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Realtà virtuale: nuovo alleato del terapeuta CBT nel trattamento delle paranoie in pazienti con disturbi psicotici?

Recenti studi evidenziano l'efficacia dell'impiego della realtà virtuale nel trattamento della paranoia in pazienti con disturbi psicotici. E' la nuova frontiera dell'esposizione per la terapia cognitivo-comportamentale?

Di Martina Bandera

Pubblicato il 02 Mag. 2018

Secondo un nuovo studio pubblicato su The Lancet Psychiatry la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) basata sulla realtà virtuale può aiutare a ridurre la paranoia e apporta benefici sulla cognizione sociale nelle persone con disturbi psicotici.

 

I ricercatori hanno implementato un disegno di ricerca controllato e randomizzato di terapia cognitivo-comportamentale basata sulla realtà virtuale personalizzata in 116 pazienti con un disturbo psicotico e ideazione paranoide. La ricerca prevedeva sedici sessioni di terapia in realtà virtuale, ciascuna della durata di un’ora. I risultati alla fine delle sessioni sperimentali mostrano una significativa riduzione delle autovalutazioni riferite alla paranoia sia immediatamente dopo il trattamento che in seguito a un follow-up a 6 mesi. Al contrario, il gruppo di controllo trattato con cure classiche quali antipsicotici, consultazioni psichiatriche e trattamenti riabilitativi, ha mostrato un leggero aumento dei pensieri paranoici. Gli autori hanno notato anche modificazione nella cognizione sociale, osservando miglioramenti nel funzionamento interpersonale.

Realtà virtuale in terapia: quali vantaggi offre?

Uno dei grandi vantaggi dell’utilizzo della CBT basata sulla realtà virtuale è quello che essa può essere utilizzata per aggirare alcuni limiti delle terapie più classiche basate sull’esposizione. Nelle impostazioni di realtà virtuale, infatti, l’ambiente e i personaggi possono essere totalmente gestiti dal terapeuta. Ad esempio, lo studio prevedeva lo svolgimento della terapia in 4 ambienti sociali virtuali: nel mezzo di una strada, su di un autobus, all’interno di un bar e in un supermercato. Il terapeuta era in grado di controllare le caratteristiche delle risposte di 40 avatar umani, consentendo in questo modo esercizi di trattamento personalizzati per ciascun paziente.

Gli autori hanno affermato che

[blockquote style=”1″]I pazienti comunicavano con il terapeuta durante la sessione di realtà virtuale descrivendo il pensiero paranoide che scaturiva nella situazione sociale inscenata, permettendo così di abbandonare i “safety behaviors” che solitamente questi pazienti mettono in atto: evitare il contatto oculare, mantenere la distanza e astenersi dalla comunicazione[/blockquote] .

I limiti maggiori della ricerca sono risultati essere: la presenza di un unico follow-up dopo 6 mesi che non ha permesso di stabilire gli effetti a lungo termine di questa forma innovativa di CBT. Inoltre, alcuni pazienti hanno rifiutato di partecipare alla ricerca poiché ritenevano l’ambiente virtuale troppo terrificante, per questo motivo il campione non include i pazienti più paranoici ed evitanti.

In conclusione, appaiono sicuramente necessarie ulteriori ricerche per indagare l’efficacia dell’utilizzo della realtà virtuale all’interno della terapia cognitivo comportamentale, quello che si può affermare è che emergono dati a favore dell’utilizzo di questo tipo di terapia in pazienti con disturbi psicotici e paranoidi, oltre che con i pazienti ossessivo-compulsivi come affermano diversi studi presenti in letteratura.

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