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Biomarker urinari per una diagnosi più oggettiva dei disturbi ansiosi e depressivi

Ansia e depressione sono patologie che hanno una somiglianza dei sintomi tale per cui spesso le due diagnosi si sovrappongono e frequentemente si osservano in comorbilità. Un aiuto nella diagnosi differenziale sembra arrivare dalla possibilità di identificare alcuni biomarker metabolici specifi per questi disturbi.

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 15 Ott. 2018

Un recente studio cinese pubblicato su Translational Psychiatry, ha sottolineato l’importanza, nella pratica clinica, di identificare specifici biomarker che possano costituire test diagnostici oggettivi di laboratorio da accompagnare ai classici self-report, per una corretta differenziazione e diagnosi di ansia e depressione nei pazienti.

 

I sintomi ansiosi e depressivi per le loro somiglianze spesso si sovrappongono e frequentemente si osservano in comorbilità; spesso la presenza di sintomi depressivi può mascherare la presenza di quelli ansiosi e viceversa (Coplan, Aaronson et al., 2015).

L’alta percentuale di comorbilità, dal 40 all’80%, per ansia e depressione, fa si che il disturbo ansioso o depressivo si aggravi e determini un peggior funzionamento psicosociale, oltre che una ridotta qualità di vita e una necessità maggiore di accesso alle cure. La comorbilità aumenta anche la persistenza e la durata nel tempo della psicopatologia rispetto al disturbo preso singolarmente, aumentando il rischio di cronicità della malattia.

In aggiunta, il mancato riconoscimento o la non corretta diagnosi della comorbilità appare legata ad un aumento della resistenza al trattamento e della percentuale di rischio per un’ospedalizzazione psichiatrica dovuta alla ricomparsa di alcuni sintomi dopo un trattamento che ha avuto come bersaglio soltanto uno dei due disturbi (Chen, Bai, Li, Zhou et al., 2018).

Ansia e depressione: un aiuto nella diagnosi differenziale grazie all’individuazione di biomarker metabolici

Diventa pertanto centrale una valutazione e uno screening accurato della sintomatologia, che sia in grado di individuare nel modo più oggettivo possibile la comorbilità e che possa aiutare poi il clinico a realizzare un efficace piano di trattamento per il paziente, caratterizzando adeguatamente l’eterogeneità e la complessità dei due disturbi ugualmente presenti.

Per questa ragione, già in precedenza, gli autori Zheng, Chen e Wang (2013) si erano mossi ad identificare dei biomarker metabolici per una più accurata diagnosi di disturbo depressivo maggiore; dei biomarker in particolare che potessero supportare una diagnosi oggettiva, di laboratorio, da accompagnare ai self-report dei sintomi riportati soggettivamente dal paziente.

Nello studio attualmente preso in considerazione di Chen, Bai, Li, Zhou e colleghi (2018), l’obiettivo è stato quello di identificare i differenti metaboliti presenti nelle urine e usarli come marker specifici per la presenza di ansia e depressione in un gruppo di 32 pazienti affetti da disturbi ansiosi e depressivi, per poi confrontare i dati con un gruppo di controllo.

Per distinguere i due gruppi e per esplorare le differenze metaboliche nei due gruppi, gli autori hanno utilizzato un’analisi ortogonale discriminante che ha caratterizzato il gruppo dei pazienti con un’elevata concentrazione nelle urine di circa 20 metaboliti rispetto a quello di controllo. In seguito, per semplificare il riconoscimento di quei metaboliti più rappresentati e che maggiormente potevano costituire il gruppo di biomarker, i ricercatori hanno sottoposto i risultati ottenuti ad ulteriori analisi individuando quattro metaboliti urinari che, in modo significativo, distinguevano i due gruppi (soggetti sperimentali e controlli): N-metilnicotinamide, l’acido amino malonico, l’acido azelaico e l’acido ippurico.

N-metilnicotinamide è il prodotto finale del metabolismo della nicotinammide che a sua volta è legato all’acido nicotinico e al triptofano, precursore biochimico della serotonina; il suo coinvolgimento nel gruppo dei biomarker potrebbe indicare delle anomalie nella biosintesi della serotonina le cui alterazioni sono implicate nell’eziopatologia dei disturbi d’ansia e depressivi.

Al contempo anche la presenza di un aumento dell’acido amino malonico nel gruppo dei pazienti potrebbe suggerire un legame con anomalie nella neurotrasmissione della serotonina, come già evidenziato da studi sulla venlafaxina, un antidepressivo SSRI, che riduce il livello di tale acido nell’ippocampo dei ratti (Bai, Hu, Chen et al., 2017).

Per quanto riguarda l’acido azelaico e l’acido ippurico, il presente studio ha mostrato un aumento della concentrazione di entrambi nelle urine del gruppo dei pazienti. Questi sono legati al metabolismo intestinale e la loro assegnazione al gruppo dei biomaker per ansia e depressione potrebbe essere giustificata dal fatto che studi hanno dimostrato un coinvolgimento del microbiota intestinale nello sviluppo di ansia e depressione (Zheng, Zhou, Liu et al., 2016).

Nonostante le numerose limitazioni sottolineate dagli stessi autori, appare evidente come questi risultati possano essere di preparazione per future ricerche che approfondiranno i metodi diagnostici oggettivi basati su test di laboratorio, in questo caso analisi delle urine, per un assessment più accurato dei disturbi d’ansia, depressivi e della loro comorbilità.

 

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