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Binge Eating Disorder: non soltanto un problema di peso

Le persone con Binge Eating Disorder tendono ad abbuffarsi in stati di umore depresso o ansioso, ma ciò può avvenire anche quando sono tesi, annoiati o soli. Il binge eating rappresenta una strategia, disfunzionale, per modulare il versante emotivo tramite l’incapacità di autoregolarsi sul versante comportamentale.

Di Francesco Minelli

Pubblicato il 19 Lug. 2018

Aggiornato il 30 Lug. 2018 12:17

Chi soffre di Binge Eating Disorder si trova all’interno di un circolo vizioso in cui ricorre a mangiare per sentirsi meglio, sentendosi peggio, e poi tornando indietro al cibo per risollevarsi.

 

I soggetti affetti da BED (Binge Eating Disorder) sono raramente riconosciuti come tali: vengono erroneamente confusi con le altre persone sovrappeso o obese, o peggio con quelle bulimiche.

La differenza sostanziale sta nel fatto che, mentre nella bulimia nervosa, le abbuffate sono precedute e seguite da comportamenti dietetici restrittivi, nel Binge Eating Disorder non si assiste a una riduzione dell’introito calorico al di fuori delle abbuffate. Infatti, se confrontati con obesi senza questo disturbo, quelli con BED mangiano di più sia durante che fuori pasto e presentano livelli inferiori di restrizione alimentare.

Questo dato va riconciliato al fatto che i soggetti con BED presentano una storia clinica caratterizzata da un elevato numero di diete: in questo disturbo possono alternarsi periodi di dieta e lunghi periodi in cui le abbuffate non sono associate a nessun tipo di restrizione alimentare.

Le fasi di dieta potrebbero rappresentare il tentativo di recuperare il controllo sull’alimentazione e sul peso, il quale di norma è completamente perduto durante i periodi di abbuffate. Studi di laboratorio hanno dimostrato che la tendenza ad abbuffarsi è una conseguenza abituale di periodi di restrizione dietetica prolungata (Garner e Wooley, 1991). Gli individui pretendono di controllare le abbuffate con la dieta, senza rendersi conto che queste possono essere causate in primo luogo proprio dalle restrizioni dietetiche stesse.

Nella bulimia nervosa la dieta è fortemente implicata nello sviluppo delle abbuffate; infatti, in questo disturbo, la restrizione alimentare precede quasi sempre le abbuffate. Nel Binge Eating Disorder, invece, sembra che più della metà dei soggetti abbia abbuffate prima di avere iniziato una qualsiasi dieta (Santonastaso et al., 1999).

Sembra che il disturbo possa essere, quindi, concettualizzato come una “sindrome di discontrollo” (Freeman e Gil, 2004) generale nei confronti dell’alimentazione con associata una psicopatologia specifica dei disturbi dell’alimentazione in individui che sono vulnerabili all’obesità e/o alla depressione.

La maggior parte dei soggetti con Binge Eating Disorder è sovrappeso o obeso ed esiste una forte associazione tra il disturbo e l’obesità. L’obesità, a sua volta, provoca numerose complicazioni mediche.

Il BMI (Body Mass Index) è una misura del grasso corporeo, sulla base del peso e dell’altezza: a un BMI compreso tra 25 e 28 il disturbo è presente nel 10% dei casi, a un BMI tra 28 e 31 nel 15% e tra 31 e 42 nel 40%.

Gli aspetti psicologici collegati al disturbo

Le persone con binge soffrono di una dipendenza alimentare psicologica. Spesso le loro abbuffate sono innescate da un umore depresso o ansioso, ma possono abbuffarsi anche quando sono tesi, annoiati o soli. Purtroppo, l’aumento di peso rafforza solamente l’alimentazione compulsiva. Peggio si sentono a proposito di loro stessi e della loro apparenza, tanto più impiegano il cibo per farvi fronte (Napolitano et al. 2001).

Diventa perciò un circolo vizioso: mangiare per sentirsi meglio, sentendosi peggio, e poi tornando indietro al cibo per risollevarsi.

Le persone con BED provano inoltre imbarazzo e vergogna per le proprie abitudini alimentari, allora spesso provano a nascondere i loro sintomi e a mangiare in segreto.

Tra i principali sintomi comportamentali troviamo:

  • Incapacità di smettere di mangiare o controllare cosa si sta mangiando
  • Mangiare rapidamente grandi quantità di cibo
  • Mangiare anche quando si è pieni
  • Nascondere il cibo per mangiarlo successivamente in segreto
  • Mangiare normalmente con gli altri, ma rimpinzarsi quando si è da soli
  • Mangiare continuamente durante il giorno, senza pasti programmati

Tra i principali sintomi emozionali:

  • Sensazione di tensione sostituita solamente dal mangiare
  • Imbarazzo su quanto si sta mangiando
  • Sensazione di intorpidimento durante l’abbuffata – come se non si esistesse o si fosse in “pilota automatico”
  • Non sentirsi mai soddisfatti, a prescindere da quanto si mangia
  • Sentirsi colpevoli, disgustati o depressi dopo l’abbuffata
  • Disperazione per il controllo del peso e le abitudini alimentari

È presente un vero e proprio blocco delle emozioni: le abbuffate allontanano da stati emotivi intollerabili come l’ansia o la rabbia. Il soggetto percepisce solo gli aspetti positivi del cibo introdotto a breve termine e non gli effetti negativi a lungo termine (si concentra sull’immediato e non sugli effetti successivi).

Durante le abbuffate è, inoltre, possibile rintracciare una sorta di evoluzione emozionale ciclica: l’iniziale condizione di disagio cede per poco tempo il posto a sensazioni gratificanti legate al gusto del cibo e al senso di pienezza, ben presto sostituite da spossatezza, fastidio fisico e peggioramento del tono dell’umore (Stein et al., 2007).

Organizzazione psicologica e caratteristiche emotive dei Bingers

L’organizzazione psicologica dei soggetti con Binge Eating Disorder è complessa:

  • Hanno una visione di sé che oscilla tra il massimo della stima nelle proprie capacità e la critica più feroce
  • Sono dominati dalla paura ossessiva di delusioni
  • Posseggono un’estrema vulnerabilità alla critica
  • Sono dominati dal terrore di deludere gli altri e di essere delusi
  • Presentano una personalità fragile, incapace di gestire le frustrazioni
  • Hanno la tendenza ad evitare la realtà e a rifugiarsi in fantasie irrealizzabili
  • L’aspetto fisico è inconsciamente una difesa e un luogo in cui rifugiarsi

Ingrassando, infatti, si limita il giudizio degli altri al solo corpo senza mostrare i propri sentimenti e valori più personali.

Presentano, inoltre, i caratteri comuni alle persone affette da disturbi alimentari

  • Paura di perdere il controllo
  • Paura di diventare grassi
  • Difficoltà nelle relazioni interpersonali
  • Bassi livelli di autostima
  • Bassa tolleranza alla frustrazione
  • Presenza di emozioni secondarie (quali senso di colpa e vergogna)
  • Preoccupazione per il cibo e per il proprio peso

Il disturbo inizia, in particolare, dopo eventi stressanti minaccianti l’autostima, come: fallimenti scolastici, problemi sentimentali o sessuali, commenti negativi sull’aspetto fisico, difficoltà interpersonali. Alcuni soggetti “pianificano” le loro abbuffate: acquistano il cibo, lo nascondono, poi lo consumano da soli, spesso senza neppure masticarlo, fino ad essere completamente pieni.

Le abbuffate, soprattutto nei primi momenti possono essere piacevoli, in quanto sono in grado di allentare momentaneamente la tensione del dover seguire rigorosamente una dieta ferrea. Questa sensazione inizialmente piacevole viene, però, spesso utilizzata per “bloccare” altre emozioni negative: tristezza, solitudine, frustrazioni, ecc.

Così come già visto in precedenza, tale comportamento dà origine a un circolo vizioso:

  • se la persona continua a bloccare le sue emozioni col cibo non risolve mai i suoi problemi di fondo
  • le emozioni negative si riprodurranno all’infinito e favoriranno nuove abbuffate
  • le abbuffate, passati i primi momenti piacevoli, determineranno altre emozioni negative quali senso di colpa, crollo dell’autostima, disgusto che a loro volta faciliteranno nuove abbuffate

La dieta in questi soggetti risulta totalmente inefficace, in quanto sono le variazioni emotive a dare il via alla crisi alimentare. La persona vorrebbe essere aiutata a cambiare ma ha una paura terribile del cambiamento. Teme che se abbandonerà il suo disturbo (diventato un “rituale”) si ritroverà ancor più indifesa.

Frequentemente le abbuffate sono la risposta al disagio provocato dal sentirsi soli o abbandonati, dal pensare di non avere valore per gli altri a causa del proprio senso di inadeguatezza e alla scarsa autostima (inutilità a condividere le proprie sofferenze con gli altri).

Questi individui tendono a sottovalutare gli effetti negativi a lungo termine dei loro comportamenti (convinzione dell’inevitabilità del proprio stato e incapacità di avere altre gioie se non quelle del cibo). Per alcuni bingers il cibo è effettivamente un equivalente affettivo, per altri è un’autopunizione per non essere riusciti a raggiungere i propri obiettivi.

Inoltre, gli abbuffatori soffrono di alti standard e di alte aspettative, in special modo hanno una sensibilità maggiore rispetto alle richieste degli altri. Quando falliscono alcuni di questi standard, essi sviluppano un elevato pattern avversivo di autoconsapevolezza, caratterizzato da una visione negativa di sé e preoccupazione per come sono percepiti dagli altri. Queste autopercezioni sono accompagnate da stress emotivo, che include spesso l’ansia e la depressione.

A volte l’obesità può fungere da capro espiatorio per le proprie difficoltà relazionali e spostare il focus del problema dalla bassa autostima e/o dalle problematiche sessuali al sovrappeso.

Se il controllo è il tema dominante nell’anoressia e nella bulimia, nei bingers prevale invece il senso di inadeguatezza: si percepiscono deboli, in balia della volontà altrui. In questi individui le convinzioni di non valere sono molto forti, sostenute da dati percettivi (quali la bilancia e lo specchio) e anche dalla gente stessa.

Il sé è profondamente “eterodefinito”: il soggetto si specchia nello sguardo degli altri per confermare il proprio valore e la disapprovazione genera un profondo disorientamento, ma il bisogno di approvazione si scontra col timore di essere invaso (Guidano, 1987). Le alternative che ha sono: adeguarsi per essere accettato, ma non potersi affermare, oppure opporsi, affermarsi, ma non essere accettato.

Il corpo è percepito in modo diverso: nell’anoressia è un nemico da combattere, nella bulimia uno strumento di seduzione, mentre nel Binge Eating Disorder è vissuto come sgradevole appendice al proprio Sé. Dal corpo provengono soltanto sensazioni negative e impellenti richieste di cibo. Anche lo stesso piacere del cibo (l’unico che si permettono) si trasforma molto presto in senso di colpa.

Il binge eating diventa una strategia, seppure disfunzionale, per modulare il versante emotivo tramite l’incapacità di autoregolarsi sul versante comportamentale. La problematica nasce dal fatto che gli eventi che il soggetto cerca di controllare mantengono inalterato il loro potere. Il rapporto col cibo perde la sua funzione di necessità per divenire metafora del rapporto con se stessi e con gli altri.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Freeman, L.M., Gil, K.M. (2004). Daily stress, coping, and dietary restraint in binge eating. International Journal of Eating Disorders, 36(2), 204-12.
  • Garner, D.M., Wooley, S.C. (1991). Confronting the failure of behavioral and dietary treatments for obesity. Clinical Psychology Review, 11, pp. 729–780.
  • Guidano, V.F. (1987). Complexity of the self: a developmental approach to psychopathology and therapy. New York.
  • Napolitano, M.A., Head, S., Babyak, M.A. (2001). Binge eating disorder and night eating syndrome: psychological and behavioral characteristics. International Journal of Eating Disorders, 30, 193–203.
  • Santonastaso, P., Ferrara, S., Favaro, A. (1999). Differences between binge eating disorder and nonpurging bulimia nervosa. International Journal of Eating Disorders, 25, 215-218.
  • Stein, R.I., Hilbert, A., Saelens, B.E., Mockus, D.S., Welch, R.R., Matt, G.E., Wilfley, D.E. (2007). Pretreatment and process predictors of outcome in interpersonal and cognitive behavioral psychotherapy for binge eating disorder. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 75(4), 645-651.
  • Tosi, G. (2017). Emotional Eating, Binge Eating Disorder e intolleranza alle emozioni negative. State of Mind, 10-2017.
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