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Memoria autobiografica: scopi e funzioni nella nostra vita quotidiana

La memoria autobiografica ha tre funzioni principali: pianificare i comportamenti presenti e futuri, sviluppare una percezione di continuità rispetto alla propria storia di vita, sviluppare e mantenere le interazioni sociali. Esistono però alcune differenze nel modo in cui essa viene utilizzata nel corso della vita.

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 27 Apr. 2018

Negli ultimi anni la memoria autobiografica è stata oggetto di numerose ricerche che hanno avuto come focus concettuale il capire come essa agisca, qual è la sua finalità e perché alcuni episodi della propria vita sono meglio ricordati di altri.

 

Relativamente all’utilizzo della memoria autobiografica da parte degli individui, essa viene usata per tre scopi ben precisi, ovvero per pianificare i propri comportamenti presenti e futuri, per sviluppare la percezione della continuità della propria storia di vita, per avere cognizione delle interazioni sociali che si sono strutturate nel tempo (Bluck e al., 2005).

 

Primo scopo della memoria autobiografica: la pianificazione del comportamento

Riguardo alla prima funzione, è noto come l’esperienza passata, che entra a far parte della memoria autobiografica, serva a direzionare le condotte del presente e del futuro. In pratica, le informazioni desunte dalla propria storia di vita diventano un archetipo che dirige la capacità di decidere per il presente e per il futuro e fungono da ancora a cui l’individuo può aggrapparsi nei momenti di incertezza (Baddley, 1988; Bluck e al., 2005). Inoltre, le informazioni desunte dalla memoria di tipo autobiografico costituiscono una cognizione utile per capire il comportamento degli altri, inquadrandoli in una cornice di continuità e di prevedibilità, con l’obiettivo di capire meglio il contesto sociale nel quale si vive (Robinson e Swanson, 1990). In aggiunta, la memoria autobiografica ha una funzione di apprendimento che si palesa, soprattutto, in ambito morale, ossia le condotte del passato possono aiutare l’individuo a comportarsi diversamente, laddove i propri comportamenti sono stati fonte di sofferenza per l’alterità (Bluck e Gluck, 2004).

Secondo scopo: garantire un senso di continuità e di stabilità del sé

Riguardo alla seconda funzione, la memoria autobiografica gioca un ruolo importante in quanto fornisce i costrutti necessari a creare una stabile e duratura immagine di sé. In altre parole, le notizie ricavate dalla propria autobiografia sotto forma di ricordi danno il senso di continuità che accompagna il proprio divenire. In pratica, malgrado l’individuo possa fare esperienze disomogenee e frammentarie nel suo arco di vita, la memoria di tipo autobiografico crea l’unitarietà dell’agire come specchio di un sé che si è costruito nel corso del tempo e questo assicura il senso dell’identità personale (Bluck e Alea, 2008).

Terzo scopo: sviluppare e mantenere le relazioni sociali

Relativamente alla terza funzione, ossia quella sociale, la memoria autobiografica serve a selezionare e a far perdurare le relazioni sociali. In altri termini, attraverso la memoria autobiografica il soggetto sceglie quali relazioni sociali coltivare e consolidare e quali, invece, recidere, in quanto i ricordi delle interazioni sociali passate divengono un’unità di misura con cui soppesare le nuove conoscenze sociali (Bluck e al., 2005; Rasmussen e Habermas, 2011).

L’utilizzo delle tre funzioni a cui è deputata la memoria autobiografica varia nel corso del ciclo di vita. Come differenti ricerche hanno evidenziato (Baltes e al., 2016; Vranić e al., 2018), esiste una differenza generazionale nell’uso della memoria autobiografica. Infatti, i soggetti più giovani (età media 28 anni) tendono ad utilizzare più frequentemente, rispetto alle persone più anziane (età media 60 anni), la memoria autobiografica per dirigere i propri comportamenti e per avere la continuità e la stabilità del proprio sé. Le stesse ricerche, inoltre, hanno mostrato che le donne si servono più degli uomini della memoria autobiografica per calibrare le proprie azioni.

In conclusione, la memoria autobiografica è adoperata per tre ragioni principali, ossia per meglio calibrare le proprie condotte, per sviluppare il senso del sé e per selezionare i rapporti sociali.

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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Baddeley, A. (1988). But what the hell is it for?, in Gruneberg, M.M., Morris, P.E., Sykes, R.N. (a cura), Practical Aspects of Memory: Current Research and Issues, Vol. 2., New York: John Wiley & Sons, 1–18.
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  • Rasmussen, A.S., Habermas, T. (2011). Factor structure of overall autobiographical memory usage: the directive, self and social functions revisited. Memory, 19, 597–605. DOI: 10.1080/09658211.2011.592499
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  • Vranić, A, Jelić, M, Tonković, M (2018). Functions of Autobiographical Memory in Younger and Older Adults. Front. Psychol., 9:219. DOI: 10.3389/fpsyg.2018.00219
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