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XIX Congresso Nazionale SITCC 2018: Migrazione e Psicoterapia, le sfide della Multiculturalità – Report dal Simposio

Nell'ambito del Congresso SITCC 2018 si è tenuto un simposio sul tema migrazione e prassi di psicoterapia che ha raccolto il riferimento ad interventi innovativi che vanno oltre la terapia sul trauma, tutti da sperimentare nella pratica clinica quotidiana in favore di questa classe di popolazione.

Di Marvita Goffredo

Pubblicato il 09 Ott. 2018

Aggiornato il 27 Giu. 2019 11:51

Sabato 22 settembre 2018, nell’ambito del XIX congresso nazionale SITCC, si è tenuto il simposio “ Migrazione e Psicoterapia: le sfide della Multiculturalità”, con il dott. Maurizio Brasini, didatta della Scuola di Psicoterapia Cognitiva SPC, nel ruolo di chair e la dott.ssa Maria Grazia Foschino Barbaro, Direttore della Scuola di specializzazione in Psicoterpia Cognitiva AIPC di Bari, nel ruolo di discussant. Come già chiaramente si evince dal titolo, il focus è su un tema fino ad oggi poco approfondito dai vari approcci alla psicoterapia

 

Nell’ultimo decennio il fenomeno migratorio in Italia è cresciuto in maniera esponenziale; si pensi che solo nel 2017 si è assistito all’ingresso di circa 15731 minori stranieri non accompagnati (MSNA). In poco tempo, dunque, il nostro Paese si è arricchito di gruppi comunitari provenienti da paesi dell’Europa orientale ed anche di altri continenti, in particolar modo l’Africa, connotati da culture, lingue e religioni eterogenee. Si è imposta la necessità di integrazione in tutti gli ambiti, da quello culturale a quello sociale, e non in ultimo all’interno dei percorsi sanitari.

I diversi contributi presentati al congresso SITCC 2018 sul tema della migrazione

Il primo contributo Trauma complesso e migrazione: i casi di Alioum e Mohamed a confronto” è stato presentato dal Dott. Alberto Barbieri, del Centro MEDU Psychè e della SPC di Grosseto. Partendo dal confronto di due casi, entrambi descritti negli aspetti salienti – funzionamento interno, intervento terapeutico ed esiti di trattamento – ha mostrato come, pur partendo da storie traumatiche per molti versi simili, l’evoluzione psicopatologica abbia seguito traiettorie assai differenti, per tipologia di problematiche, gravità delle stesse ed anche risposta al trattamento. La comparazione dei due casi ha infatti evidenziato come alcuni stili di personalità possano agire da elementi di vulnerabilità per lo sviluppo di un Disturbo da Stress Post traumatico complesso (cPTSD). L’obiettivo è stato dunque quello di dissipare una credenza diffusa, pur basata su limitate fondamenta scientifiche, secondo la quale la gran parte dei migranti esposti a traumi interpersonali estremi e cumulativi, sviluppino inesorabilmente quadri clinici di carattere traumatico. L’esperienza clinica di Medici per i Diritti Umani suggerisce, infatti, diversamente, che solo una minoranza dei migranti sopravvissuti sviluppa sindromi trauma-correlate.

Il secondo contributo, presentato dalla Dott.ssa Antonella Stellacci, psicologa e psicoterapeuta presso il Cara di Bari-Palese, specializzata presso la sede SPC di Ancona, nelle stesse corde del precedente, orienta l’attenzione sulla dimensione della Crescita Post Traumatica: “A forza di essere vento: approcci esplorativi alla Crescita Post traumatica in ambito migratorio”. Benchè gli esiti sulla salute fisica e psicologica determinati dagli eventi traumatici trovino oramai ampia e indiscutibile conferma in letteratura di più ambiti disciplinari, è altrettanto dimostrato che le risposte psicologiche al trauma migratorio non siano esclusivamente negative. Negli ultimi anni è, infatti, in crescita un filone di ricerca volto ad indagare gli aspetti positivi conseguenti all’esposizione al trauma che concorrono alla cosiddetta Crescita Post Traumatica. Alla luce di queste considerazioni, dopo una breve disamina sui principali approcci esplorativi sulla promozione di tale dimensione rivolti ai migranti richiedenti asilo, la dottoressa ha presentato il piano di trattamento integrato del trauma migratorio progettato ed implementato dal proprio gruppo di lavoro. Con efficacia è dunque riuscita a mostrare come gli interventi psicologici positivi possano essere integrati efficacemente con le azioni mirate alla riduzione della sintomatologia e che la Terapia Cognitiva possa giocare un ruolo importante nella promozione della dimensione della Crescita Post Traumatica.

Il terzo contributo, “La cura del Minore Straniero Non Accompagnato”, è stato a cura della dottoressa Leonarda Valentina Vergatti, psicologa psicoterapeuta dell’AIPC di Bari. La parte introduttiva è volta a sostanziare su un piano squisitamente clinico la dimensione di complessità che generalmente grava sui percorsi di cura dei minori migranti. La gestione del disagio psichico in questi minori richiede, infatti, in primis, uno sforzo di integrazione dell’approccio bio-psico-sociale, specifico della cultura occidentale, con quello magico-religioso che prevale in molte culture “altre”. È seguita, dunque, la presentazione di alcune indicazioni metodologiche rilevanti per la strutturazione di un piano di cura del paziente Minore Straniero non Accompagnato e la predisposizione di un setting terapeutico a componente transculturale che gli consenta di sperimentare la protezione e la sicurezza negate nelle precedenti esperienze di vita, altresì la ridefinizione dei modelli operativi di sé e dell’Altro.

In chiusura, il contributo della Dott.ssa Federica Visco-Comandini, psicologa e psicoterapeuta in formazione (SPC di Grosseto), del Centro MEDU Psychè, dal titolo “Trauma complesso e Disturbo da Stress Post Traumatico in un campione di migranti provenienti dall’Africa Subsahariana”. Sono stati presentati i risultati ottenuti dallo studio effettuato su un campione di 36 migranti provenienti dall’Africa Subsahariana esposti a traumi nel proprio paese d’origine o durante il viaggio migratorio. I dati emersi hanno confermato quanto già avevo anticipato il dott. Barbieri nella sua presentazione: circa l’80% dei soggetti ha mostrato una diagnosi di PTSD, solo nella restante parte, una piccola minoranza dunque, è stato diagnostico il Disturbo da Stress Post Traumatico Complesso. Tali dati avvalorano dunque l’ipotesi secondo la quale solo un piccola minoranza dei migranti sviluppa un quadro traumatico complesso e ciò sembra essere in relazione con elementi di vulnerabilità individuale.

Questo simposio ha dunque offerto interessanti spunti di riflessione teorica nell’ambito del tema migrazione e prassi di psicoterapia, raccogliendo al suo interno anche il riferimento ad innovative prassi di intervento da sperimentare nella pratica clinica quotidiana in favore di questa classe di popolazione.

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