oggi del tutto chiaro, ad ogni modo sembrerebbero ridurre i livelli d’ansia provati dal bambino rendendo più facile il trattamento terapeutico.

Mutismo selettivo: il ruolo della famiglia e della scuola

Famiglia e scuola rappresentano i due ambienti principali in cui il bambino vive, affinché si possa realizzare un intervento efficace la psicoeducazione dei genitori e degli insegnanti è fondamentale.

Nella maggior parte dei casi, i bambini selettivamente muti intrattengono una normale conversazione nell’ambiente domestico provocando confusione nei genitori posti davanti al mutismo dei figli negli altri contesti. I genitori e i famigliari devono capire e accettare il disturbo, evitando di focalizzare l’attenzione sulla mancanza della parola. È necessario che i genitori comprendano il disagio del figlio e mettano in atto strategie per diminuire lo stato ansioso: avere una routine fissa può essere d’aiuto a questi bambini soprattutto in momenti particolari della giornata come la mattina prima della scuola. Per aiutare i propri figli i genitori dovrebbero incoraggiare le interazioni sociali, magari organizzando incontri con l’amico di scuola con cui il bambino si trova più a suo agio.

La scuola rappresenta per i bambini con MS un luogo in cui si sentono moto a disagio. Le maestre non devono forzare i bambini a parlare, ai docenti è richiesta una grande attenzione e preparazione nel saper cogliere i segnali di malessere del bambino. La maestra deve essere comprensiva e disponibile e permettere la comunicazione non verbale; è possibile e necessario valutare le conoscenze apprese come qualsiasi altro alunno ricordando però che l’ansia influenza la prestazione scolastica: è consigliabile utilizzare test non verbali senza limiti di tempo durante lo svolgimento delle prove di verifica.

Mutismo selettivo in età adulta

La maggior parte delle volte il mutismo selettivo si risolve prima dell’età adulta, tuttavia ci sono casi in cui il disturbo continua in adolescenza e oltre.

Un adolescente muto selettivo quasi certamente convive con il disturbo da molti anni nel corso dei quali ha sviluppato e rinforzato meccanismi di comportamento errato per gestire l’ansia, affrontando ogni situazione ansiogena con il silenzio. A differenza dei bambini più piccoli, i ragazzi con mutismo selettivo sono pienamente consapevoli della loro situazione e nel corso degli anni hanno imparato a mascherare i segnali d’ansia. I vissuti di questi ragazzi sono caratterizzati per la maggior parte da isolamento e solitudine.

Poca considerazione è stata riservata alla presenza del disturbo in età adulta. Dall’analisi dei dati presenti non è possibile ottenere una stima dell’incidenza del disturbo riferita a quest’età, si può ipotizzare però che la diffusione negli adulti sia inferiore all’1% in quanto, generalmente, il disturbo presenta completa risoluzione nell’infanzia. In linea generale si può affermare che soggetti adulta con una storia presente o passata di mutismo selettivo presentano disturbi principalmente legati alla sintomatologia ansiosa, in particolar modo disturbo d’ansia sociale e difficoltà relazionali.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Blum, S., Shipon-Blum, E. (2013). Unspoken Words: a child’s view of Selective Mutism. Createspace
  • Capozzi, F., Manti, F., Sirchia, V., Piperno, F. (2012). Il mutismo selettivo. Fioriti Giovanni Editore
  • Fascione, M. S., Stasolla, F. (2013). Il mutismo selettivo. Libellula Edizione. (E-Book)
  • Shipon-Blum, E. (2010). Comprendere il mutismo selettivo. Guida per genitori, insegnanti, terapeuti. La Meridiana
  • Strepparava, M. G., Iacchia, E. (2012). Il mutismo selettivo. In Psicopatologia cognitiva dello sviluppo. Bambini difficili o relazioni difficili? (pp. 125-135). Raffaello Cortina Editore
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