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Fenomenologia e prassi dell’ascolto in psicologia giuridica – Report dal Convegno di Palermo

Si è svolta lo scorso 15 maggio scorso, presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo, la Giornata di Studio 'Fenomenologia e prassi dell'ascolto in psicologia giuridica' che ha riunito, in un fitto dialogo, il mondo della Psicologia e della Giurisprudenza.

Di Angela Ganci

Pubblicato il 22 Mag. 2018

Minori dalle infanzie problematiche, vittime di trascuratezze e violenze, bambini contesi, abusati o essi stessi autori di abusi: questo il filo conduttore della Giornata di Studio svoltasi il 15 maggio scorso presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo e che ha riunito, in un fitto dialogo, il mondo della Psicologia e della Giurisprudenza

 

Minori dalle infanzie problematiche, vittime di trascuratezze e violenze, bambini contesi, abusati o essi stessi autori di abusi: in ogni caso, soggetti disconosciuti nei propri bisogni affettivi e identitari, figli di famiglie le cui competenze genitoriali carenti necessitano di essere rafforzate attraverso azioni competenti di professionisti esperti nell’ascolto e nella ri-progettazione di un percorso evolutivo compromesso, irto di problematicità, ma al contempo di potenzialità di sviluppo, legate alla giovane età.

Questo il filo conduttore della Giornata di Studio svoltasi il 15 maggio scorso all’interno dell’Aula Baviera presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo e che ha riunito, in un fitto dialogo, mondo della Psicologia e della Giurisprudenza nel compito di delineare le buone prassi a cui ogni professionista deve adeguarsi per garantire al minore ascolto, tutela, cura e benessere delle relazioni, innanzitutto all’interno del delicato territorio dei procedimenti di adottabilità, quindi in quello della valutazione delle competenze genitoriali e del conflitto separativo.

L’ascolto di un minore può essere distorto, negato, laddove per definizione un minore è titolare di diritti, primo tra i quali il diritto all’ascolto, quale momento alto di cura e protezione del minore – apre i lavori Serena di Marco, Psicoterapeuta e Giudice Onorario Tribunale per i Minorenni di Palermo – In particolare mi riferisco al bambino adottabile il cui ascolto permette di valutare la sua motivazione al progetto adottivo nonché la capacità di distinguere una famiglia sana da una non sana. È importante sottolineare quanto la capacità di discernimento di un minore in stato di adottabilità e, per definizione, vittima di legami disfunzionali, sia diminuita a causa dei traumi vissuti. Attraverso un ascolto attento, inoltre, il bambino può immaginare un futuro diverso, che nel contempo lo proietta in uno spazio incerto, ignoto, relativo a una famiglia perduta e a una ancora non acquisita, conosciuta.

Marika di Trapani, psicoterapeuta, aggiunge:

Anche nella valutazione delle competenze genitoriali il ruolo del consulente tecnico di ufficio è di creare una cornice valutativa dei bisogni del minore, attraverso un ascolto attivo, partecipato, cogliendo le risorse del conflitto genitoriale e indagando la struttura di personalità dei genitori, nell’ottica di mantenere con entrambi una continuità relazionale.Da qui la necessità di un’attenta analisi degli atti documentali, l’osservazione domiciliare e i colloqui individuali con il minore.

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO LE IMMAGINI DELL’EVENTO:

La prassi dell'ascolto in psicologia giuridica - Report dall'evento - IMM 1

La prassi dell'ascolto in psicologia giuridica - Report dall'evento IMM 2

Figura non meno importante dello psicologo, l’avvocato, ha il dovere deontologico di cura del minore e di attenzione al suo superiore interesse, soprattutto se questi è vittima di separazione conflittuali, all’interno di dinamiche familiari nocive. In questo caso l’ ascolto impossibile, almeno in quanto divieto di contatto diretto con il minore, riveste una funzione protettiva del suo benessere.

Il Codice deontologico dell’Avvocato sancisce il divieto di contatto con il minore – sottolinea Marta Barresi, Avvocato – In questo contesto il minore non può essere alleato di una guerra che spesso un genitore porta avanti contro l’altro, per cui l’avvocato non deve mai colludere con il cliente, che lo spinge, per esempio, a parlare con il figlio desideroso di collaborare per risolvere i litigi tra mamma e papà, o peggio parteggiare per il papà o la mamma, quindi suggestionato a difendere un genitore a scapito dell’altro.

E ancora, l’ ascolto che cura quale compito congiunto di Psicologia e Giurisprudenza nei confronti tanto di bambini vittima di abusi che di autori di reato.

Se parliamo di minore abusato non possiamo trascurare il fatto di trovarci di fronte a un compito di ascolto complesso e coinvolgente – spiega Rosanna Militello, psicoterapeuta – Se vivere dentro la non invasione dei confini e il giusto calore è fondamentale per una sana crescita, ben si comprende il vissuto tragico del minore abusato e le risonanze emotive forti degli operatori dell’ascolto. Di fronte a questi vissuti, l’operatore deve porsi la domanda: Come mi pongo io di fronte alle cose sporche? Come posso supportare un bambino oltraggiato, con un Sé frammentato, incapace di capire cosa è giusto e cosa è sbagliato? Ecco che un lavoro di analisi personale è quanto mai importante per creare la giusta distanza e non lasciarsi travolgere da racconti scomodi, sull’onda dell’impeto dell’Io ti salverò. Ecco la necessità di porsi in un’ottica fenomenologica perché gli esperti non sono mai neutrali e noi operatori stessi possiamo essere vittime di brutture che possono pregiudicare il lavoro fin dall’inizio. Empatizzare con la sofferenza, ma anche distanziarsi scientificamente dalle rivelazioni: l’operatore deve porsi in un’ottica falsificazionista e valutare adeguatamente i racconti che si qualificano come falsi abusi.

Ancora la risonanza emotiva, la gestione delle emozioni di chi si prende cura risultano al centro dei compiti di una psicologia che voglia definirsi davvero curativa, supportiva, per gli autori di violenza.

Chi è il minore abusante? Se volessimo delinearne un profilo, sicuramente alcune aree distintive sono l’alessitimia, da cui la distanza emotiva dal reato, un sistema di attaccamento carente e il disimpegno morale – spiega la Professoressa Angela Maria Di Vita, già Professore Ordinario di Psicologia Dinamica dell’Università degli Studi di Palermo – Curare l’ascolto del minore abusante significa permettergli la costruzione di una bugia, ovvero la messa in atto, molto frequente, di meccanismi di minimizzazione del reato e di attribuzione di colpa alla vittima, compendiata nella frase “Mi ha sedotto”. Un ascolto che può destare inquietudine nell’operatore, fastidio, a tal fine, affinché lo spazio di ascolto non rischi di essere giudicante, moralistico, pena la non costruzione di un’alleanza terapeutica, sicuramente suggerirei la creazione di gruppi di operatori al fine di condividere la risonanza emotiva provocata dalla rivelazione dell’abuso. Inoltre molto utile è l’utilizzo di gruppi terapeutici rivolti ai minori che, attraverso la condivisione di storie di altri abusanti, che hanno già iniziato un processo di ravvedimento, permettano di fornire una visione altra, riflessiva, rispetto all’agito del reato, su cui l’influsso del gruppo è determinante.

Non meno rilevante l’attenzione al minore dal punto di vista di un’informazione sul processo penale quale atto di sincerità in grado di aprire spazi di collaborazione con la giustizia e ravvedimento interiore.

E’ essenziale che il minore venga informato sul processo penale, in particolare in merito alla durata e fatto che sarà ascoltato più volte, In questi casi l’ascolto del minore dovrebbe avvenire il meno possibile, perché l’ascolto reiterato approfondisce il trauma – dice Maria Vittoria Randazzo, Procuratore della Repubblica presso Tribunale per i Minorenni di Palermo – Curare il minore autore di reato, ascoltare i suoi bisogni, implica una molteplicità di aspetti, quali proporre un avvocato che funga da interfaccia con la spersonalizzazione tipica del processo. D’altra parte è importante informare il minore circa la responsabilità delle sue dichiarazioni, a partire dai quattordici anni, stimolando nel contempo la sua appartenenza a un processo penale a carattere pubblico che mira a ristabilire la giustizia, la riparazione del danno e la sua reintegrazione nella società.

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Angela Ganci

Psicologia & Psicoterapeuta, Ricercatrice, Giornalista Pubblicista.

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