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Ogni cosa è segreta (2014) di Amy Berg – Recensione del film

Il film 'Ogni cosa è segreta' parla di due bambine che si ribellano all’invischiamento materno e della psicopatia infantile. Sullo sfondo, la potenza di due emozioni in genere scarsamente analizzate nell’età evolutiva: l’invidia e la colpa.

Di Ilaria Zeppi

Pubblicato il 30 Mag. 2018

Aggiornato il 29 Ago. 2019 12:22

Ogni cosa è segreta è un film dedicato alla ribellione filiale all’invischiamento materno, alla psicopatia infantile, al femminile e alla potenza di due emozioni in genere scarsamente analizzate in relazione all’età evolutiva: l’invidia e la colpa.

 

Ogni cosa è segreta è una produzione cinematografica del 2014 diretta da Amy Berg, scritta da Nicole Holofcener e tratta dall’omonimo bestseller di Laura Lippman Every Secret Thing, con protagoniste Diane Lane e Dakota Fanning.

Ogni cosa è segreta: come nasce il disagio mentale?

In questo film si svela sin dalle prime battute il fulcro del dramma, il crimine commesso ai danni di una minore e della sua famiglia;  ma sono le caratterizzazioni ed i significati psicologici ad addensarsi nello spettatore lentamente e ad indurlo a riflettere sulla poderosità del sadismo psicopatico, sulla ingerenza del materno, sulla potenza del sentimento di invidia e sulla gravità del sentimento di colpa.

Quanto l’interferenza materna, il direzionamento filiale genitoriale e i messaggi contraddittori parentali possono arrivare ad incidere sulla crescita mentale ed affettiva di una figlia? Quanto le emozioni di invidia e gelosia possono pesare sulla psiche di una bambina al punto da deviarla verso tendenze agite di natura psicopatica? E quanto infine il sentimento di colpa protratto, in aggiunta a comportamenti internalizzati, a bassa autostima e a scarse abilità di espressione emotiva possono tradursi in agiti contro la propria persona? La società, in relazione alle tre questioni suddette, come si pone? A favore di chi è più facile che si schieri, fornendo il suo appoggio? Quali comportamenti ed emozioni infantili ed adolescenziali sottostimiamo o siamo abituati a giustificare, senza intravederne gli esiti a lungo termine?

Ogni cosa è segreta: storie di psicopatie infantili

Il film Ogni cosa è segreta narra la vicenda di due bambine in età scolare, Ronnie Fuller (Dakota Fanning) e Alice Manning (Danielle Macdonald), emarginate, ripudiate dai pari e tristemente trascurate dalla famiglia, che -forzate a trascorrere del tempo insieme- si rendono protagoniste del crimine di un sequestro. Le due bambine vengono rappresentate da subito fisicamente e psicologicamente molto diverse tra loro, pur essendo accomunate da una equiparabile sofferenza. All’età di otto anni appena, sulla strada più ricca della città di Baltimora, trovando sotto una veranda una neonata di colore lasciata nella culla temporaneamente senza custodia, le due bambine la prelevano e la fanno propria come si tratti di una bambola, con l’illusione forse di replicare quelle dinamiche di accudimento che sono state loro negate e che appaiono ingenuamente facili da praticare.

Peccando di superficialità, di incuria e di immaturità, Alice e Ronnie somministrano alla neonata del cibo arrangiato per cani e la tengono nascosta malata in una grotta, fino a condurla alla morte. Tra le due, alle prime avvisaglie di malessere, Ronnie propone ansiosamente e responsabilmente di riportare la bimba alla famiglia, ma Alice -un po’ per malvagità e un po’ per il terrore della sanzione- si mostra in grado di manipolare sadicamente la situazione, paventando all’amica le più terribili conseguenze associate alla riconsegna, sottraendosi alla responsabilità ed intimandole di porre termine alla vita della neonata quanto prima. Passivo il personaggio di Ronnie, che acconsente alle direttive della compagna perché spaventata, meno forte e meno abile a destreggiarsi con il linguaggio e nei dinamismi del sociale. La verità del misfatto è camuffata da Alice anche quando entrambe vengono scoperte: Alice incolpa ostinatamente Ronnie di aver commesso l’omicidio in prima persona, funzionalmente a proteggere la sua reputazione e a soddisfare la sua crudeltà.

Ogni cosa è segreta: le dinamiche patologiche tra 2 bimbe ed una donna

Una piccola psicopatica, Alice, obesa ed invischiata nel rapporto con una madre critica ed intrusiva, seppur apparentemente benevola – il padre assente. Inabile ad integrarsi nella socialità e carica di affetti cattivi verso l’amica e la madre, rappresentate come oggetti persecutori da dominare e da distruggere, in Alice serpeggiano l’invidia, la gelosia e la rabbia sin dai primi dialoghi di Ogni cosa è segreta, emozioni trattenute a stento dal corpo obeso, lo sguardo rancoroso ed abile a respingere con crudezza ogni offerta di aiuto.

Divenuta adolescente ed uscita dalle pareti contenitive del carcere, Alice si dice più volte incredula di essere stata condannata parimenti all’amica, confidando nell’insussistenza di prove a suo carico, e proclamandosi ostinatamente innocente e perseguita ingiustamente. Ma la ragazza non è a conoscenza del fatto che la notte dell’omicidio, sua mamma venne in soccorso di Ronnie consegnandole un giocattolo della figlia con su il nome di Alice da apporre come prova accanto al giaciglio della neonata morta, schierandosi senza titubanze al fine di scagionare la sua pupilla. La mamma di Alice appare in qualche modo intuire gli intenti malevoli della figlia, e rintraccia in Ronnie la bambina che avrebbe desiderato: fragile, buona, devota e ricca di talenti. La donna la ricerca come compagnia più per se stessa che per la figlia, e tenta di proteggerla dalla condanna fino all’estremo sacrificio di Alice.

D’altra parte Alice – divenuta più grande di otto anni – mostra di respingere i suggerimenti materni incalzanti che la esortano ad individuare un’occupazione, ad organizzare sistematicamente il tempo e a riscattarsi dagli anni di carcere minorile: il suo fare nei confronti della madre è oppositivo, provocatorio, sarcastico e manipolativo.

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OGNI COSA E’ SEGRETA – TRAILER DEL FILM:

Ogni cosa è segreta: la crescita di Alice e Ronnie ed un secondo delitto

Alice non è solo inabile a trovare lavoro: è grassa, ritenuta ingovernabile sin da piccola, una probabile riedizione del padre nelle sue fattezze fisiche, ed è allontanata dalla madre in favore di Ronnie, lei che è “sulla sua stessa lunghezza d’onda, dotata di spirito creativo ed idee geniali”. L’invidia che Alice sperimenta in relazione a Ronnie è in diretta relazione con la gelosia per la madre, ma finisce con il riguardare altre sue qualità, che rimandano ad Alice un profondo senso di inadeguatezza: Ronnie è magra, delicata, ispira fiducia e seppur mesta e cupa si sa rapportare con gli altri. Alice la spia mentre esce dal lavoro e ne segue la dimensione quotidiana con sguardo malevolo e sentimento profondo di rivalità. Lo stile comunicativo di Alice è aggressivo e pungente, e già da bambina si mostra palese il suo desiderio non soddisfatto di accettazione e riconoscimento. La madre occulta anche a se stessa l’esito disastroso della sua funzione genitoriale, e mostra ambivalenza tra accudimento petulante ed ostilità velata. Irritata dal corpo della figlia, dalla sua indolenza e dalla sua ribellione, rivela uno stile parentale tipicamente ipercoinvolto, ove rimbalzano le pressioni reiterate, le comunicazioni contraddittorie e gli sforzi ad apparire cordiale. Alice appare fissata ad una mancata integrazione dell’oggetto originario materno, le cui parti scisse negative ha fagocitato, annichilito al suo interno come oggetti parziali persecutori e proiettato sin dalle prime fasi infantili all’esterno, sottoforma di agiti ed intenti malevoli. Alice è concentrata sull’ottenimento di un riscatto per se stessa, e il grasso di cui si circonda sin da bambina funge da scudo in grado di respingere ingerenze, rifiuti e contatti autentici con l’alterità.

Ronnie è esile, fatica ad emanciparsi dalla bassa provenienza sociale e da un passato di neglect familiare, ma si sforza di inserirsi in un’occupazione dopo l’esperienza del carcere minorile. All’interno del suo esercizio viene rappresentata stretta dalle abitudini manipolative della clientela, dalla falsità di tutta una serie di manovre che non condivide. Ronnie sarà tre volte vittima: del suo background familiare e culturale che le esaspera la fatica del riscatto sociale, dell’essersi resa colpevole e debole nel cedimento all’amica, dell’essere complice della predilezione accordatagli dalla madre di Alice. Si tratta di colpe che la ragazza non espierà mai fino all’ultimo agito del suicidio nella vasca da bagno. Ronnie è la rappresentazione sofferta della tensione emotiva trattenuta tra i denti, dell’emarginazione silente, della dignità e dell’anelito inespresso ad un mondo leale e corretto, caratteristiche tutte che – associate alla sua mitezza e alla sua riservatezza- finiscono con il renderla il personaggio ingiustamente e dolorosamente perdente dell’intera vicenda.

In Ogni cosa è segreta, il personaggio della madre di Alice, la sig.ra Manning (Diane Lane), merita anch’esso un’approfondita analisi: vittima di un’esistenza di gratificazioni assenti, tiranneggiata dalla figlia che il suo rifiuto e la sua ingerenza hanno reso falsamente obbediente, oggetto di rivendicazioni da parte dei genitori dei bambini cui insegna, è alla ricerca di un oggetto buono su cui investire e da proteggere, che individua nella piccola Ronnie. Pur apparendo insistente, intrusiva, falsamente incoraggiante ed allusiva, preoccupata di restituire la figlia ad una immagine approvata socialmente e priva della capacità di accedere ad un dialogo autentico con la stessa, la donna finisce con il soggiacere alle manovre di ricatto quotidiane di Alice.

Esattamente otto anni dopo l’avvenuto sequestro della neonata, una nuova bimba viene sottratta ai suoi genitori all’interno di un esercizio commerciale di salotti. La dinamica degli interrogatori che le forze dell’ordine attivano per il ritrovamento della bambina richiama in causa le due ragazze quali potenziali soggetti aggressori. Alice seguita miratamente e perversamente a dirottare le indagini sull’amica Ronnie, dicendola ancora unica colpevole dell’antico misfatto: è perfetta l’interpretazione di Danielle Macdonald, assente di rimorso, vergogna e colpa. Ronnie piuttosto scappa alle forze dell’ordine, inquieta ed ostile, rendendosi oggetto di una più probabile focalizzazione dei sospetti. Ma il colpo di scena che inchioda Alice alla sua responsabilità di aver deliberatamente sottratto la bambina dal salone espositivo e di seguitare ad occultare la verità a fini perversi, ne tratteggia più pienamente il profilo. All’interno delle mura del carcere minorile, Alice si sarebbe sentita desiderata da un addetto alle pulizie, lo avrebbe attirato a sé e avrebbe agito integralmente la libertà fino ad allora impeditale fuori: il desiderio di godere una sessualità altrimenti negatale, di consentirsi la trasgressione e l’espressione più ampia della propria femminilità, la conduce a concedersi senza filtri la relazione sessuale con quell’uomo, a farsi ingravidare e a pretendere di tenere il bambino. Ma la mamma di Alice ancora una volta intrude nel suo sogno, la strappa temporaneamente al carcere, la assiste nel parto e poi cede la bambina in adozione. Una soluzione che appare essere la più ovvia alla donna per sostituirsi alla figlia, ritenuta irrecuperabilmente malata, e rimediare al suo ennesimo errore. L’esito di tale ennesima privazione e disconoscimento del sé e delle proprie volontà condurrà Alice -una volta fuori dal carcere- ad alimentare astio e rancore e a passeggiare infinitamente sola per le strade della sua cittadina fino ad individuare quella che crede essere sua figlia. Le pare di intravederla nel salone espositivo per divani, riconoscendola da un segno epidermico e – aggirando lo sguardo dei genitori- senza alcun pensiero di poter loro arrecare dolore, prende con sé la piccola, fiera della sua rivalsa e della sua restituita proprietà.

Ogni cosa è segreta: l’epilogo

Totalmente dissonante con la drammaticità e la gravità della vicenda è il finale del film Ogni cosa è segreta, che vede Alice ergersi su di un pulpito e alla luce del sole – spalleggiata da avvocati terzi e perfettamente consapevole dei suoi diritti – proclamare ai giornalisti e ai media la sua intenzione di perseguire la madre, di ottenere la giustizia per sé e di riprendersi il frutto della sua maternità e la sua pretesa libertà. Sullo sfondo la Sig.ra Manning, oggetto delle profonde accuse della figlia, attonita, sbigottita di fronte al procedere degli accadimenti, vittima ella stessa di responsabilità genitoriali che ha creduto di assumersi per il bene e che ora le si ritorcono contro, impersonate dal mostro di figlia che le incede davanti, onnipotente ed indiscussa, appoggiata dai media, dalle istituzioni, dalle agenzie di trasmissione locali, e resa libera di perpetrare la sua psicopatia contro di lei, a reclamare l’innocenza ed una serie di diritti per sé che appaiono anacronistici nell’attualità e non più accordabili.

Il film sembra sostenere, nella sua conclusione, una condanna rivolta tanto alla particolarità dell’agire materno, vischioso ed ipocrita, quanto al facile appoggio conferito ad Alice dalla medialità e da una società tutta, che non ha saputo affiancare, monitorare, prevenire otto anni prima, e che sa intervenire solo oggi davanti ad un dramma replicato nella sua tragicità, aggiudicando difesa e notorietà a colei che si designa a gran voce impropriamente e con ardire psicopatico la martire ultima di un intero sistema educativo ed istituzionale.

 

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