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Encefalopatia ipossico-ischemica nel neonato

Encefalopatia ipossico-ischemica nel neonato: che cos è, quali sono i fattori di rischio e le possibili conseguenze nuropatologiche sia nel neonato a termine che prematuro.

Di Valeria Mancini, Serena Pattara

Pubblicato il 20 Giu. 2018

Aggiornato il 28 Giu. 2019 12:03

Encefalopatia ipossico-ischemica nel neonato: che cos è, quali sono i fattori di rischio e le possibili conseguenze nuropatologiche

Valeria Mancini e Serena Pattara, OPEN SCHOOL Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

Il concetto di “encefalopatia neonatale” viene oggi usato in senso più estensivo rispetto a quanto proposto da Nelson nel 1991. Questo autore definisce infatti l’encefalopatia neonatale

come una sindrome clinica caratterizzata da alterata funzione neurologica nei primi giorni di vita nel neonato a termine, con difficoltà ad iniziare e mantenere l’attività respiratoria, alterazione del tono e dei riflessi, ridotto livello di coscienza e spesso convulsioni.

Con tale definizione si descrive un complesso sintomatologico che bene si adatta all’ encefalopatia neonatale ipossico-ischemica ma che non descrive invece altri quadri neurologici, frequenti nel periodo neonatale, che trovano verosimilmente origine in cause diverse dall’asfissia (malattie genetiche, difetti della coagulazione, disturbi metabolici, malformazioni, infezioni, ecc…) (Guerrini et al.).

Encefalopatia ipossico-ischemica: cos è, incidenza, quali aree cerebrali interessa

Si parla di encefalopatia ipossico-ischemica, quando all’evento asfittico segue un interessamento del sistema nervoso centrale, ovvero, nelle ore e giorni successivi all’asfissia si manifesta una chiara sindrome neurologica neonatale. Questa patologia è una delle maggiori cause di morte neonatale e disabilità neurologica nel bambino (Robertson, Finer, 1985).

L’incidenza stimata è di circa 1-2/1000 nati a termine (Ottaviano et al., 2001; da Thornberg et al., 1995; da Hull, Dodd, 1992) e fino al 60% nei neonati prematuri di peso inferiore a 1500 grammi (Ottaviano et al., 2001; da Ergander, 1983). Una percentuale tra il 20 e il 50% dei neonati asfittici che sviluppano una encefalopatia ipossico-ischemica muoiono nel periodo neonatale, dei sopravvissuti circa il 25% presenta handicap neurologici maggiori (paralisi cerebrale, ritardo mentale, disturbi d’apprendimento, epilessia).

In generale le lesioni anatomo-patologiche (e i conseguenti esiti a distanza) sono differenti nel neonato a termine rispetto al neonato pretermine. Nel primo prevale l’interessamento della sostanza grigia cerebrale (corteccia cerebrale, ippocampo, gangli della base, emisferi cerebellari), nel secondo, invece, è interessata prevalentemente la sostanza bianca (Ottaviano et al., 2001).

Encefalopatia ipossico-ischemica: fattori predittivi e di rischio

Prendendo in considerazione i fattori di rischio dell’encefalopatia ipossico-ischemica, alcuni parametri perinatali sono significativamente predittivi: il ritardo mentale materno, il deficit motorio di un fratello, l’ipertiroidismo, una sindrome convulsiva materna precedente la gravidanza, un’anamnesi remota positiva per due o più morti endouterine e un ritardo di crescita nella gravidanza corrente (Rosen, Hobel, 1986). Nessun fattore pregravidico predittivo, tuttavia, contribuisce più del 4.4%. L’età materna, la parità, lo stato socio-economico, il fumo, il diabete non hanno dimostrato un significativo ruolo predittivo. La proteinuria (> 5g/25 h) nella seconda metà della gravidanza, l’ipertensione arteriosa marcata, le metrorragie del terzo trimestre, il numero delle visite prenatali sono state identificate come fattori di rischio. Ciascuno di questi fattori è associato alla paralisi cerebrale con una percentuale inferiore al 2%. Le caratteristiche predittive significative durante il travaglio sono: un’epoca gestionale inferiore alle 32 settimane e le bradicardie fetali (60 battiti al minuto e valori inferiori), le infezioni del corion e il basso peso della placenta. La placenta previa e il distacco intempestivo di placenta normalmente inserita, rappresentano un ulteriore rischio per l’encefalopatia ipossico-ischemica neonatale e il conseguente danno cerebrale fetale (Niswander et al., 1968).

I fattori di rischio che possono comparire in sala parto sono risultati: il basso peso neonatale, un ritardo di 5 minuti o più del primo atto respiratorio neonatale, un riflesso di Moro asimmetrico e la microcefalia. Il ritardo del primo atto respiratorio è stato un fattore di rischio più specifico e sensibile rispetto ad un valore basso dell’indice di Apgar (Freeman, 1985). Durante il periodo neonatale precoce, le convulsioni del neonato sembrano essere il fattore di rischio predittivo più considerevole; un altro fattore importante è la presenza di malformazioni non coinvolgenti il sistema nervoso centrale. Le sindromi mal formative sono significativamente più frequenti nei bambini che sono stati affetti da encefalopatia alla nascita e che poi hanno sviluppato la paralisi cerebrale, rispetto la popolazione generale. Altri studi hanno osservato che una percentuale maggiore di bambini con paralisi cerebrali presentava malformazioni congenite e che i feti malformati, più frequentemente rispetto alla popolazione (Nelson, Ellenberg, 1986), mostrano anomalie nel tracciato cardiotocografico, bassi indici di Apgar e un primo atto respiratorio ritardato. Nella casistica presentata da Nelson per molti bambini affetti da paralisi cerebrale che presentavano depressioni alla nascita, erano presenti, già prima del travaglio, fattori predisponenti che possono aver aumentato la vulnerabilità agli eventi del travaglio di parto.

Encefalopatia ipossico-ischemica e condotta ostetrica durante il parto

Purtroppo, la condotta ostetrica in un’ottica di prevenzione degli esiti neurologici favorevoli non è del tutto definita, dato che non sono conosciute le cause responsabili della paralisi cerebrale, che sono numerose e che spesso risalgono a fasi precoci dello sviluppo; non si potrà, attraverso un singolo intervento, prevenire la maggioranza degli esiti neurologici sfavorevoli. Le informazioni che derivano dagli eventi avvenuti durante il travaglio, durante l’espletamento del parto e durante la fase iniziale del periodo neonatale possono permettere l’identificazione delle cause che hanno prodotto il danno, nella maggioranza dei casi, poiché, frequentemente, l’insulto è avvenuto prima dell’inizio del travaglio. I dati riferiti in questo studio, su una popolazione di 54.000 gravidanze seguite in 12 ospedali americani e con un campione di 189 bambini affetti da paralisi cerebrale, suggeriscono un relativo e modesto ruolo dei fattori che intervengono durante il travaglio e durante l’espletamento del parto nella spiegazione eziopatogenetica della paralisi cerebrale.

Da questo studio è emerso che l’associazione fra gli eventi della nascita e l’esito neurologico sfavorevole può indurre in errore, poiché in una considerevole percentuale dei casi l’esito neurologico può essere associato parzialmente o totalmente a difetti intrinseci del feto. L’importante sviluppo delle scienze neurologiche, raggiunto negli ultimi anni, ha permesso l’osservazione delle complesse interazioni dei componenti del sistema nervoso centrale durante il periodo della vita intrauterina e di interpretare l’azione di alcune interferenze sulle fisiologiche interazioni all’interno del sistema nervoso centrale, ciononostante la maggior parte delle cause della paralisi cerebrale rimangono ancora inspiegabili. Una delle certezze acquisite negli ultimi anni da molteplici studi è che l’asfissia ad insorgenza acuta è associata in maniera minore agli esiti neurologici sfavorevoli, rispetto all’ipossia intrauterina prolungata e che la maggior parte dei sopravvissuti all’asfissia neonatale hanno esiti neurologici favorevoli e solo pochi presentano una sequela neurologica grave (Addy, 1982). Ci sono varie cause antecedenti, periconcezionali e antinatali sia per l’encefalopatia neonatale che per la paralisi cerebrale. La maggior parte delle condizioni associate sia con l’encefalopatia neonatale che con paralisi cerebrale sono collegate a condizioni ante-parto difficilmente imputabili a coloro che presentano cure mediche.

Encefalopatia ipossico-ischemica nel neonato a termine

La condizione clinica in cui si verifica l’encefalopatia ipossico-ischemica è l’ischemia che in genere, ma non necessariamente, è preceduta o accompagnata da ipossiemia. L’ipossiemia danneggia il sistema nervoso centrale principalmente causando disfunzione miocardica e perdita di autoregolazione del flusso ematico cerebrale, con conseguente ischemia. Il timing e la gravità dell’ipossia e dell’ischemia, nonché l’età gestazionale del neonato sono i principali determinanti della neuropatologia della lesione.

Le cause principali di grave ipossiemia nel periodo perinatale sono: asfissia, distress respiratorio, shunt destro-sinistro. Le cause principali di ischemia invece sono: grave ipossia di qualunque origine, asfissia intrauterina con acidosi e perdita della regolazione del flusso ematico cerebrale, insufficienza cardiocircolatoria.

I fattori che determinano la topografia del danno cerebrale ipossico-ischemico perinatale sono di vario tipo:

1) intrinseca vulnerabilità sia cellulare (neuroni > oligodendroglia > astrociti > microglia > vasi) che regionale (corteccia: strati 3, 5, 6; ippocampo, sostanza bianca: subcorticale e periventricolare; troncoencefalo: collicolo inferiore; cervelletto: strato cellulare di Purkinje)

2) fattori vascolari: nell’ipossia-ischemia sistemica le lesioni si localizzano nei territori di confine tra distretti vascolari, nell’occlusione vasale la lesione è localizzata a valle dell’ostruzione

3) natura e durata dell’insulto: ipossia, ipossia-ischemia, ischemia

4) età e maturità del neonato;

5) fattori contingenti: ipoglicemia, sepsi, malnutrizione (Ottaviano et al., 2001).

Le ragioni della vulnerabilità di certi gruppi di neuroni nel sistema nervoso centrale sono diventate più chiare negli ultimi anni. Sicuramente fattori vascolari giocano un ruolo importante. Il danno neuronale è, infatti, più grave nella zona di confine tra distretti vascolari (ad esempio nella profondità dei solchi e nelle aree parasagitali), d’altra parte la stretta relazione che esiste tra la necrosi ponto-subicolare del prematuro e l’ipocapnia e l’iperossia sembra suggerire un ruolo importante della vasocostrizione in questa specifica lesione (Ottaviano et al., 2001; da Hashimoto, 1991; da Ahdab-Barmada et al., 1986).

Tuttavia la constatazione che il danno neuronale più selettivo non segua strettamente la distribuzione vascolare fa ritenere che siano in gioco altri fattori. Ad esempio la rapida maturazione e differenziazione dei neuroni nel ponte e nel subicolo al momento in cui si verifica l’insulto può rendere ragione della loro maggiore richiesta di energia, e della conseguente propensione verso l’apoptosi.

Per quanto riguarda le diverse suscettibilità regionali, è possibile che siano legate a differenze metaboliche: capacità di glicolisi anaerobica, richieste energetiche, accumulo di lattato, funzione mitocondriale, flusso di calcio, sintesi di ossido nitrico, formazione di radicali liberi e capacità di neutralizzare gli stessi.

Un ruolo hanno senz’altro anche le differenze recettoriali, per quanto riguarda i recettori del glutammato.

Le zone che al momento dell’insulto ipossico-ischemico sono particolarmente ricche di sinapsi che usano come neurotrasmettitore il glutammato sono le più danneggiate, così come avviene, ad esempio, nel periodo perinatale per i gangli della base (Ottaviano et al., 2001; da Johnston, 1995).

L’occlusione vascolare e necrosi a valle è il meccanismo patogenetico principale nella necrosi ischemica focale e multifocale. Quale sia la causa che determina l’insufficiente o assente flusso in una arteria cerebrale maggiore rimane sconosciuto in circa il 50% dei casi, il 35% dei casi viene attribuito all’asfissia, nel rimanente 15% sono state trovate anomalie di sviluppo vascolare, vascolopatie, alterazioni della coagulazione, vasospasmo, distorsione vasale da trauma sul capo o sul collo, embolia e trombosi.

Condizioni essenziali per la diagnosi di sofferenza perinatale sono: anamnesi positiva per sofferenza fetale (decelerazioni tardive al cardiotocogramma, liquido amniotico tinto di meconio, acidosi metabolica con pH < 7,1 e/o EB ≤ 10 mEq/l nelle prime 2 ore di vita) depressione alla nascita con necessità di rianimazione, e sintomi neurologici precoci (Ottaviano et al., 2001).

Encefalopatia ipossico-ischemica: sintomi clinici

Dal punto di vista clinico l’encefalopatia ipossico-ischemica consiste in un pattern caratteristico di segni e sintomi neurologici che seguono l’asfissia perinatale e che progrediscono con modalità pressoché costante. La severità di tali segni dipende in gran parte dalla durata dell’asfissia cui il neonato è stato sottoposto e può essere valutata in base alle manifestazioni cliniche del soggetto (Volpe, 2001).

I segni clinici essenziali dell’encefalopatia ipossico-ischemica sono (Careddu et al., 2002):

  • convulsioni
  • alterazioni dello stato di coscienza (1. ipereccitabilità, 2. letargia, 3. coma)
  • anomalie posturali
  • scomparsa dei riflessi arcaici
  • anomalie del ritmo cardiorespiratorio (apnee, bradicardia)
  • tensione della fontanella anteriore.

La sintomatologia neurologica del neonato a termine asfittico è stata classificata da Sarnat e Sarnat in 3 stadi progressivi di gravità (Ottaviano et al., 2001; da Sarnat, Sarnat, 1976):

  • Stadio I (asfissia lieve): ipereccitabilità, esame neurologico ed EEG normali, veglia protratta, riflessi vivaci, tono normale o aumentato, midriasi e tachicardia
  • Stadio II (asfissia moderata): letargia, apatia, ipotonia, riflessi neonatali torpidi, convulsioni, miosi, bradicardia, EEG con punte/onde
  • Stadio III (asfissia grave): coma, riduzione o assenza di riflessi, flaccidità, raramente convulsioni, variabilità della dilatazione pupillare, variabilità della frequenza cardiaca, EEG inattivo o abnorme.

La stadiazione clinica alla nascita o subito dopo è fondamentale per determinare la severità del danno ipossico-ischemico, per iniziare il trattamento più appropriato e per stabilire la prognosi. Anche l’evoluzione, con il passaggio da uno stadio all’altro è un importante indice prognostico (Ottaviano et al., 2001; da Amiel-Tison, Ellison, 1986; da Lipper et al., 1986).

A volte i neonati appaiono relativamente normali nelle prime ore di vita per poi peggiorare rapidamente quando insorgono le crisi convulsive, altre volte sono in uno stadio 2 o 3 subito dopo la nascita. L’attività convulsiva compare nel 50-70% dei neonati asfittici, specialmente a termine, e nella maggior parte dei casi nelle prime 24 ore con un esordio tanto più precoce quanto più è grave l’asfissia. Quelli che sopravvivono mostrano un miglioramento nei giorni o nelle settimane seguenti, il tempo impiegato per il recupero delle normali funzioni neurologiche è anch’esso un fattore prognostico a lungo termine.

Oltre alle disfunzioni neurologiche, in circa il 50% dei casi l’asfissia determina alterazioni multi-organo riguardanti il rene, il cuore, i polmoni, l’intestino, con conseguenti alterazioni metaboliche quali ipoglicemia, ipocalcemia, alterazioni idro elettrolitiche, iperammoniemia, che contribuiscono ad aggravare le condizioni di un sistema nervoso già compromesso (Ottaviano et al., 2001).

Encefalopatia ipossico-ischemica: diagnosi

Riguardo la diagnosi, dal punto di vista strumentale, l’elettroencefalografia (EEG) rivela che: nel grado 1 della classificazione di Sarnat e Sarnat l’EEG è normale sia nella veglia che nel sonno attivo e calmo, il ciclo del sonno è presente mentre la durata degli stati è alterata. Nel grado 2 il tracciato è di basso voltaggio, caratterizzato da ritmi con frequenza variabile dalla banda delta alla beta, a volte è del tipo “basso voltaggio più grafo elementi patologici”, il ciclo del sonno è presente ma spesso alterato, frequenti le crisi elettrocliniche. Nel grado 3 il tracciato è prevalentemente inattivo o parossistico, il ciclo del sonno è assente e sono presenti crisi con dissociazione elettroclinica. Per quanto riguarda la prognosi questa è favorevole per il grado 1, gravissima per il grado 3 in cui le caratteristiche del tracciato riflettono una necrosi neuronale corticale diffusa, mentre per il grado 2 è favorevole se i segni clinici ed EEG tornano nella norma entro 5-7 giorni (Ottaviano et al., 2001; Allemand et al., 1983).

Una forma semplificata di elettroencefalogramma, con soli 2 canali, può essere ottenuta in continuo con il cerebral function monitor.

Nonostante questa tecnica possa rilevare solamente le alterazioni maggiori dell’attività elettrica cerebrale (tracciato piatto, di basso voltaggio, burst suppression, crisi convulsive), senza possibilità di studiare le varie zone cerebrali, offre l’incommensurabile vantaggio di poter essere eseguita nell’arco delle 24 ore e di rilevare quindi in tempo reale non solo eventuali cambiamenti dell’attività elettrica ma anche il controllo della terapia sulle crisi elettriche o in neonati curarizzati.

Infine, il tracciato elettroencefalografico e le sue modifiche nel corso dei giorni, sono uno strumento di grande valore considerato anche la facilità di esecuzione al letto del paziente (Ottaviano et al., 2001).

Quando c’è il sospetto di un’encefalopatia nel neonato, oltre ad utilizzare l’EEG, viene sempre effettuata una valutazione dell’encefalo attraverso la fontanella bregmatica (Careddu et al., 2002).  L’ecografia transfontanellare è molto utile per individuare le lesioni dei gangli della base, del talamo, la leucomalacia periventricolare, e danni ischemici focali e multifocali, ma non è in grado di rilevare lesioni corticali o del tronco encefalo in quanto spesso molto piccole o comunque troppo periferiche. Essa è la tecnica più utilizzata soprattutto per la possibilità di esecuzione al letto del paziente, rapidità, basso costo e innocuità, anche se non è sicuramente la tecnica appropriata per lo studio di quelle zone che frequentemente sono danneggiate nel neonato a termine quali la corteccia cerebrale o il tronco encefalo.

D’altro canto la TAC, che pur non essendo eseguibile al letto del paziente, richiede comunque dei tempi relativamente brevi per l’acquisizione delle immagini, fornisce importanti informazioni anche riguardo il danno corticale nella necrosi neuronale selettiva, ma il suo valore è massimo diverse settimane dopo l’insulto.

L’indagine sicuramente più accurata per dovizia di particolari, e più precoce nello stabilire l’entità del danno è la risonanza magnetica nucleare sia tradizionale ma soprattutto con le nuove applicazioni in spettroscopia e diffusione. Queste nuove applicazioni infatti non solo consentono una maggiore sensibilità nell’individuazione del danno ma permettono di anticipare l’indagine alle prime ore di vita consentendo di formulare una prognosi tanto accurata quanto precoce.

La risonanza magnetica in spettroscopia (H-MRS) è stata utilizzata per studiare i cambiamenti biochimici associati con il danno cerebrale (Ottaviano et al., 2001; da Amess et al., 1999).

Encefalopatia ipossico-ischemica: prognosi

Prendendo in considerazione la prognosi, alcuni aspetti della sindrome neurologica neonatale sono particolarmente utili per formularla: la gravità della sintomatologia, la presenza e il tempo di insorgenza delle convulsioni, la durata delle anomalie neurologiche.

Neonati con sindrome neurologica lieve hanno in genere un recupero completo, quelli con la forma grave o muoiono (80%) o presentano deficit (20%).

Pur non essendo chiaro se le convulsioni di per sé aggravino il danno cerebrale o siano l’espressione di una maggiore compromissione, quando si verificano il rischio di sequele aumenta di 2-5 volte, tanto più quanto più precoce è l’insorgenza.

Per quanto concerne la durata dei sintomi è esperienza comune che il neonato che presenta una sindrome neurologica che dura meno di 1-2 settimane ha ottime probabilità di avere uno sviluppo normale nei primi anni di vita, anche se poco è noto riguardo alla performance in età scolare (Ottaviano et al., 2001; da Robertson, Finer, 1988; da Robertson et al., 1989).

Oltre al quadro clinico molte informazioni utili per formulare la prognosi possono essere date dalle indagini strumentali.

Alcuni studi hanno dimostrato una diminuzione del rapporto NAA/Cho e NAA/Cr e un aumento del rapporto Cho/Cr in neonati asfittici con gravi deficit dello sviluppo all’età di 1 anno. Inoltre sono stati dimostrati un aumento del lattato e una diminuzione del NAA nel talamo e un aumento del lattato e una riduzione della Cr nei gangli della base dei neonati asfittici (Ottaviano et al., 2001; da Huppi , Lazeyras, 2001; da Amess, 1999).

Encefalopatia ipossico-ischemica nel neonato pretermine

Il danno cerebrale ipossico-ischemico nel pretermine differisce da quello del neonato a termine da un punto di vista neuropatologico e fisiopatologico in relazione al differente grado di maturazione sia del tessuto cerebrale che del letto vascolare.

Nel pretermine le lesioni cerebrali predominanti sono:

1) l’emorragia della zona germinativa

2) l’emorragia intraventricolare

3) l’emorragia parenchimale

4) la leucomalacia periventricolare.

Nei neonati prematuri una zona di confine tra letti vascolari è localizzata nella sostanza bianca periventricolare adiacente ai margini esterni dei ventricoli laterali. Queste zone sono situate tra 3 e 10 mm dalla parete del ventricolo laterale tra i rami terminali delle arterie “centrifughe” che partono dal plesso corioideo e le arterie “centripete” che originano sulla superficie dell’encefalo.

Il numero dei vasi centrifughi cresce con l’età gestazionale, la loro relativa esiguità nel neonato pretermine rende ragione della vulnerabilità di questa zona al danno ischemico. La relativa salvaguardia della corteccia cerebrale nel prematuro potrebbe essere dovuta alla presenza di una ricca rete di anastomosi tra le arterie meningee e le cerebrali anteriore, media e posteriore. Queste anastomosi, particolarmente prominenti nel pretermine, tendono a diminuire con l’età gestazionale fino a una pressoché completa scomparsa a termine di gravidanza.

E’ ormai noto che due fattori, la prematurità e l’insufficienza respiratoria acuta che richiede ventilazione meccanica, sono fortemente associati a emorragia peri-intraventricolare.

La prematurità è condizione essenziale perché si abbia la presenza di una matrice germinativa metabolicamente attiva e riccamente vascolarizzata, ed inoltre è noto che circa il 12% dei VLBW (Very Low Birth Weight) sani, presentano emorragie della matrice germinativa. Il ruolo dell’insufficienza respiratoria è probabilmente legato alle alterazioni del flusso ematico cerebrale secondarie all’ipossia, all’ipercapnia e al danno ipossico-ischemico dell’endotelio della matrice germinativa.

Altri eventi neonatali quali il pneumotorace, l’ipotensione, l’acidosi, i disturbi della coagulazione, l’espansione della volemia, l’infusione di bicarbonato, il trasporto, sono stati correlati con un rischio aumentato di emorragia, ma queste condizioni forse riflettono più la gravità del neonato e la necessità di trattamenti aggressivi piuttosto che un rapporto di causa-effetto con l’emorragia (Ottaviano et al., 2001).

L’ipotesi prevalente basata sugli studi neuro anatomici di Hambleton e Wigglesworth (Ottaviano et al., 2001; da Hambleton , Wigglesworth, 1976) è che alterazioni della pressione arteriosa e del flusso ematico nel letto vascolare immaturo della matrice germinativa possano iniziare il sanguinamento.

Due meccanismi sono stati proposti. Il primo prevede che la vasodilatazione cerebrale secondaria all’ipossia e alla ipercapnia porti ad un iperafflusso nel letto capillare della matrice germinativa con incremento della pressione e conseguente rottura dei capillari. Il secondo presuppone che sia l’ipotensione ad alterare l’integrità vascolare, tanto che un successivo incremento della pressione arteriosa possa comportare un versamento dai capillari già lesionati (Ottaviano et al., 2001; da Perry et al., 1990). Entrambi questi meccanismi presuppongono uno scarso controllo dell’autoregolazione del flusso ematico cerebrale che è noto avvenire per un intervallo ristretto di variazioni di pressione nel neonato prematuro. L’ossigeno e l’anidride carbonica sono potenti regolatori del flusso ematico cerebrale. In particolare l’ipossia e l’ipercapnia causano un marcato incremento del flusso cerebrale mentre l’iperossia e l’ipocapnia hanno un effetto opposto anche se meno drammatico. Il flusso ematico cerebrale risponde all’ipossia quando la pressione parziale di ossigeno scende a valori estremamente bassi (12-15 mmHg), mentre la regolazione con la PCO2 avviene per valori fisiologici. L’ipossia e l’ipercapnia possono reversibilmente sopraffare i meccanismi di regolazione del flusso ematico cerebrale legati alla pressione e in queste circostanze il flusso cerebrale diventa “passivo” alle fluttuazioni di pressione, pertanto piccole variazioni della pressione arteriosa possono scatenare l’emorragia.

Per quanto riguarda la leucomalacia periventricolare, oltre a ricordare l’intrinseca vulnerabilità della sostanza bianca periventricolare, in particolare dei giovani, e il non ancora completo differenziamento degli oligodendrociti del prematuro, bisogna tenere presente che le zone che più risentono delle fluttuazioni dell’irrorazione cerebrale sono le cosiddette zone di confine.

La vascolarizzazione dell’encefalo del prematuro è assicurata dai rami penetranti lunghi e corti che dalla superficie della pia madre arrivano rispettivamente nella sostanza bianca della zona profonda periventricolare e nella porzione più sottocorticale. Si tratta di rami terminali che derivano prevalentemente dalla arteria cerebrale media e in minore misura dalle arterie cerebrali anteriore e posteriore e che si sviluppano nell’ultimo trimestre di gravidanza. La capacità di resistere all’insulto dipende essenzialmente dallo stato di sviluppo di questa vascolarizzazione ed è proporzionale perciò all’età gestazionale (Ottaviano et al., 2001).

L’identificazione clinica del neonato prematuro asfittico è più difficile rispetto al neonato a termine a causa dell’immaturità funzionale del sistema nervoso centrale, tanto che segni clinici che indicano depressione del sistema nervoso centrale del neonato a termine possono rappresentare il fisiologico livello di maturazione di un pretermine. In particolare tanto più un neonato è prematuro, tanto più sarà ipotonico, meno vigile e meno saranno sviluppati i riflessi arcaici. Sulla base di scale di valutazione neurologica dei neonati prematuri, il clinico può stabilire se il tono muscolare attivo e passivo, gli stati comportamentali, e i riflessi siano o meno adeguati all’età gestazionale, identificando così anche nel pretermine i segni precoci di una encefalopatia ipossico-ischemica (Ottaviano et al., 2001; da Allen, Capute, 1989; da Dubowitz, 1984).

Considerando gli strumenti utilizzati per la rilevazione di questa patologia, l’elettroencefalogramma è utile per confermare o escludere la presenza di crisi convulsive e attraverso lo studio dell’attività di fondo di stabilire la prognosi a distanza.

Per quanto riguarda la leucomalacia periventricolare è possibile individuare quelle ecodensità periventricolari che esiteranno in lesioni cistiche sulla base del reperto caratteristico di punte rolandiche positive.

Invece, l’ecografia cerebrale transfontanellare, tecnica facente parte delle neuroimmagini, permette di studiare adeguatamente proprio quelle zone ove per ragioni anatomiche si manifesta maggiormente il danno ipossico-ischemico e di usare gli ultrasuoni e non le radiazioni ionizzanti.

Alcune limitazioni sono date dalla difficoltà di distinguere piccole emorragie subependimali da emorragie della matrice germinativa, di diagnosticare piccole quantità di sangue nei ventricoli laterali, soprattutto se si mantengono di dimensioni normali e dalla qualità dell’immagine ottenibile.

La TAC può essere utile per distinguere la natura emorragica o ischemica delle lesioni iperecogene adiacenti ai ventricoli laterali ed al terzo ventricolo anche se il tempo di comparsa, soprattutto nel neonato pretermine, ci può essere di aiuto, essendo probabilmente emorragica una lesione che compare nei primi due giorni di vita ed ischemica quella che compare da giorni fino a settimane dopo la nascita (Ottaviano et al., 2001).

Encefalopatia ipossico-ischemica nel neonato pretermine: prognosi

Riguardo la prognosi, l’andamento di questa patologia nel neonato pretermine può sfociare in un’emorragia di diversità entità e nell’idrocefalia.

Emorragia piccola (gradi 1 e 2 secondo Papile): il sanguinamento è solo a carico della matrice germinativa o irrompe anche nei ventricoli occupandone non più del 10% del volume (grado 1) o fino al 50%, senza distenderli. L’outcome neuro comportamentale di questi bambini è simile ai pretermine di pari età gestazionale senza emorragia: circa il 10% ha deficit maggiori, prevalentemente una diplegia spastica. In età prescolare presentano però una minore coordinazione visuo-motoria, pertanto sono più a rischio per disturbi dell’apprendimento in età scolare.

  • Emorragia moderata (grado 3 secondo Papile): l’emorragia interessa estesamente i ventricoli (più del 50% del volume) causandone la dilatazione. Circa il 40% presenta deficit neurologici maggiori sia motori (diplegia e quadriplegia) che cognitivi. Nelle prime classi elementari circa il 50% ha bisogno di un insegnante di sostegno, e la percentuale sale nelle età successive
  • Emorragia severa (grado 4 secondo Papile): l’emorragia interessa il parenchima cerebrale. Circa l’80% manifesta deficit neurologici maggiori. Tra i disturbi motori l’emiparesi controlaterale al lato dell’emorragia è il più frequente
  • Idrocefalo post-emorragico: l’outcome dei bambini con idrocefalo comunicante che rispondono al trattamento con punture lombari seriate è lo stesso dei bambini con pari grado di emorragia senza dilatazione ventricolare (Ottaviano et al., 2001; da Papile et al., 1983).

Quelli con idrocefalo ostruttivo che richiede intervento chirurgico hanno una prognosi meno favorevole, con un rischio circa doppio di deficit maggiori.

L’intervento stesso di derivazione ventricolo peritoneale è gravato da una discreta mortalità (5-10%) nel post-operatorio, e tra i sopravvissuti il 70% andrà in contro ad infezioni della valvola o malfunzionamenti (Ottaviano et al., 2001; da Dykes et al., 1989).

Al momento attuale sembra che le emorragie peri-intraventricolari di grado moderato-grave siano predittive di outcome sfavorevole. Molto probabilmente non è l’emorragia di per sé a causare i danni quanto piuttosto le lesioni macroscopiche (leucomalacia) o microscopiche e funzionali (attualmente non diagnosticabili con la moderne tecniche di neuroimmagini) ad essa associate.

Prendendo in considerazione il trattamento, lo scopo principale è mantenere adeguate perfusione e ventilazione. Tutti gli sforzi vanno diretti al mantenimento di valori normali di PO2, PCO2, pH, osmolarità, glicemia, e un’adeguata pressione sistemica.

Questo comporta un uso ponderato di colloidi e cercare di ridurre al minimo tutti quegli eventi che causano fluttuazioni della pressione arteriosa quali apnee, pneumotorace, agitazione, procedure dolorose, manovre di accudimento, infusioni endovenose (Ottaviano et al., 2001).

L’emorragia intraventricolare di per sé non richiede nessun trattamento. In passato è stato tentato un approccio terapeutico con punture lombari successive nell’intento di evacuare il sangue e ridurre così l’incidenza di idrocefalo post-emorragico, ma senza successo (Ottaviano et al., 2001; da Ventriculomegaly Trial Group, 1990).

Il trattamento dell’idrocefalo post-emorragico progressivo include, l’esecuzione di punture lombari, la somministrazione di farmaci che riducono la produzione di liquor, la ventricolostomia e lo shunt ventricolo peritoneale. La risposta a questi trattamenti dipende essenzialmente dal tipo di idrocefalo.

Nel caso dell’idrocefalo non comunicante o ostruttivo con rapida dilatazione ventricolare e ipertensione endocranica le punture lombari non sono risolutive. Benché in questi casi la terapia definitiva sia rappresentata dalla derivazione ventricolo-peritoneale, se il bambino è troppo piccolo o non è in condizioni di subire questo intervento si può temporaneamente inserire un reservoir ventricolare da cui eseguire punture quotidianamente.

Nell’idrocefalo comunicante la dilatazione è lenta e progressiva e non comporta ipertensione endocranica. In questi casi è raccomandata l’esecuzione di punture lombari e il tentativo con farmaci che riducono la produzione di liquor. Durante il trattamento è necessario un controllo con ecografia cerebrale settimanale per verificare il buon esito della terapia, al termine del trattamento il monitoraggio va proseguito per diverse settimane (Ottaviano et al., 2001).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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