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Come si può abbracciare un porcospino? Gli interventi di Anger Management per il discontrollo della rabbia

Esistono vari protocolli di Anger Management per il trattamento del discontrollo della rabbia. Dal protocollo di Brandolo, DiGiuseppe e Tafrate alla terapia del perdono, diverse sono le componenti indispensabili in un percorso di Anger Management.

Di Marina Morgese

Pubblicato il 25 Set. 2018

Gli interventi di Anger Management sono di notevole aiuto per i pazienti con discontrollo della rabbia. Diversi sono i protocolli di Anger Management a disposizione dei clinici. Tali protocolli, per dirsi efficaci, devono prestare attenzione ad alcuni fondamentali elementi.

 

La rabbia rientra tra le emozioni di base individuate da Ekman nel 1972, ciò significa che è un’emozione innata, che si può riscontrare in qualsiasi popolazione e anche in altre specie animali (Darwin, 1872), la rabbia quindi è un’emozione universale.

Come qualsiasi altra emozione, la rabbia è generata da una valutazione cognitiva di un’esperienza, una situazione o un evento (sia interni che esterni) che l’individuo vive. Essa deriva da un senso di ingiustizia: quando qualcosa intorno a noi va come non dovrebbe andare o come non ci aspettiamo che vada, allora proviamo rabbia.

La rabbia, al pari delle altre emozioni, ha un valore adattivo: ci aiuta a ristabilire il senso di giustizia venuto a mancare. Essa quindi, in alcune circostanze, può essere funzionale al benessere dell’individuo. Esistono tuttavia dei casi in cui la rabbia può diventare problematica e disfunzionale, è bene in questi casi intervenire con protocolli di Anger Management.

Il discontrollo della rabbia

La rabbia è un processo che segue alcune fasi (inizio, durata, attenuazione), accompagnate da cambiamenti fisiologici e comportamentali che, come abbiamo visto, possono avere una funzione di adattamento dell’individuo all’ambiente. I cambiamenti fisiologici li conosciamo, tra questi troviamo l’aumento della pressione sanguigna e il battito cardiaco accelerato. Vi sono anche dei cambiamenti comportamentali che variano da individuo a individuo. Mentre per alcuni è più facile gestire e controllare questo stato emotivo, per altri non si riscontra la stessa facilità e spesso si manifesta un discontrollo della rabbia che può sfociare in comportamenti aggressivi e violenti verso cose, verso se stessi e verso gli altri.

Facile comprendere come gli individui con discontrollo della rabbia possono andare incontro a problemi psicologici e relazionali: la rabbia è di solito descritta come sgradevole e problematica da chi la prova (Tafrate, Kassinove, & Dundin 2002; Lachmud, DiGiuseppe, & Fuller 2005), porta le persone a pensare in modo irrazionale (Tafrate et al. 2002) e a comportarsi in modo rischioso e imprevedibile per se stessi e per chi sta loro vicino.

Anche da un punto di vista fisico, il discontrollo della rabbia ha i suoi effetti negativi, provocando in particolare ipertensione e malattie coronariche (Suls & Bunde, 2005).

Anger Management: il protocollo di Brandolo, DiGiuseppe e Tafrate

Tra i più autorevoli esperti in tema rabbia e Anger Management è giusto citare Raymond DiGiuseppe, autore, insieme ad altri, di innumerevoli studi sull’argomento. Uno dei più completi protocolli di Anger Management è quello proposto da DiGiuseppe, Brondolo e Tafrate nel 1997. Le fasi del protocollo sono le seguenti:

  • Alleanza terapeutica e presentazione delle tecniche

La rabbia non stimola empatia. Nessuno abbraccerebbe un porcospino! (DiGiuseppe e Tafrate, 2001) Inoltre, i pazienti arrabbiati spesso vogliono solo sfogarsi per le ingiustizie di cui si sentono vittime e vogliono cambiare i comportamenti degli altri piuttosto che la loro reazione emotiva. Ciò può influire negativamente sul raggiungimento di un accordo sugli obiettivi della terapia, aspetto importante dell’alleanza terapeutica. Pertanto, i terapeuti devono convalidare vissuto emotivo dei clienti arrabbiati (ma non la loro reazione) all’inizio del processo di Anger Management.

Per favorire l’alleanza terapeutica e l’inizio della relazione, si può stimolare la speranza “accentuando il positivo”. Ad esempio si può iniziare ogni sessione con “Mi dica qualcosa di positivo che è successo questa settimana. Un evento che l’ha fatta arrabbiare ma in cui è riuscito a gestire la rabbia in modo efficace”. Nel caso in cui il paziente non riporti alcun esempio, potrebbe anche essere utile “accentuare il negativo” evidenziando i costi della rabbia eccessiva, in questo modo potremmo generare la motivazione al cambiamento.

  • Analizzare i trigger

Obiettivo di questa componente è la valutazione completa degli stimoli che causano rabbia, a partire da un’analisi attenta degli aspetti di una situazione (il tono, i gesti, le parole o l’ambiente) che hanno dato il via allo scatenarsi della reazione disfunzionale. La prima volta, se lo desiderano, i pazienti possono raccontare l’intera storia senza fermarsi. Successivamente li fermiamo durante alcuni passaggi del racconto e chiediamo loro di identificare e valutare l’intensità dei loro sentimenti.

  • Focus sui valori

La ristrutturazione cognitiva può essere una componente importante degli interventi di Anger Management. Bondolo, DiGiuseppe e Tafrate (1997) ricorrono al concetto di “valori fondamentali” per identificare gli schemi cognitivi che organizzano la risposta delle persone ai trigger scatenanti la rabbia. I valori (cioè dignità, cura, uguaglianza, fiducia, fratellanza, comunità, integrità, realizzazione, ecc.) sono un modo positivo e facilmente accessibile di etichettare un insieme di credenze e idee interne che ogni persona possiede. Un’analisi dei pensieri, effettuabile tramite la tecnica dell’ ABC, può chiarire i valori della persona. Una certezza comune sostenuta dalle persone arrabbiate è che il non esprimere rabbia di fronte a una provocazione equivale a dare il permesso all’altra persona di continuare a comportarsi in modo provocatorio. Per affrontare obiezioni come questa, il terapeuta può evidenziare l’integrità dei valori delle persone (es. la dignità), restituendo il fatto che questi siano positivi e vantaggiosi. La terapia ha lo scopo di aiutare a cambiare il modo in cui si difendono questi valori ma non i valori stessi: il terapeuta deve aiutare a distinguere tra il valore e i metodi per far fronte alle violazioni di questo valore. In questo caso bisogna stare attenti a non trasmettere ai pazienti l’idea che un abuso vada subito, perché potrebbe portare a un drop-out. Va invece sottolineato che il controllo emotivo è un prerequisito fondamentale per elaborare una risposta efficace a contrastare l’ingiustizia. Una buona metafora da usare è quella delle arti marziali: il buon allenamento alle arti marziali inizia con l’allenamento al controllo emotivo.

  • Ridurre l’eccitazione fisiologica

Un modo per insegnare le abilità di rilassamento è iniziare con un semplice esercizio di respirazione addominale, e quindi adattare molti degli esercizi forniti nel Rilassamento Progressivo (Jacobson, 1974) e praticarli anche a casa. I partecipanti possono iniziare con brevi sessioni di pratica, da 2 a 3 minuti di respirazione addominale lenta 3 o 4 volte al giorno, in macchina o prima di dormire. Durante la sessione, viene fornito un feedback pratico fino a quando i partecipanti non sono in grado di ridurre il loro livello di tensione di circa la metà. Esempi di feedback includono lodi e istruzioni specifiche sulle parti corporee da rilassare (ad es. “Prova a rilassare la mascella” “stai respirando magnificamente”). È importante che i partecipanti siano in grado di ottenere una riduzione del 50% della tensione corporea nella sessione prima di iniziare gli esercizi di esposizione. Alcuni individui possono farlo subito; altri hanno bisogno di più pratica.

  • Esposizione

La maggior parte delle sessioni in un intervento di Anger Management è dedicata alle tecniche di esposizione. Durante l’esposizione, al paziente vengono presentate una serie di provocazioni per un periodo prolungato di tempo, e gli si chiede di provare a calmarsi mentre è esposto alle provocazioni. Questa esposizione prolungata è progettata per consentire alla risposta emotiva di estinguersi. Le parole vanno dette con un’inflessione neutra, i pazienti spesso lo sperimentano come divertente e l’umorismo li aiuta a leggere i commenti attraverso una prospettiva migliore. Un tono piatto aiuta le persone a capire rapidamente cosa li preoccupa del commento. Si può avere anche l’esposizione a un gesto: il terapeuta semplicemente fa il gesto senza altre verbalizzazioni. Se necessario, il terapeuta può fare il gesto più lentamente, diminuendo l’aspetto della minaccia. Il terapeuta aumenta via via l’intensità degli stimoli fino a quando il paziente resta calmo. I pazienti sono incoraggiati a guardare direttamente la persona che provoca (cioè, la persona che li schernisce), senza fare commenti o intraprendere alcuna azione. Un trigger che produce una forte risposta di rabbia può richiedere più sessioni di esposizione.

E’ importante fornire maggiore supporto ai clienti durante le esposizioni alla rabbia. Nello specifico, le persone possono avere convinzioni molto forti sulla necessità di rispondere con aggressività alle ingiustizie percepite, e mettere in discussione queste convinzioni può risultare molto difficile per il paziente. Un modo in cui fornire supporto è quello di dire al paziente cosa esattamente accadrà durante la sessione di Anger Management. È utile descrivere l’intera procedura nel dettaglio e indicare in che modo verrà fornito il supporto (per es: “Se ti agiti troppo ti aiuterò a calmarti ricordandoti di respirare, puoi fermarti in qualsiasi momento”). Durante l’esposizione vanno forniti feedback positivi e frasi che aiutino a rilassarsi come “Continua a respirare, calma te stesso”

Durante le procedure di esposizione e desensibilizzazione, i terapeuti tengono il passo con lodi costanti e incoraggiamenti. Gli autori di questo protocollo di Anger Management suggeriscono di fornire circa dieci commenti positivi per ogni singolo feedback correttivo dato al paziente. L’obiettivo è che i clienti arrabbiati abbandonino la loro convinzione che l’aggressività sia l’unica difesa necessaria contro l’insulto. Il feedback positivo infonde coraggio e porta le persone a riflettere sulla situazione prima di rispondere impulsivamente.

  • Consolidamento del supporto

Il passaggio finale di un intervento di Anger Management dovrebbe essere quello di allenare il paziente all’ascolto attivo e all’assertività. Questo, negli interventi sistemici o di gruppo, è un passaggio di notevole importanza se esteso anche gli altri membri del gruppo o ai familiari: allenare all’ascolto e all’assertività, consente di ottenere uno strumento in più per contenere la rabbia del paziente, nel caso in cui venga nuovamente provocato. Se l’individuo ha una storia significativa di aggressioni fisiche incontrollate, sarebbe utile allenare all’ascolto più di una persona significativa per aiutarlo a calmarsi durante situazioni provocatorie.

Sebbene il programma illustrato possa dirsi di facile applicazione, va posta particolare attenzione in alcuni casi: una valutazione dello stato mentale dei pazienti può essere d’aiuto per riconoscere quei casi in cui l’esposizione potrebbe diventare problematica: è il caso di pazienti psicotici o pazienti che fanno regolare uso di droghe o alcool.

Per i pazienti che presentano altri disturbi, tra cui il disturbo da deficit di attenzione o i disturbi dell’umore, è importante assicurarsi che stiano seguendo un trattamento adeguato e appropriato per queste condizioni sottostanti prima di valutare se i metodi basati sull’esposizione aiuteranno a gestire la loro rabbia (DiGiuseppe, 1995; Tafrate, 1995).

Organizzare lo spazio fisico nel proprio studio è un passo importante. Se vi è la preoccupazione che gli individui possano diventare aggressivi durante un’esposizione in-vivo, si raccomanda di collocare le sedie relativamente distanti tra loro, con il terapeuta seduto tra i due partecipanti (nel caso in cui il protocollo venga applicato alla coppia o al gruppo). Il terapeuta deve sentirsi a proprio agio nel toccare i partecipanti e dovrebbe tenere ogni persona nel suo posto se inizia a sollevarsi.

Gli interventi di Anger Management per aumentare le capacità di mettersi nei panni dell’altro

Feedback visivo

Attraverso questo metodo (Storms, 1979; Önder e Öner-Özkan, 2003) si permette ai pazienti di rivedersi nei filmati ripresi durante delle conversazioni con altre persone (o col terapeuta) mentre si simulano alcune situazioni che hanno scatenato rabbia. Coerentemente con l’effetto attore-osservatore (Jones e Nisbett, 1971), i pazienti, rivedendosi, aumentano la loro capacità di ricondurre sempre meno la rabbia alla situazione (attribuzione situazionale) e sempre più a un loro tratto personale (attribuzione disposizionale). Allo stesso modo, le reazioni dell’altro attore, assumono più carattere situazionale e meno disposizionale. Le attribuzioni situazionali sembrano, non a caso, correlate allo stile di elaborazone cognitiva degli individui antisociali (Mohr et al, 2008), mentre le attribuzioni disposizionali incoraggerebbero una maggiore responsabilità personale per il proprio comportamento.

La tecnica delle sedie

Tecnica molto utilizzata nella Terapia Gestaltica, è utilizzata per aumentare la consapevolezza di sé. La tecnica della sedia aiuta il paziente a rielaborare diversi conflitti, tra sé e con gli altri, poiché incoraggia a usare una prospettiva alternativa per analizzare gli eventi conflittuali e aiuta i pazienti con discontrollo della rabbia ad attribuire delle spiegazioni alternative a quel comportamento che hanno interpretato come provocatorio. Questa tecnica risulta particolarmente utile nei percorsi di Anger Management per quei casi in cui i pazienti sembrano “bloccati” in una situazione confilttuale (Mohr et al., 2007).

Terapia del perdono

La terapia del perdono promuove la risoluzione del conflitto facilitando la presa di prospettiva altrui. Il perdono si ottiene attraverso quattro fasi (Enright e Human Development Study Group, 1996):

  1. una fase di scoperta in cui vengono analizzati i vissuti emotivi (es. analizzare le difese psicologiche, confrontarsi con la rabbia, ecc.);
  2. una fase che analizza le vecchie strategie messe in atto dal paziente (ad es. discutere della visione alterata di un “mondo giusto” secondo il paziente);
  3. una fase di apprendimento nuove risposte (compassione, empatia nei confronti del colpevole, accettazione del dolore);
  4. una fase finale del consolidamento (prendere consapevolezza della diminuzione degli effetti negativi, dell’aumento delle emozioni positive e della liberazione emotiva interna) (Denton and Martin, 1998).

Questo tipo di approccio è più utile per quei pazienti che hanno reagito con rabbia eccessiva a eventi in cui sono stati vittimizzati.

Interventi di Anger Management: le componenti principali

Col passare degli anni alcuni interventi di Anger Management sono stati perferzionati e diversi sono i protocolli da poter utilizzare per la gestione della rabbia. Tuttavia, ci sono degli elementi fondamentali (alcuni già visti) che, a detta di DiGiuseppe e Tafrate (2001), non devono mai mancare in un percorso di Anger Management:

  • Coltivare l’alleanza terapeutica: convalidare il vissuto emotivo dei clienti arrabbiati, ma non la loro reazione
  • Accrescere la motivazione per il cambiamento: aiutare a distinguere tra rabbia funzionale e disfunzionale e diventare consapevoli delle conseguenze negative della rabbia disfunzionale
  • Gestire l’eccitazione fisiologica
  • Favorire il cambiamento cognitivo: aiutare i clienti a promuovere percezioni realistiche e accurate, attraverso degli interventi di ristrutturazione cognitiva, porta a cambiamenti emotivi e comportamentali.
  • Favorire il cambiamento comportamentale: i pazienti con problemi di rabbia spesso hanno dei repertori comportamentali carenti e un certo grado di automaticità associato alle reazioni eccessive. L’apprendimento e la pratica di nuove risposte aiutano i pazienti a introdurre comportamenti alternativi nel loro repertorio comportamentale.
  • Insegnare a prevenire le ricadute: ai pazienti con discontrollo della rabbia va insegnato come porre rimedio a un’eventuale ricaduta nei comportamenti disfunzionali di rabbia.
  • Il ruolo del perdono: bisogna far comprendere al paziente che perdonare non equivale a dimenticare: il perdono si verifica quando le persone imparano che ricordare e ad accettare ciò che è stato fatto loro.
  • Considerare un intervento sistemico: valutare la possibilità di sedute con gli altri significativi per il paziente ed esaminare in che modo questi valutano la sua rabbia, o lasciare che condividano con lui le loro percezioni sulle conseguenze negative di tale emozione.
  • Ambiente di rinforzo: chi ha problemi di rabbia frequenta spesso altre persone che validano le sue reazioni e condividono lo stesso modo di esprimere rabbia (Robins & Novaco, 1999). Ciò può comportare un ambiente che rinforza il discontrollo. Gli interventi di Anger Management devono aiutare il paziente a prendere consapevolezza dell’influenza del proprio ambiente di vita sull’espressione della rabbia e promuovere relazioni con altre persone che possiedono una gestione migliore delle proprie emozioni.

Il discontrollo della rabbia è un problema spesso incontrato dai professionisti della salute mentale. Eppure esso risulta un argomento su cui la ricerca ha fatto molta fatica a decollare: per ogni articolo sulla rabbia presente in letteratura negli anni 90, ne venivano pubblicati 10 sulla depressione e 7 sull’ansia (Kassinove & Sukhodolsky, 1995). Le strategie delineate sono delle proposte da cui attingere per sviluppare programmi di Anger Management ad hoc per il singolo paziente. Sebbene l’elenco di tali strategie non sia esaustivo, esse derivano dai più promettenti dati di ricerca disponibili.

 

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Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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