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Sulla mia pelle (2018) di Alessio Cremonini: l’indifferenza che ha ucciso Stefano Cucchi – Recensione del film

Il film Sulla mia pelle di Alessio Cremonini non fa sconti a nessuno, racconta minuziosamente la storia di Stefano Cucchi arrestato a ottobre del 2009 e morto dopo 7 giorni nella completa solitudine e nella totale indifferenza di tutti coloro che hanno interagito con lui in quei giorni.

Di Fabiana Di Segni

Pubblicato il 27 Set. 2018

Aggiornato il 21 Nov. 2018 11:52

Senza parole, paralizzati tra la vergogna e la confusione, con un sottofondo di rabbia che mette sottosopra le viscere…Purtroppo si fa a fatica ad arrivare alla fine di Sulla mia pelle, il dolore ti travolge e ti scava dentro fino a lasciarti senza parole, senza la forza di argomentare.

 

Uno Stefano Cucchi raccontato con tutti i suoi difetti e con quel carattere un po’ ribelle, la corruzione a più livelli di tutti gli organi istituzionali che sono intervenuti, e il dolore di una famiglia a cui non è stato concesso nulla, neanche la possibilità di accompagnare il figlio alla morte.

Il film Sulla mia pelle di Alessio Cremonini non fa sconti a nessuno, e racconta minuziosamente la storia di Stefano Cucchi arrestato per spaccio a ottobre del 2009 e morto dopo 7 giorni nella completa solitudine e nella totale indifferenza di tutti coloro che hanno interagito con lui in quei giorni.

Sulla mia pelle: nel labirinto dell’omertà

Dopo l’evento iniziale di un pestaggio gratuito da parte dei carabinieri che lo arrestano, si assiste lentamente ad una serie di incurie, vizi del sistema, omertà, che lo lasceranno morire nella più totale solitudine, che lasceranno che quel corpo si spenga senza nessuna pietà. L’unico interlocutore affettuoso è un altro carcerato di cui si sente solo la voce, che a tratti gli dona sostegno e accompagna le sue notti buie e agonizzanti.

Quello che più colpisce non è il pestaggio da parte delle forze dell’ordine, che dovrebbero assicurare una protezione di fatto negata, ma il dopo, un labirinto di omertà in cui tutti sanno e nessuno si assume la responsabilità: la cecità di un giudice che interroga l’indagato e non lo guarda in faccia, la cecità di un pubblico ministero che non prende provvedimenti, l’indifferenza, la mancanza di professionalità da parte di medici e infermieri, che non curano e non sostengono, l’impotenza dei volontari, l’egoismo e la cecità della guardia carceraria che si occupa solo di sapere “se c’è un certificato perché non vuole problemi”.

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL VIDEO – SULLA MIA PELLE: IL TRAILER DEL FILM

Tutti ciechi e muti, di fronte ad uno Stefano Cucchi interpretato da un eccellente Alessandro Borghi, che in qualche modo ci prova a chiedere aiuto e a denunciare . La famiglia scossa e disorientata non capisce in tempo, non ha strumenti e nella solitudine di istituzioni assenti e ostili prova a cercare di capire; nessuno risponde, nessuno si assume le proprie responsabilità.

Di qualunque cosa un uomo sia colpevole, lo Stato, la giustizia e le istituzioni non dovrebbero mai sostituirsi alla legge. Una vicenda che lascia scossi, arrabbiati, indignati, non perché Stefano Cucchi fosse un santo, ma perché nessuna istituzione è stata in grado di fermare l’orribile giostra della violenza e della menzogna. Bastava solo guardarlo in faccia “se si cade dalle scale è strano che si pestano gli occhi e il naso rimane intatto“. Non solo è grave che sia accaduto il fatto ma ancor di più lo sono le menzogne e i ritocchini sugli atti pubblici.

Non ha funzionato il sistema, non ha funzionato l’amore della sua famiglia, non ha funzionato il personale del carcere, non hanno funzionato i medici, non ha funzionato la Magistratura, non ha funzionato nessuno e forse non funzioniamo noi che non ci riprendiamo la libertà e la dignità di riprenderci uno Stato che ci tuteli e che non ci metta in pericolo. L’indifferenza che fa da padrona crea morte e distruzione.

Sulla mia pelle, un film emotivamente sfiancante, che toglie il respiro, ma che andrebbe visto in tutte le scuole, in tutte le case, in tutti i luoghi, non per santificare un uomo che di torti ne aveva tanti, ma solo per comprendere che non sempre si può sottovalutare e dare per scontato di essere al sicuro. Un film per riflettere insieme su compiti e responsabilità, sul confine tra male e bene, sulla possibilità di restaurare un sistema pieno di gente per bene che però in alcuni casi fa acqua da tutte le parti, un film per farci pensare che siamo tutti responsabili della società in cui viviamo, che non scegliere è comunque una scelta, che non puoi non decidere da che parte stare, che se rimani immobile il destino segna il posto per te.

 

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