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L’apporto di Giovanni Liotti alla psicotraumatologia e le strategie di controllo

Sviluppi traumatici è uno dei testi in cui G. Liotti ha esposto il suo punto di vista cognitivo-evoluzionista nell'ambito della psicotraumatologia. Il bambino immerso in un ambiente insicuro e vissuto come pericoloso attuerebbe delle strategie di controllo.

Di Raffaele Avico

Pubblicato il 22 Giu. 2018

Aggiornato il 30 Lug. 2018 12:03

Giovanni Liotti è considerato uno dei padri della psicoterapia cognitiva in Italia, insieme a Vittorio Guidano. Nel suo “Sviluppi Traumatici” tenta di approfondire la questione relativa alle problematiche post-traumatiche fornendo moltissimi spunti di riflessione e una lettura estremamente plausibile di alcune comuni forme di psicopatologia nel paziente post-traumatico.

 

Come nascono gli “Sviluppi traumatici“? I pazienti che arrivano in psicoterapia da storie traumatiche di sviluppo presentano quello che la Teoria dell’Attaccamento definisce “stile insicuro di attaccamento”. Molto schematicamente, definiamo stile insicuro di attaccamento uno stile relazionale esistente tra bambino e caregiver caratterizzato da una costante necessità di riconfermare e ricostruire la sintonizzazione emotiva da parte del bambino verso l’adulto (attaccamento ansioso/ambivalente, altresì categorizzato attaccamento C), oppure da un’assenza totale di ricerca della stessa da parte del bambino nei confronti del caregiver (attaccamento evitante, categorizzato attaccamento di tipo A). Esiste inoltre un terzo “modo” relazionale caratterizzato da emozioni sperimentate dal bambino contrastanti e incoerenti, definito dagli attaccamentologi “stile di attaccamento disorganizzato” (attaccamento D).

Sviluppi traumatici: Mary Ainswoth e gli stili di attaccamento insicuro

Nel corso dei famosi esperimenti, Mary Ainsworth all’interno della Strage Situation, osservò infatti una categoria di bambini che sembravano allo stesso tempo cercare e respingere il contatto con la madre. Questo perché spingevano in lui/lei due pulsioni istintuali (o mandati evolutivi) contrapposte, ovvero

  • la ricerca di un contatto necessario a garantire una sensazione di sicurezza
  • la paura di una vittima nei confronti del suo persecutore

La simultanea presenza di queste due tendenze nel bambino (avvicinarsi e allontanarsi) produceva un pattern di comportamento contraddittorio e incoerente, che i ricercatori definirono appunto disorganizzato. Nel tempo si è osservato come i bambini che sviluppavano uno stile di attaccamento disorganizzato fossero più soggetti a sviluppare in età adulta tendenze dissociative e tratti post-traumautici di personalità (maggiore sensibilità all’ambiente, emozioni veementi e disregolate, difficoltà relazionali, tendenza all’abuso auto-terapeutico di sostanze, ecc.).

Sviluppi traumatici e strategia regolativa

Nel suo lavoro “Sviluppi Traumatici”, Gianni Liotti approfondisce la questione ponendo al centro della sua riflessione teorica il concetto di “strategia regolativa”. Come può un bambino che viva in un contesto pericoloso e terrorizzante -si chiede l’autore- ottenere la vicinanza emotiva del care-giver, indispensabile per sopravvivere all’ambiente circostante?

Liotti ragiona sul fatto che un bambino per poter sopravvivere a un adulto psicologicamente abusante è obbligato a mettere in atto delle strategie di controllo. Queste potrebbero essere riepilogate come segue:

  • Strategia controllante/accudente – genitorializzazione: la tendenza definita da Liotti alla “genitorializzazione” implica lo sviluppare da parte del bambino una serie di competenze relazionali e comportamentali che gli consentano di prevedere il comportamento -imprevedibile- del care-giver. Una sorta di “progressione traumatica” in cui il bambino diviene iper-competente e iper-sensibile agli sbalzi del genitore, di fatto imparando a “contenerlo”. Immaginiamo per esempio un padre seduttivo/terrorizzante, magari con tendenza all’abuso di alcol e ad esplodere in scoppi di ira apparentemente immotivati. Se immaginiamo la vita di una bambina che cresca a contatto con una figura di riferimento del genere, dobbiamo pensare a quanto questa sia sottoposta, nel corso dello svolgersi della quotidianità, a uno sforzo anticipatorio del comportamento del padre stesso. Osservandoli in interazione noteremo come la bambina abbia imparato a conoscere ogni sfumatura caratteriale del care-giver e come riesca ad anticiparlo o manipolarlo al fine di garantirsi la sua protezione anche quando quest’ultimo manifesti pesanti alterazioni del carattere o sbalzi umorali. La genitorializzazione, l’autore esplicita, è dunque una strategia di controllo messa in atto laddove sia necessario per il/la bambino/a anticipare costantemente le mosse di un genitore abusante (più un generale, di una realtà o di un ambiente abusante), per contenere i danni prodotti sulla sua stessa salute psichica e allo stesso tempo garantirsi la sua protezione. L’autore sottolinea che un’inversione simile dell’attaccamento avrà dei costi futuri nei termini di una difficile creazione di rapporti stabili e in cui ci si possa affidare e aprire all’altro senza che questo voglia dire, nuovamente, sottoporsi a una possibile minaccia e a nuovi abusi.
  • Strategia controllante/punitiva: con questo Liotti intende sottolineare come all’interno di una diade bambino/care-giver in cui quest’ultimo manifesti comportamenti abusanti e discontrollati (“disorganizzati/disorganizzanti”) è possibile che il bambino sviluppi tendenze punitive che hanno a che fare con l’inversione non tanto dell’attaccamento (come prima si diceva), ma con un’attivazione del sistema motivazionale agonistico e lo spostamento della questione a livello di sistema di rango. E’ come se il bambino utilizzasse, per controllare l’adulto, il potere fornitogli da una posizione dominante in termini di rango. Osserviamo in questi casi una tendenza ad aggredire e ad imporre le cose da parte del bambino al genitore, letteralmente dominato/a dal figlio (o dalla figlia). Non a caso in questi casi al/alla figlio/a viene dato l’aggettivo di “tirannico/a”, per sottolineare quanto all’interno della diade genitoriale le cose abbiano subito una inversione, incentrata questa volta sulla dinamica di potere/rango. In questo caso il bambino diviene punitivo e severo verso il genitore al fine di anticipare e sopprimere le condotte disregolate vissute come intrusive e dolorose.

In “Sviluppi traumatici” Liotti sottolinea dunque come all’interno di stili di attaccamento cosiddetti “insicuri” e in particolare laddove vi sia una condotta disregolata, disorganizzata e disorganizzante da parte del care-giver, è possibile vengano messe in atto strategie di controllo ottenute imparando ad anticipare “le mosse” della figura traumatizzante, funzionali a stabilizzare e garantire una quota salubre di mastery all’interno della relazione.

L’autore sottolinea infine come la rappresentazione di sé come impotente e passivo all’interno della relazione, sia il vulnus, la ferita originaria dal quale il paziente sembri essere scappato nel corso dello sviluppo. Lo stato di vuoto dissociativo mentale, il senso di impotenza e di essere in balia di una realtà pericolosa, non controllabile e totalitarizzata dalla figura ingombrante di un care-giver abusante, sono ciò a cui il paziente avrà imparato a sopravvivere mettendo in atto strategie di coping, strategie regolative e strategie di controllo. Non dimentichiamo che per un bambino, la realtà è filtrata dagli occhi e dalla mente del care-giver: crescere in un ambiente traumatico significa quindi rappresentare la realtà tutta come pericolosa o imprevedibile, senza distinguere ciò che c’è “dentro casa” dalla realtà “esterna”, ma facendo un tutt’uno spaventoso e patogeno.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Liotti, G., Farina B. (2011). Sviluppi Traumatici. Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Milano: Cortina Editore

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Sviluppi Traumatici, Eziopatogenesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Liotti G. Farina B. (2011). Cortina Editore. - Immagine: Copertina, Raffaello Cortina Editore
Recensione di Sviluppi traumatici (2011) di Liotti e Farina.

Sviluppi traumatici di Giovanni Liotti e Benedetto Farina è la più recente esposizione del modello di terapia cognitiva-evoluzionista.

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