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Disturbi del comportamento dirompente: tratti calloso-anemozionali e basi neurali

Da un punto di vista neuroscientifico, sono stati condotti molti studi che hanno suffragato l'ipotesi di una causa biologica alla base dell'insorgenza dei Disturbi del Comportamento Dirompente. Tuttavia anche l'ambiente ha un ruolo chiave nella genesi e nell'evoluzione di questi disturbi.

Di Federica Fiorilli

Pubblicato il 16 Apr. 2018

I Disturbi del Comportamento Dirompente, le cui più note espressioni si ritrovano nel Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) e il Disturbo della Condotta (DC), sono patologie con sviluppo precoce che possono evolversi in più gravi disordini comportamentali appartenenti alla sfera della personalità antisociale.

 

Nello studio dei Disturbi del Comportamento Dirompente sono state considerate diverse variabili che vanno da fattori biologici a quelli più prettamente psicosociali e sono state proposte osservazioni psicologiche e neuroscientifiche in grado di descrivere in parte i meccanismi all’origine delle difficoltà comportamentali riscontrate durante lo sviluppo.

Il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) e il Disturbo della Condotta (DC) possono trovarsi in associazione, dal momento che è stato osservata, in modo significativo, la presenza di comportamenti oppositivo-provocatori in giovani che hanno successivamente sviluppato problemi di condotta, tuttavia non ci sono consensi unanime a conferma del fatto che un Disturbo Oppositivo Provocatorio presente durante l’infanzia avrà necessariamente un’evoluzione in un Disturbo della Condotta.

La classificazione del Disturbo Oppositivo Provocatorio

Diversi autori hanno avanzato proposte di classificazione del Disturbo Oppositivo Provocatorio sulla base di aspetti temperamentali e comportamentali che variano da soggetto a soggetto e che possono successivamente presentare manifestazioni problematiche nella condotta. Burke e colleghi (2010) hanno suddiviso il disturbo in due tipologie: il DOP negative affect con facilità ad impermalosirsi, arrabbiarsi e ad essere dispettoso, spesso associato a psicopatologia depressiva, e il DOP opposition con tendenza alla perdita di calma, alla sfida e alla discussione e primariamente associato a problemi di condotta.

Similmente Stringaris e Goodman (2009) hanno proposto tre sottogruppi. Il primo, il DOP irritable, si caratterizza per essere facilmente infastidito, arrabbiato e risentito, e le manifestazioni comportamentali riguardano principalmente scoppi d’ira frequenti; il DOP headstrong, testardo, vìola le regole, discute con gli adulti, infastidisce intenzionalmente gli altri dando spesso loro la colpa delle proprie azioni; infine, il DOP hurtful rivela connotati aggressivi e di insensibilità. É chiaro che tali suddivisioni abbiano carattere per lo più descrittivo, in quanto è possibile che diverse manifestazioni temperamentali e comportamentali si sovrappongano l’una con l’altra creando patterns specifici per ciascun soggetto; ciononostante considerare tali aspetti in modo distinto potrebbe aiutare a comprendere più nel dettaglio il disturbo in tutte le sue varianti psicopatologiche e proporre interventi appositi.

I Disturbi del Comportamento Dirompente e i tratti calloso-anemozionali

Un altro fattore preso in considerazione nello studio dei Disturbi del Comportamento Dirompente riguarda i tratti calloso-anemozionali (callous-unemotional, CU), da sempre considerati elementi cruciali nella psicopatia (Frick, 2008) e caratteristici di quei soggetti, bambini e adolescenti, che mostrano mancanza di senso di colpa, mancanza di empatia e superficialità emotiva, e che possono ritenersi un sottogruppo specifico di Disturbi del Comportamento Dirompente con rischio aumentato di evoluzione in personalità antisociale.

I tratti calloso-anemozionali sono stati presi in esame per comprendere i motivi alla base della disregolazione emotiva che si ritrova in alcuni soggetti con problemi di condotta mentre in altri no, e il ruolo che riveste l’aggressività in tali manifestazioni emotive. L’insensibilità ai vissuti degli altri, l’assenza di senso di colpa e quindi la tendenza alla manipolazione che si ritrova nei soggetti con tratti calloso-anemozionali, conducono all’idea che l’aggressività sia strumentale al raggiungimento dei propri scopi (aggressività proattiva) e dunque è raro assistere a disregolazioni emotive eccessive. Viceversa, individui con problemi nella sfera della condotta che non presentano tratti calloso-anemozionali, mostrano un’aggressività di tipo reattivo che si palesa a seguito di situazioni sociali attivanti (provocazioni, umiliazioni ecc.) ed è stata associata a contesti ambientali sfavorevoli ed a inefficienza nelle cure parentali (Wootton, 1997). La difficoltà nella regolazione emotiva potrebbe trovare origine in una forte suscettibilità a situazioni sociali emotivamente attivanti che si traduce in agiti impulsivi a seguito dei quali il bambino/adolescente, senza tratti calloso-anemozionali, potrebbe provare pentimento.

Disturbi del Comportamento Dirompente: esiste una causa biologica?

Da un punto di vista neuroscientifico, sono stati condotti molti studi che hanno suffragato l’ipotesi di una causa biologica alla base dell’insorgenza del Disturbo Oppositivo Provocatorio e del Disturbo della Condotta.

Sappiamo che il bambino, affinché sviluppi capacità sociali che gli permettano di far parte di un gruppo, deve accrescere la sensibilità agli stimoli-ricompensa che lo spingano a mettere in pratica con maggiore probabilità comportamenti ritenuti socialmente adeguati e, allo stesso tempo, ha la necessità di imparare ad astenersi da comportamenti inappropriati attraverso un’adeguata elaborazione delle conseguenze che certi tipi di comportamento avranno su di sé e sugli altri.

Disturbi del Comportamento Dirompente e sensation seeking

Recenti ricerche forniscono dati a sostegno di una ridotta sensibilità alla ricompensa in soggetti con Disturbi del Comportamento Dirompente (DOP o DC) e ciò potrebbe spiegare il perché tali soggetti ricerchino costantemente sensazioni forti (sensation seeking) attraverso la trasgressione di regole e, in generale, attraverso comportamenti socialmente inadeguati: le normali attività fonte di piacere in soggetti sani (come la condivisione, il gioco ecc.) non produrrebbero il medesimo effetto piacevole rendendo dunque necessaria la ricerca di sensazioni di grado più intenso. La difficoltà nell’elaborazione della ricompensa e il fenomeno di sensation seeking potrebbero trovare origine dalla riduzione dell’attività della corteccia orbitofrontale che è stata riscontrata in soggetti con Disturbo della Condotta, dal momento che questa area è deputata all’elaborazione degli stimoli associati a ricompensa e una sua disfunzione potrebbe favorire la propensione alla frustrazione e conseguenti agiti aggressivi (Blair, 2004).

È stata inoltre osservata una ipoattivazione del sistema autonomo che interessa la frequenza cardiaca a riposo, la quale associata a disfunzioni dei circuiti della ricompensa fornirebbe spiegazioni aggiuntive circa la difficoltà da parte di soggetti con Disturbo della Condotta ad esperire sensazioni piacevoli per attività che soggetti sani giudicano piacevoli e avere quindi una tendenza a comportamenti delinquenziali (fino a vera e propria antisocialità) per far fronte a sensazioni di noia.

L’ emozione di paura

Anche l’inibizione di comportamenti ritenuti socialmente inopportuni riguarda aree cerebrali specifiche, la cui attività è risultata deficitaria in soggetti con Disturbo della Condotta. Un bambino, affinché comprenda l’impatto di alcuni comportamenti verso se stesso e verso gli altri, e quindi impari a valutare in maniera appropriata stimoli negativi, ha bisogno di sviluppare la capacità di prevedere le ripercussioni sfavorevoli a seguito di determinati comportamenti e ciò può essere agevolato da una certa sensibilità all’emozione di paura. L’emozione di paura, come le altre emozioni di base, possiede una forte funzione informativa circa l’ambiente esterno (gli altri, il mondo) e interno (vissuti personali, stati mentali) e come tale può influenzare il modo in cui ci comportiamo e rapportiamo con i nostri simili. Una buona elaborazione della paura è estremamente importante al fine dell’adattamento, in quanto ci preserva da agiti e situazioni che potrebbero minare la nostra sicurezza, sia fisica (pericoli ambientali/situazionali) che psichica (allontanamento/esclusione sociale), rivestendo dunque un ruolo vitale per la sopravvivenza.

A livello neurobiologico, a spiegazione della mancata acquisizione di consapevolezza dei propri agiti socialmente negativi, è stata osservata una riduzione di sostanza grigia nell’amigdala (principale aree di elaborazione della paura) in adolescenti con problemi di condotta con e senza psicopatia, molti dei quali mostravano comorbilità con il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD). L’insensibilità all’emozione di paura è causa di aumentato rischio di problemi nella socializzazione, poiché non cogliendo i segnali informativi che fornisce tale emozione, sarà difficile per il bambino o adolescente inibire comportamenti pericolosi. La ridotta capacità di cogliere segnali interni (“questo comportamento è rischioso, potrei farmi male”) ed esterni (“capisco che quel bambino ha paura a causa di un mio comportamento, rischio di essere escluso”) o ancora l’incapacità di prevedere esiti negativi futuri (“questo comportamento potrebbe provocare conseguenza negative per me stesso, meglio non metterlo in atto”), aumenta il rischio di sviluppare gravi problemi di socializzazione che potrebbero incrementare la sensazione di esclusione e una riprovevole immagine di sé (“sono cattivo, nessuno vuole stare con me”).

Il ruolo delle funzioni esecutive nei Disturbi del Comportamento Dirompente

Sempre da un punto di vista neuroscientifico, l’inibizione di comportamenti socialmente inopportuni a favore di comportamenti pro-sociali, necessita di un controllo cognitivo che viene attuato attraverso le funzioni esecutive. Le funzioni esecutive sono quei processi mentali quali attenzione, pianificazione, memoria di lavoro, inibizione di risposte inappropriate, flessibilità nell’adattarsi ai cambiamenti ambientali, decison making, il cui compito principale è quello di ottimizzare le risorse mentali ed il comportamento in un ambiente in continuo mutamento.

La porzione cerebrale sede delle funzioni esecutive è la corteccia prefrontale, sebbene esistano moltitudini di interconnessioni neuronali tra aree frontali ed aree sottocorticali coinvolte anch’esse nel controllo inibitorio, decision making e attenzione, oltre che nel circuito della ricompensa. In soggetti con Disturbi del Comportamento Dirompente, in particolare con Disturbo della Condotta è stata trovata una riduzione di sostanza grigia nelle aree prefrontali; in aggiunta, una ipoattivazione nei lobi frontali è stata ripetutamente associata a violenza, nello specifico è stato riscontrato che un danno alla corteccia orbitofrontale porta ad aggressività impulsiva (Brower, 2001).

Disturbi del Comportamento Dirompente: l’importanza dell’ambiente

Come in molti disturbi psicopatologici, i Disturbi del Comportamento Dirompente presentano cause multifattoriali ancora non del tutto chiare e spiegabili. La neurobiologia fornisce una chiave di lettura importante nella comprensione di queste manifestazioni comportamentali invalidanti da un punto di vista sociale e psichico, le quali possono avere una prognosi favorevole se individuate per tempo e trattate con terapie mirate.

Ad esempio, molti studi hanno ipotizzato un ruolo cruciale dell’ambiente nel plasmare i tratti calloso-anemozionali, presupponendo che insensibilità e mancanza di empatia, in associazione ad agiti aggressivi, siano il prodotto di una storia evolutiva caratterizzata da abuso o rifiuto da parte delle figure genitoriali, incapaci di accudire la prole o apertamente maltrattanti. Crescere in un ambiente privo di vicinanza e intimità, rende difficile lo sviluppo di capacità empatiche e abilità sociali; deficit d’empatia in aggiunta a fattori di vulnerabilità biologica vanno così a facilitare l’insorgenza di gravi disturbi comportamentali, i quali a loro volta condurranno il soggetto a una progressiva esclusione sociale, incrementando il rischio di un’evoluzione antisociale.

Un’intervento tempestivo che aiuti l’individuo ad incrementare l’empatia, sostenendolo nello sviluppo di una Teoria della Mente e nell’accrescimento delle abilità sociali, intervenendo inoltre sul contesto e sulle dinamiche familiari, è un passo fondamentale affinché la prognosi risulti favorevole e il bambino/adolescente tragga benefici a livello psicologico e sociale.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Blair R. J. R. (2004). The roles of orbital frontal cortex in the modulation of antisocial behaviour. Brain and Cognition, 55, 198–208.
  • Brower M.C, Price B.H (2001), Neuropsychiatry of frontal lobe dysfunction in violent and criminal behaviour: a critical review. Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry, 71:720–726.
  • Burke J.D., Hipwell A.E., & Loeber R. (2010). Dimensions of oppositional defiant disorder as predictors of depression and conduct disorder in preadolescent girls. Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, 49, 484–492.
  • Frick P. J., & White S. F. (2008). Research review: The importance of callous-unemotional traits for developmental models of aggressive and antisocial behavior. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 49, 359–375.
  • Frick P.J., Cornell A.H., Bodin S.D., Dane H.E., Barry C.T., Loney B.R. (2003). Callous–Unemotional Traits and Developmental Pathways to Severe Conduct Problems. Developmental Psychology, Vol. 39, No. 2, 246–260
  • Stringaris, A., & Goodman, R. (2009). Three dimensions of oppositionality in youth. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 50, 216–223.
  • Wootton, J. M., Frick, P. J., Shelton, K. K., & Silverthorn, P. (1997). Ineffective parenting and childhood conduct problems: The moderating role of callous–unemotional traits. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 65, 301–308.
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