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La pedagogia di Maria Montessori – Un articolo di Giancarlo Dimaggio

Giancarlo Dimaggio ci stimola a riscoprire e studiare la meravigliosa opera pedagogica di Maria Montessori. Il suo metodo educativo continua a dimostrarsi efficace nel favorire, ad esempio, creatività, autoregolazione, agency.

Di Giancarlo Dimaggio

Pubblicato il 21 Set. 2018

Mia figlia aveva tre anni. Mia moglie e io parlavamo con la maestra Renata. Una donna magra, alta, dagli occhi azzurri che ti entravano dentro, uno scrutare implacabile e gentile. Di quelle donne verso le quali sviluppi una gratitudine che non morirà mai. Diceva: “Vostra figlia è una bambina” e faceva una pausa “impegnativa”. Sorrideva, non poneva alcun accento negativo sul termine.

Articolo scritto da Giancarlo Dimaggio per Il Corriere della Sera il 19/08/2018

 

Non puoi semplicemente dirle le cose, ci devi ragionare”. Mia figlia ora ha sedici anni e non è cambiata. Renata teneva un piccolo asilo Montessori. Nell’educazione dei miei figli è stato un pilastro. Non solo dei miei.

Maria Montessori era un genio. Una donna che, nata in un paese poco incline al metodo scientifico, fonda una pedagogia scientifica e inventa un metodo educativo che ancora oggi ha pochi eguali. Partiva da un’idea semplice, chiara:

che i bambini possano liberamente esprimersi e così rivelarci bisogni e attitudini che rimangono nascosti o repressi quando non esista un ambiente adatto a permettere la loro attività spontanea.

A questa accompagnava un corollario: realizzazione personale e progresso vengono dalla vocazione, dalla fiamma interna, quel piccolo fuoco sacro dal potere di rendere ogni individuo speciale. La stessa idea, più di un secolo dopo, guida il mio operato di psicoterapeuta: portare gli adulti sofferenti a contatto con quella scintilla interiore e farle prendere vento.

Lei sosteneva che la pedagogia dovesse rispettare la libertà del bambino. Oggi so che si riferiva ad altro, a concetti che oggi chiamiamo autonomia, autoregolazione, agency. Forgiare nel piccolo il senso di competenza, così che padroneggi il piccolo mondo che lo circonda. Era una visionaria, immaginò una pedagogia basata sulla creatività e non sulla disciplina. L’aveva sviluppata sui bambini che all’epoca chiamava “idioti”, scoprendo che poteva portarli al livello dei bambini “normali”. E allora si disse: perché non estenderla? Si industriò e, in una cultura che non favoriva una donna scienziato, ci riuscì.

Arriva l’obiezione: libertà? E che ne è del dovuto rigore necessario a temperare i naturali impulsi vandali dei bambini? Ho una testimonianza diretta: per tutti gli anni che ho accompagnato, visitato, ripreso i miei figli da Renata, non ho mai sentito urlare. L’effetto magico del metodo Montessori: un’educazione individualizzata che insegna a vivere meglio in gruppo.

Sono scienziato anche io, tendo a formulare domande logiche. Premessa, ragionamento, conclusioni. Mi chiedo: abbiamo avuto una delle più grandi pedagoghe di sempre, quindi l’educazione primaria in Italia sarà basata in prevalenza sul metodo Montessori? Mi rispondo: sì. La risposta vera è: no. La domanda che segue è: perché? Mi paralizzo.

Quando sono perplesso reagisco sempre nella stessa maniera, studio. Voglio risposte sensate. Magari questo metodo Montessori è superato, obsoleto. Mi imbatto negli studi di Angeline Lillard, Università della Virginia (è negli Stati Uniti, non in Italia), una psicologa che ha dedicato la sua ricerca al mondo dell’immaginazione. Con sanissima vocazione empirica anglosassone, per loro fortuna non hanno dovuto fare i conti con Benedetto Croce, si è chiesta: il metodo Montessori funziona? Ci ha fatto, guarda un po’, delle ricerche.

I risultati sono impressionanti. I bambini che hanno frequentato asili Montessori, purché vi si applicasse il metodo con fedeltà, acquisivano più abilità che in altre scuole. Aumentava la loro capacità di regolare gli impulsi e di risolvere problemi sociali. Sono entrambe doti che predispongono ad una vita scolastica e di relazione di successo. Non è quello che speriamo per i nostri figli? Per inciso, migliore capacità di regolare gli impulsi da bambini significa minor rischio di diventare criminali da adulti. Ancora: negli asili Montessori imparavano a leggere prima e avevano un vocabolario più ampio. Sviluppavano una migliore teoria della mente e in parallelo avevano maggiore senso di giustizia e tenevano in considerazione il punto di vista dell’altro. Un altro risultato straordinario? Avevano più fiducia nell’affrontare problemi difficili: ci provo perché credo di potercela fare. Ed erano più creativi.

Un altro risultato da pelle d’oca: notoriamente i bambini che vengono da famiglie più povere hanno risultati peggiori a scuola. Negli asili Montessori il gap si riduceva. Coerentemente con lo spirito che nel 1907 portò a fondare nel quartiere San Lorenzo a Roma la prima Casa dei bambini, è possibile fare crescere le abilità anche di chi parte svantaggiato.

Forse ho visto troppi episodi di Black Mirror – la serie TV -, a volte vivo in una realtà parallela. Mi convinco che le ricerche che ho descritto sono state effettuate in Veneto, Sicilia, Lazio. Ci sto comodo per un po’, poi mi risveglio. Erano in Connecticut.

Pubblicare l’opera di Maria Montessori? Sperando che svolgano le prossime ricerche in Italia? Perché non sognare? Io intanto mi tengo stretti i ricordi di quando parlavo con la maestra Renata dei miei figli e con la coda dell’occhio scorgevo bambini attivi, vitali, curiosi.

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Giancarlo Dimaggio
Giancarlo Dimaggio

Psichiatra e Psicoterapeuta - Socio Fondatore del Centro di Terapia Metacognitiva-Interpersonale

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