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Istruzioni per l’uso del cervello (2017) di John Arden – Recensione del libro

Istruzioni per l'uso del cervello di John Arden è un libro sia per pazienti che per terapeuti. La prima parte illustra le più recenti scoperte neuroscientifiche sul funzionamento del cervello; la seconda mostra su cosa e come intervenire in terapia per trattare alcuni disturbi, considerato quanto accade nel cervello

Di Elena Mannelli

Pubblicato il 25 Ott. 2018

Il libro Istruzioni per l’uso del cervello pone nel titolo tutto ciò che il lettore può trovarvi. È sia un testo con delle “istruzioni” per il paziente, sia un libro di neuroscienze.

 

Lo scopo del libro Istruzioni per l’uso del cervello è quello di spiegare ai pazienti cosa accade nel loro cervello quando soffrono di ansia e depressione e allo stesso tempo ha l’obiettivo di dare dei suggerimenti ai terapeuti su come integrare i domini della ricerca scientifica nel campo delle sempre più aggiornate neuroscienze.

Istruzioni per l’uso del cervello.. in psicoterapia

Al contenuto principale del testo sono affiancate da un lato, la spiegazione dettagliata degli aspetti neuro-correlati e delle ricerche che supportano il testo (paragrafi chiamati proprio Neuroscienze) e dall’altro la spiegazione (intitolata Educazione del paziente) in cui, in parole povere ed estremamente semplici, viene tradotto il linguaggio neuroscientico per poterlo utilizzare con il paziente. In questo modo il clinico ha un canovaccio da poter seguire che possa spiegare in modo accessibile a tutti cosa che c’è che non va nei loro circuiti cerebrali quando incontrano le sofferenze psicopatologiche e cosa, invece, può andare a modificare (sempre a livello neurobiologico) un percorso di psicoterapia.

Sicuramente Istruzioni per l’uso del cervello è un libro che mancava e ancor più certamente un libro al passo con i tempi in cui le scoperte di impostazione neuroscientifica hanno un ruolo importante nella psicopatologia dell’ansia e della depressione (sono le due grandi macro aree che vengono, difatti, trattate nel libro).

Durante gli ultimi 25 anni si sono accumulati molti dati a sostegno che la psicoterapia modifichi il cervello. È stata riscontrata una riduzione nelle attività dell’amigdala in pazienti trattati per fobie, una riduzione dell’ attività frontale in pazienti trattati per depressione, un aumento dell’attività cingolata anteriore in pazienti trattati per Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS) e un aumento dell’attività ippocampo le nelle persone con depressione e la diminuzione del caudato in pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC).

Oltre a questa suddivisione il libro di Arden si snoda in due arterie principali. La prima parte infatti è dedicata all’applicazione delle neuroscienze, la seconda prende in considerazione più da vicino i disturbi d’ansia, il Disturbo Post Traumatico da Stress, il Disturbo Ossessivo Compulsivo e la Depressione.

Istruzioni per l’uso del cervello.. il contributo delle neuroscienze

Nella prima metà del libro si affrontano temi che vanno dall’ epigenetica, alla neuro plasticità, alle differenze fra i due emisferi nella morfologia e nel funzionamento, alla spiegazione del default model networks (DMN) fino alla psico-neuroimmunologia.

Lo scopo di Istruzioni per l’uso del cervello è quello di rendere il paziente consapevole che il suo comportamento ha un impatto sul suo cervello. Si cerca di spiegare, per esempio, come far procedere il paziente verso una riorganizzazione delle connessioni cerebrali, disinnescando il DMN e riattivando la corteccia pre-frontale per incanalare il cambiamento nella direzione desiderata; viene spiegato perché ridere anche in assenza di gioia, ma come mero gesto comportamentale, possa essere un’ autentica medicina per andare a stimolare l’attivazione dell’emisfero sinistro o ancora come l’esercizio fisico, una corretta alimentazione e una corretta igiene del sonno, possano incidere sulle prestazioni del cervello. Sapevate per esempio che gli alimenti fritti e gli acidi grassi trans in essi contenuti impediscono di pensare con chiarezza? E che non conviene mai dormire arrabbiati? Infatti il sonno amplifica in maniera selettiva le memorie episodiche significative dal punto di vista emotivo e amplifica le memorie emotive fissando una rappresentazione duratura degli eventi stressanti.

Una parte importante di Istruzioni per l’uso del cervello è dedicata allo sviluppo dei sistemi della memoria. Questa si intreccia allo sviluppo, infatti la personalità, così come la psicopatologia, si forma attraverso il modo in cui il cervello si adatta alle interazioni con gli altri. Comprendere la memoria è fondamentale per comprendere il processo della psicoterapia. Una terapia efficace cambia la memoria attraverso processi interattivi modificati dal cambiamento del punto di vista del paziente. Il fatto che la memoria sia plastica rende la psicoterapia possibile.

Viene ampiamente raccontata la memoria nella sua forma dichiarativa e non dichiarativa, di come queste impattino nel reagire alle situazioni, vengono elencati i substrati biologici deputati alla memorizzazione toccando i punti principali e più salienti di ciò che occorre sapere in materia. Sia dal punto di vista delle teorie psicologiche, sia da quello biologico, sia da quello psicopatologico.

Arden spiega ai pazienti che esistono due vie di attivazione dell’amigdala. Quella lenta che fa in modo che pensiamo prima di sentire e quella veloce che funziona al contrario. In modo da lasciar comprendere come mai capita che si sentano ansiosi prima di aver pensieri o come queste vie non siano integrate nel caso del DPTS.

Nello spiegare l’importanza delle relazioni per la modifica dell’attività neuronale non si può prescindere dalle teorie relative alle relazioni precoci. Dal concetto di madre sufficientemente buona (e non perfetta, si specifica) di Winnicott alla teoria dell’Attaccamento (ampiamente dettagliata) con annessi dati rispetto alla neruobiologia nelle varie tipologie di attaccamento. L’obiettivo fondamentale di una psicoterapia può essere quindi quello di sviluppare nuovi sistemi di memoria integrati e adattivi in modo da aiutare il paziente alla costruzione di strutture in grado di aumentare il suo livello di tolleranza alla frustrazione e di reagire in modo regolato alle emozioni.

Istruzioni per l’uso del cervello nelle diverse psicopatologie

La seconda parte del libro Istruzioni per l’uso del cervello raccoglie tutto ciò che è stato seminato e prende in esame capitolo per capitolo i vari disturbi di ansia (suddivisi tra disturbi da auto stress, ansia focalizzata, ansia generalizzata, DPTS, DOC e depressione) per vedere più nel dettaglio e soprattutto nello specifico di ciascuna psicopatologia cosa non funziona a livello del cervello e quindi di come, con la psicoterapia, si possa andare a lavorare su questi aspetti.

La prima parte esamina il sempre più attuale concetto di stress, dalla teoria ormai nota di Seyle fino alle più importanti e recenti scoperte relative all’attivazione vagale di Porges e di tutto quello che succede all’organismo quando è sottoposto ad un carico di stress eccessivo e prolungato.

Arden distingue (dedicando due diversi capitoli) l’ansia generalizzata dall’ansia acuta proprio nelle specificità dei correlati neurobiologici.

In Istruzioni per l’uso del cervello si parla infatti di trovare il modo per il paziente di riequilibrare il sistema nervoso autonomo (che nel caso dell’ansia vede uno squilibrio a favore di una pressochè costante attivazione del Sistema Nervoso Simpatico). Di fatto i due sistemi legati all’ansia o al rilassamento si inibiscono reciprocamente per cui si prova a guidare il clinico e il paziente verso strategie volte proprio ad intervenire sul Sistema Nervoso Parasimpatico attraverso esercizi di respirazione, allenando l’attenzione a restare focalizzata sul presente, agendo sulla postura anche tramite lo yoga, imparando ad osservare pensieri, corpo e stati emotivi etichettandoli per ciò che sono in modo da stimolare la corteccia pre-frontale e distanziando dall’ansia stessa.

Viene preso in esame anche il concetto di evitamento (naturale protagonista della psicopatologia dell’ansia) sia comportamentale che cognitivo e di come questo sia uno dei maggiori fattori di mantenimento del problema. Si intrecciano concetti cognitivi come l’intolleranza all’incertezza e la sua speculare accettazione del rischio e dell’ambiguità, insieme a ciò che a livello del nostro cervello accade passando da uno stato all’altro. Esporsi all’incertezza infatti costruisce la capacità del cervello di neutralizzare le preoccupazioni. La terapia con pazienti con problemi di ansia generalizzata viene sintentizzata con l’acronimo REAL:

  • Relaxation (esercizi di meditazione, rilassamento, autoipnosi, training autogeno)
  • Exposure (programmare l’ora della preoccupazione per esempio in modo da dare alla corteccia orbito frontale la possibilità di lavorare sullo sviluppo della capacità di gestire le ambiguità)
  • Acceptance (dell’incertezza)
  • Labeling (etichettare i pensieri in modo da distanziarsene).

Anche nella sezione dedicata all’ansia focalizzata (sia fobie che attacchi di panico) si parla di nuovo di evitamento e dell’impatto di questo sul Sistema Nervoso ma l’acronimo che viene utilizzato per questo tipo di psicopatolohia è BEAT:

  • Body (in modo da imparare a conoscere e notare le proprie attivazioni corporee),
  • Exposure (esposizione enterocettiva per esempio per aumentare la tolleranza alle sintomatologie normali corporee)
  • Amigdala (e le sue due vie lenta e veloce)
  • Thinking (in modo da ricordare loro che ciò che pensano può influenzare ciò che sta accadendo).

Anche il DPTS ha un ampio spazio nel libro di Arden. La sua terapia prevede tre fasi, secondo l’autore. La prima di stabilizzazione da iniziare immediatamente dopo l’evento traumatico. Durante questa fase ci si occupa del sostegno della persona (un importante fattore di rischio è quello di non avere supporto sociale), ci si occupa di valutare quello che è il funzionamento globale della persona dopo l’essere stato esposto ad una situazione drammatica e si educa la persona anche da un punto di vista della normalizzazione dei sintomi che possono seguire un trauma. La seconda fase è quella di integrazione delle memorie e la terza è un lavoro sulla resilienza post traumatica. L’acronimico utilizzato per la terapia del DPTS è SAFE: Sharing (condividere in modo da lenire il senso di solitudine e di isolamento) Acceptance (dei sintomi del post trauma in modo da non evitarli incrementando la reattività dell’amigdala), Family (riattivare il cervello sociale stando con i propri cari), e infine Exposure (affrontando piano piano i sentimenti e le sensazioni che scatenano l’ansia).

Nel capitolo del DOC viene dato ampio spazio al funzionamento del cervello e sono molto dettagliate tutte le spiegazioni che hanno a che vedere con ciò che accade nella mente mentre si è nella trappola delle compulsioni e delle ossessioni. I circuiti che sottendono il doc sono associati alla corteccia pre frontale ventro-mediale, allo striato e al talamo dorsale. Complessivamente gli studi condotti con RM indicano che nel DOC ci sono delle anomalie nel funzionamento della corteccia orbito-frontale e della corteccia cingolata anteriore nonchè nell’attività del caudato.

Impossibile parlare della terapia del DOC senza cimentarsi nella spiegazione (sia per il paziente che per le neuroscienze) dell’Esposizione con Prevenzione della Risposta ERP. L’acronimo utilizzato per riassumere la terapia del DOC è ORDER:

  • Observing (osservare invece di rispondere automaticamente alle ossessioni con compulsioni in modo da uscire dal pilota automatico)
  • Remembering (ricordare che essere pieni di pensieri e sentirsi di dover compiere comportamenti compulsivi sono sintomi di un funzionamento cerebrale di chi soffre di DOC)
  • Doing (provare a mettere in atto qualcosa che sia diverso dai soliti comportamenti compulsivi in modo da costruire nuove abitudini), Exposure (esporsi imparando a tollerare il disagio)
  • Response Prevention (per astenersi dai comportamenti compulsivi).

Infine l’ultima parte è dedicata alla Depressione, quarta malattia per impatto a livello mondiale e che entro il 2030 sarà il disturbo con i costi più elevati di gestione nelle società ad alto reddito. La regione ipoattivata è quella della corteccia pre-frontale sinistra che può essere riattivata tramite comportamenti pratici. Viene sottolineata l’importanza di contrastare la normale tendenza all’isolamento contando sempre sul mantenere il cervello sociale attivato. Si considera il Default Mode Network poiché la ruminazione che si manifesta durante l’attività di questo sistema pare essere uno dei fattori più significativamente associati alla malattia. Le pratiche di consapevolezza servono proprio per imparare a disinnescare, portare l’attenzione al presente in modo non giudicante può avere il beneficio di tranquillizzare l’attività ruminativa. Per aiutare a ricordare ai pazienti di cosa hanno bisogno per uscire dalla depressione viene utilizzato l’acronimo TEAM:

  • Thinking (per allontanare il pensiero negativistico con tutti i suoi errori cognitivi)
  • Effort (“Sforzo” per riattivare la corteccia pre-frontale sinistra)
  • Acceptance (accettazione anche delle parti negative)
  • Mindfulness (consapevolezza).

Istruzioni per l’uso del cervello è un libro molto denso ma di facile e utile comprensione e utilizzo nonostante si addentri in modo specifico nel vortice della ricerca neuroscientifica. Edito da Astrolabio, è una panoramica utile sicuramente al paziente, ma anche al clinico che al giorno d’oggi non può più prescindere dalle scoperte del funzionamento del nostro cervello per quello che riguarda tanto la psicopatologia ma anche per la sua cura.

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SCRITTO DA
Elena Mannelli
Elena Mannelli

Psicologa Cognitivo-Comportamentale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Arden, John (2017) Istruzioni per l'uso del cervello. Aiutare i pazienti a cambiare attraverso le neuroscienze. Casa Editrice Astrolabio
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