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Guarire la frammentazione del Sé – Report dal Workshop con Janina Fisher, 7-8 Aprile 2018

Nelle giornate del 7 e 8 Aprile 2018, Janina Fisher ha tenuto un workshop, Guarire la frammentazione del sé, sul tema del trauma e della dissociazione, con importanti riferimenti alla teoria dell’attaccamento, alle neuroscienze, alla mindfulness e alla psicoterapia sensomotoria.

Di Ilaria Cosimetti

Pubblicato il 11 Apr. 2018

Janina Fisher è una psicoterapeuta molto nota per la sua esperienza clinica e formativa nell’ambito del trauma. Nelle giornate del 7 e 8 Aprile 2018 ha tenuto un workshop, Guarire la frammentazione del sé, in cui ha affrontato il tema della dissociazione, con importanti riferimenti alla teoria dell’attaccamento, alle neuroscienze, alla mindfulness e ovviamente alla psicoterapia sensomotoria.

 

 Janina Fisher è una psicoterapeuta molto nota per la sua esperienza clinica e formativa nell’ambito del trauma. È vicedirettrice del Sensorimotor Psychoterapy Institut e ha lavorato presso il Trauma Center, fondato da Bessel van der Kolk.

In queste due giornate formative la Fisher affronta il tema della dissociazione, con importanti riferimenti alla teoria dell’attaccamento, alle neuroscienze, alla mindfulness e ovviamente alla psicoterapia sensomotoria.

Il workshop prende il via con queste sue parole:

Possiamo dirci guariti nel momento in cui accettiamo noi stessi, ci perdoniamo per quello che è successo arrivando addiritura ad amarci.

Janina Fisher: quando l’attaccamento diventa traumatico

Ma è la qualità dell’ attaccamento da bambini a determinare l’ attaccamento che da adulti abbiamo verso noi stessi, la nostra capacità di consolarci e perdonarci. Ecco perchè Janina Fisher riprende la teoria dell’attaccamento con particolare attenzione agli effetti nocivi sullo sviluppo nervoso di un attaccamento traumatico. I genitori disponibili supportano i figli piccoli nella gestione delle loro emozioni più intense, aiutandoli a sviluppare un’ampia finestra di tolleranza (Siegel, 1999), un range all’interno del quale le diverse intensità di attivazione emotiva e fisiologica possono essere integrate senza interrompere la funzionalità del nostro sistema, permettendoci così di dare un significato alle esperienze integrando le informazioni del nostro mondo interno con quelle provenienti dall’esterno.

Se i genitori invece creano paura perchè abusano o trascurano, il bambino reagirà con impulsività o si paralizzerà restringendo così lo spazio in cui può fare esperienza di emozioni che si sente in grado di poter gestire. Traumi ripetuti o esperienze negative prolungate possono infatti compromettere la nostra capacità di sintonizzarci con il range ottimale di attivazione a favore di modalità di iper o ipo attivazione.

Il fallimento dell’ attaccamento genitoriale interferisce inoltre con l’interiorizzazione di un senso del Sé coerente: rinnegare bisogni che non possono essere soddisfatti o emozioni inaccettabili può essere adattivo ma il prezzo da pagare è l’alienazione dal Sé e la frammentazione.

Accanto così ad una parte che ha bisogno di continuare a funzionare nella quotidianità, c’è una parte emotiva che a sua volta può contare al suo interno diverse parti.

L’ ARTICOLO CONTINUA DOPO LE IMMAGINI

Janina Fisher: Guarire la frammentazione del Sé - Report dal workshop - IMM. 1

Imm. 1 – Strategie difensive delle Parti del Sé (Fisher, 2009)

Janina Fisher: Guarire la frammentazione del Sé- Report dal workshop - IMM.2

Imm. 2 – Le risorse delle Parti (Fisher, 2006)

 

Ognuna di queste parti dissociate strutturalmente si manifestano in reazioni difensive ma una delle cose più importanti da trasmettere ai pazienti è che non si tratta di parti “cattive” poichè ognuna nasconde in sé una risorsa, una sorta di dono di cui hanno bisogno tutti gli esseri umani. Ecco allora che anche la parte che attacca, che può essere quella che induce a gesti autolesivi, è anche quella che potrebbe invece darci coraggio per affrontare le situazioni più difficili.

La maggior parte di noi ignora l’esistenza di queste parti che nel corso della giornata si alternano in modo rapido sul palcoscenico del nostro mondo interno e allora la psicoterapia diventa l’opportunità per ascoltare questa comunità interiore che parla un linguaggio soprattutto di sensazioni e d’impulsi.

La prima giornata del workshop Guarire la frammentazione del Sé si chiude a tal proposito con la visione di un filmato di una terapia di coppia in cui Janina Fisher aiuta i partner a riconoscere proprio il ruolo delle loro parti bambine all’interno della loro relazione.

Guarire la frammentazione del Sé: il blending e unblending

All’avvio della seconda giornata del workshop, Janina Fisher ci parla del blending (fusione) per descrivere cosa accade quando un’emozione prende il sopravvento: il paziente suicidario per esempio spesso si fonde con la parte suicida, si identifica completamente con la disperazione ed è proprio questa identificazione a determinare la patologia. Il paziente deve essere invitato alla curiosità, una parola più volte ripetute da Janina Fisher in queste due giornate dell’incontro Guarire la frammentazione del Sé, per mettere in discussione l’idea che lui effettivamente sia la parte in cui si sente completamente immerso. Il terapeuta deve aiutare il paziente a capire che le emozioni più difficili sono solo emozioni di una o più parti di lui e per stare meglio dovrà imparare a distanziarsene.

Il terapeuta diventa allora un interprete simultaneo per tradurre nel linguaggio delle parti la narrazione del paziente che avviene invece in prima persona (“io faccio sempre degli errori” → “ecco la parte del bambino che pensa di sbagliare sempre”). Questo nuovo linguaggio incrementa la mindfulness, utile per disidentificarsi dal sintomo (“sono un fallimento” → “sta passando in me questo pensiero di fallimento”) in primo luogo perchè il semplice dirsi che una parte di noi è ansiosa, anzichè attribuire alla nostra intera persona questo stato emotivo, porta già ad una dimunizione del livello di ansia, avendo il linguaggio un effetto diretto sul corpo.

L’ unblending (scissione) è proprio questa capacità di notare una parte e disidentificarsi da essa in quanto una delle tante: si può notare un’emozione, una sensazione ed anche un pensiero senza necessariamente identificarsi in esso. Il passo successivo è comunicare empatia per la parte identificata, perché vogliamo che il paziente provi simpatia e desiderio di accudimento verso il bambino coraggioso che si è ribellato alla mamma aggressiva o verso il bambino che taceva per proteggersi dalla possibilità di cadere vittima di abuso.

Quando il paziente ha queste emozioni positive verso le sue parti è il momento buono per “riparare” l’attaccamento, per curare la memoria di una rottura precoce che si nasconde dietro a emozioni di vergogna, paura e tristezza. Se è vero che i ricordi che abbiamo sono codificati nelle reti neuronali e non possono cambiare è anche vero che possiamo creare nuove reti che fanno sì che il ricordo venga inserito in un nuovo percorso, conferendo quindi ad esso un finale diverso.

Lo scopo del lavoro con le parti è proprio questo: accettare quello che di brutto è accaduto ma darsi la possibilità di scrivere un lieto fine, “tenendo il nostro sé bambino nel marsupio del nostro sé adulto”.

Il workshop Guarire la frammentazione del Sé si è concluso dopo due giornate intense, ricche di spunti per migliorare la nostra parte “terapeuta” ma anche per far riflettere sulle nostre altre parti interne.

 

 

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