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Come funziona la psicoterapia (2016) di Joseph Weiss – Recensione del libro

Come funziona la psicoterapia di Joseph Weiss è un testo coraggioso e sovversivo, in grado di costruire ponti tra cognitivismo e psicoanalisi, teoria dell’attaccamento ed orientamento strategico.

Di Bruno Loiacono

Pubblicato il 07 Set. 2018

Come funziona la psicoterapia di Joseph Weiss è un testo coraggioso e sovversivo, in grado di costruire ponti tra orientamenti diversi rinnovando la cornice psicoanalitica dall’interno, in un confronto tenace con le formulazioni della prima teoria freudiana.

 

La presentazione all’edizione italiana porta la firma del compianto Giovanni Liotti, scelta significativa che denota l’abilità di Weiss di far dialogare in modo fluido e senza forzature cognitivismo e psicoanalisi, teoria dell’attaccamento ed orientamento strategico.

Come funziona la psicoterapia secondo Joseph Weiss

Quello presentato nel libro Come funziona la psicoterapia è un modello teorico intriso di pratica clinica, corredato da numerose trascrizioni di casi e con una sezione dedicata alla ricerca svolta dal Mount Zion Group. La scrittura di Joseph Weiss riesce con convinzione a smuovere il linguaggio della psicoanalisi talvolta succube di un timore reverenziale verso “i padri” (angoscia di castrazione?) che ostacola il dialogo con la contemporaneità. Il risultato è un testo godibile dalla forma divulgativa e dal contenuto tecnico.

La teoria si delinea sul campo, rappresenta la disposizione ordinata di un insieme di osservazioni corroborate dai dati empirici raccolti negli anni. La psicopatologia, per Joseph Weiss, avrebbe origine da un insieme di credenze patogene che ostacolano il conseguimento di obiettivi positivi per la vita della persona ma che vengono percepiti come pericolosi o minacciosi. Come durante la visione di un’opera teatrale o cinematografica il pianto si esprime solo nel “lieto fine”, quando cioè le condizioni di maggiore drammaticità risultano in realtà superate e le difese possono allentarsi, così nella psicoterapia il paziente può permettersi di risperimentare emozioni dolorose a patto che le condizioni di sicurezza nella stanza della terapia siano soddisfatte, complici il setting ed il comportamento del terapeuta. Siamo dunque lontani dalla neutralità aprioristica dell’analista raccomandata dalla prima teoria freudiana, finalizzata a ‘non creare dipendenza gratificando il paziente’, e vicini piuttosto ad un atteggiamento anche caldo e rassicurante se necessario, poiché costantemente tarato sui piani e gli obiettivi (inconsci) del singolo.

(…) il processo terapeutico è il processo attraverso il quale il paziente, con l’aiuto del terapeuta, lavora per disconfermare le sue credenze patogene (p.30)

Come funziona la psicoterapia: l’inconscio

Alla luce della “ipotesi del funzionamento mentale superiore” all’inconscio vengono tributati in parte i poteri della vita cosciente, per cui la persona stessa risulta in possesso di un piano di cura in grado di imprimere una spinta al soggetto per la disconferma di quelle credenze alle quali si ritrova inevitabilmente legato. L’inconscio nella formulazione di Joseph Weiss non contempla pulsioni, istinti e resistenze, aderendo in buona parte alle idee sviluppate dalla Psicologia dell’Io, raramente tradotte in un sapere tecnico.

Il movimento della terapia si esprime in una danza permanente dove si alternano il desiderio di liberarsi dalla prigionia delle credenze patogene ed il timore di abbandonare quel sapere, nocivo ma necessario, mediante il quale la persona ha costruito il modo di vedere sé e gli altri. La formazione di tali credenze ci riporta alla qualità della relazione con le figure di riferimento nella prima infanzia, quando il bambino conosce sé nel rapporto con l’altro motivato ad adattarsi al mondo, in primis a quello interpersonale. In accordo con Stern e Bowlby, la necessità del bambino di garantirsi una relazione stabile e continuativa con un adulto che offra protezione può comportare l’auto-attribuzione di ogni responsabilità del comportamento del genitore, per poter sopravvivere e salvaguardare l’autorità del caregiver.

La partita si gioca in un campo mai neutrale ma fortemente orientato a far emergere la spinta “curativa” del piano inconscio del paziente, che si esprime nella messa alla prova del terapeuta. Allo specialista è chiesto uno sforzo interpretativo nella capacità di cogliere, dietro i test che la persona gli pone, le sue reali motivazioni. Il paziente agisce per confermare le aspettative a lui note, pur patogene, sperando però in cuor proprio di vederle disconfermate. È il superamento dei test, nel tempo del qui ed ora della terapia, a comportare uno “sblocco” di insight spontanei che realizzano, in ultima analisi, il lavoro di cura. L’utilità delle interpretazioni analitiche viene fortemente ridimensionata e si definisce nella misura in cui si accordano con il piano del paziente. Non è quindi la mera parola a curare, non sono le spiegazioni ad imprimere il cambiamento: terapeutica è l’esperienza che il paziente fa all’interno della relazione col terapeuta in un contesto di sicurezza. Le credenze patogene non sono “corrette” dall’esterno, implementate o ristrutturate ma vengono piuttosto riconosciute nel loro manifestarsi dal paziente stesso che in prima persona potrà allontanarsene per abbracciare una visione più ampia del proprio funzionamento, dove quelle stesse credenze potranno trovare una nuova collocazione una volta depotenziate alla luce della comprensione del ruolo che esse hanno svolto.

Come funziona la psicoterapia: è fondamentale che il terapeuta stia a contatto con le sue reazioni

Joseph Weiss nel suo libro Come funziona la psicoterapia chiarisce quindi che il paziente è portatore del suo piano di cura ed al terapeuta spetta il difficile compito di ravvisarlo, attraverso i test e gli agiti, per andargli incontro contribuendo a lasciarlo emergere. La psicoterapia sembra assumere i connotati di un’arte maieutica piuttosto che didattica, che esprime il suo potere curativo nel supporto al piano del paziente che desidera (inconsciamente) superare quelle credenze ferree.

Questo viaggio che è un “andare verso l’altro” è affrontabile a patto che gli attori siano due, che il percorso si disegni insieme nel suo stesso prendere forma; è un appello, quello del libro Come funziona la psicoterapia, dunque, anche alla piena responsabilità del terapeuta nel non chiamarsi fuori ma nel tirarsi pienamente dentro la scena. In ultima analisi, Weiss suggerisce che l’unico criterio per valutare l’andamento della terapia, l’errore terapeutico o il corretto superamento di un test posto dal paziente è la capacità di “sentir-si” del terapeuta, servendosi delle proprie reazioni affettive, la sola bussola in grado di orientare il percorso.

Le spiegazioni dei test di transfert e del rivolgimento da passivo in attivo ritengo siano delle pietre miliari per l’invidiabile capacità di descrivere con estrema chiarezza elementi che possono essere incorporati facilmente nella professione. La teoria proposta da Joseph Weiss costituisce una mappa aperta intuitiva e flessibile, caratteristiche agognate da ogni modello realmente orientato alla cura.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Weiss J., Come funziona la psicoterapia (1996). Torino, Bollati Boringhieri.
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