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Come ti divento bella (2018): quando la vera bellezza passa dal pensiero – Recensione del film

Nella commedia Come ti divento bella, Renée, la protagonista, è paralizzata dall'insicurezza e dalla scarsa autostima per i suoi chili in più. Eppure un evento la porterà a vedersi con il fisico che ha sempre sognato e da allora la sua vita cambierà drasticamente.

Di Marina Morgese

Pubblicato il 28 Set. 2018

Nella commedia Come ti divento bella, fin da subito è chiaro chi sia la nemica di Renée, protagonista del film: l’insicurezza. Un’insicurezza paralizzante, alla base della sua goffaggine, alla base del suo essere single, alla base di una carriera che non riesce a spiccare. 

 

Sarà stato l’avvicinarsi della settimana della moda a Milano (che ormai chiamo “Settimana dell’autostima in ferie”…data la quantità industriale di modelle che si vedono in giro per la città), sarà stata la voglia di affrontare in modo più resiliente la fine dei weekend estivi, mi sono concessa una serata al cinema e, dopo una lunga lotta interna tra l’ultimo colossale b-movie e una commedia americana, ho deciso di optare per quest’ultima.

Scelgo così di vedere Come ti divento bella, il trailer mi aveva incuriosito, e poi vuoi mettere la voglia di scoprire qualche falla nella recitazione della Ratajkowski tanto da poter dire a pieni polmoni, in modo autoconsolatorio, “sì.. sarà bella quanto vuoi, ma a recitare proprio no!


Come ti divento bella parla di Renée (interpretata da Amy Schumer), una ragazza impacciata, goffa, alle prese con l’eterna lotta contro i chili in più. Il copione è noto…ragazza in carne circondata da giovani donne bellissime dal fisico statuario, eppure anche loro impegnate nella ricerca (o nel mantenimento) del corpo perfetto. E il contrasto protagonista-ambiente si fa sin dalle prime scene divertente, non si ride della protagonista, si ride perché si inizia a riflette su quanto sia comune imbattersi in certe situazioni “tragicomiche”, e di quanto spesso si cerchi di affrontarle mascherando con un sorriso quella piccola voglia di guardare negli occhi l’altra persona e domandarle “Ma mi stai prendendo in giro?”. Ne è un esempio (congruente anche al film) quel che accade alle persone con qualche chilo in più quando si sentono dire dall’amica filiforme “Vorrei tanto ingrassare ma guarda, mangio di tutto e proprio non ci riesco”, o ciò che capita a chi arriva con difficoltà a fine mese ma viene ammorbato dal vicino che si lamenta “Quante spese ad agosto! Tra Santorini e Formentera, è andato via tutto lo stipendio!”.

Viene facile però riprendersi dall’ ilarità e chiedersi “Sarà mica la classica banale commedia in cui le belle sono arpie patentate e la grassottelle sono ingenue Candy Candy?

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL VIDEO – COME TI DIVENTO BELLA: IL TRAILER

Come ti divento bella: l’insicurezza come antagonista

In realtà non è così…la vita di Renée è fatta di una grande passione: la moda. Legge riviste di moda e lavora in una casa di moda, ma in una sede distaccata, in un sottoscala, in un appartamento di China Town. Il sogno è quello di ricoprire la posizione di receptionist ai piani alti, proprio lì dove il suo idolo, nonché amministratrice dell’azienda per cui lavora, Avery Laclaire, bellissima, ha i suoi uffici e scambia idee con i suoi dipendenti, anche loro bellissimi.

Fin da subito è chiaro chi sia la nemica di Renée: l’insicurezza. Un’insicurezza paralizzante, alla base della sua goffaggine, alla base del suo essere single, alla base di una carriera che non riesce a spiccare. Renée non riesce a vedersi come vorrebbe, nonostante gli sforzi, nonostante le amiche che le ricordano che la bellezza è fuori dalle lucide riviste di gossip. La protagonista è costantemente bloccata da tutta quella insicurezza.

In una delle sue lezioni in palestra, però, Renée cade da una cyclette (la goffaggine non aiuta), battendo violentemente la testa. Si risveglierà dopo la botta e…finalmente vedrà allo specchio una Renée diversa (sebbene gli altri continueranno a vederla come prima), una Renée bellissima, dal fisico stupendo che non ha nulla da invidiare alle modelle delle riviste che legge: la Renée che la stessa Renée ha sempre sognato. Una ristrutturazione cognitiva lampo, insomma, o una sessione di imagery molto vivida e lo sguardo di Renée verso se stessa e soprattutto verso la vita cambia drasticamente.

La protagonista diventa finalmente più sicura di sé, ed è grazie a questo che riesce ad affrontare la vita mettendo in mostra i suoi lati positivi, quelli che le consentono di piacere realmente agli altri, al di là dell’aspetto fisico.

Riacquisita la sicurezza che le mancava, come cambierà la vita di Renée? Di sicuro in meglio, perché migliorare la propria autostima fa bene a tutti (senza cadere in un marcato egoismo però, e questo anche il film lo sottolinea).

Come ti divento bella: l’importanza di vedere realmente l’altro

Sebbene la trama si possa immaginare, non sarebbe corretto farvi ulteriori spoiler, tuttavia ci tengo a precisare che un altro messaggio che il film passa (e che per fortuna lo porta a non cadere nell’analogia ragazza bella=arpia, ragazza in carne=ingenua Candy Candy) è che anche le persone che ci sembrano perfette, a volte hanno un aspetto di sé o una difficoltà contro cui devono combattere tutti i giorni.

Questo ci porta a riflettere quindi su come spesso, lo stesso sguardo a nostro dire superficiale, che crediamo che gli altri rivolgano a noi, lo rivolgiamo spesso anche noi verso gli altri, con il rischio che nessuno veda davvero chi ha di fronte e che, distratti dall’aspetto esteriore, nessuno capisca davvero i problemi altrui. Insomma, una sorta di validazione e normalizzazione sul grande schermo, che riesce a rendere più simpatici l’amica filiforme e il vicino vacanziero di cui sopra (e la Ratajkowski, sulle cui doti recitative mi sono dovuta ricredere).

Assolutamente degna di nota anche la scelta di non mostrare mai, nel film, qual è la versione post-botta che Renée vede di sé allo specchio. L’ho trovato un modo per far comprendere al pubblico quanto basti solo modificare il pensiero che si ha di sé, per stare bene, per riprendere in mano la propria vita. Non serve altro. Una ristrutturazione cognitiva che farebbe bene a tutti insomma…evitando magari le botte in testa!

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Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

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