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La forma dell’acqua (2018) di Guillermo del Toro: la psiche che condiziona il nostro sguardo sul mondo – Recensione del film

La forma dell'acqua, il nuovo film fantastico di Guillermo del Toro contiene un evidente messaggio: l’ amore non può essere fermato, può nascere ovunque e tra chiunque e il diverso non è un qualcosa da temere o tenere lontano e isolare, poiché anch’esso può provare e donare amore.

Di Guest

Pubblicato il 12 Mar. 2018

La psiche può condizionare profondamente il nostro sguardo sul mondo, la nostra weltanschauung, lo dimostra La forma dell’acqua, il film fantastico che Guillermo del Toro, dopo La Spina del Diavolo e il Labirinto del Fauno, torna a proporre al grande pubblico.

Pier Francesco Galgani

 

Le emozioni possono avere una forma? O meglio, ciò che custodiamo dentro di noi può influenzare i sensi tattili, visivi, olfattivi? Il nostro più intimo universo può sovvertire la realtà delle cose tanto da creare un legame indissolubile tra una donna e un essere d’aspetto sgradevole? Si. La psiche può condizionare profondamente il nostro sguardo sul mondo, la nostra weltanschauung. Lo dimostra La forma dell’acqua, il film fantastico (Oscar 2018 migliori lungometraggio, regia, colonna sonora e scenografia) che Guillermo del Toro, dopo La Spina del Diavolo e il Labirinto del Fauno, torna a proporre al grande pubblico.

La forma dell’acqua: la trama

Questa volta però, al centro della storia, sempre sopra le righe, mai banale e al limite del fiabesco, c’è il sentimento più antico del mondo e che, secondo molti, permette alla civiltà di continuare a sopravvivere: l’ amore. La trama de La forma dell’acqua è estremamente semplice: la nascita di un rapporto particolare e profondo che si origina tra due esseri molto simili.

Da una parte, Elisa, donna delle pulizie (interpretata dall’attrice britannica Sally Hawkins), priva della parola, intrappolata in una vita solitaria, con i giorni sempre uguali gli uni agli altri, nessuno scossone né diversivi. Nella sua esistenza, vuota come un deserto, la principale risorsa che le permette di continuare a vivere è il suo animo sensibile, chiuso in lunghi silenzi, pur in mezzo a folle gracchianti, ma pronto a farla rifugiare in fantasie e sogni ad occhi aperti, anche in pieno giorno.

Dall’altra, la creatura mostruosa, scoperta in Sudamerica e condotta negli Usa con la forza, dove in un laboratorio super segreto, il governo federale la studia e cerca di carpirne i segreti, in una rincorsa continua con Mosca, la patria del comunismo, che, solo pochi anni prima era riuscita a inviare il primo satellite nello spazio e poi il primo uomo in orbita, umiliando Washington e la sua classe dirigente.

 

L’ARTICOLO CONTINUA DOPO IL TRAILER DEL FILM LA FORMA DELL’ACQUA:

 

Non sono pochi, durante il film La forma dell’acqua, i richiami alla competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica per la supremazia mondiale: la pellicola è infatti ambientata nei primi anni ’60, quando i contrasti tra le due superpotenze raggiunsero la massima intensità. Non manca il riferimento alla guerra delle spie – con i suoi omicidi improvvisi e atroci – e ad altri inequivocabili segni del momento. Emblematica, la voce del presidente Kennedy che pronuncia il discorso di avvio della crisi dei missili di Cuba, diffuso come un mantra nelle strade e nelle case della gente comune. Tensioni interne ed internazionali che trovano espressione nei toni cupi che informano i fotogrammi, a simboleggiare l’oscurità e la paura riflesse nel quotidiano di chi visse quell’epoca.

Anche l’immagine dell’essere, studiato da una torma di scienziati in camice bianco e con i tipici capelli a spazzola dei quegli anni, è un chiaro richiamo ai miti di quel periodo storico, come i leggendari alieni di Roswell che, secondo molti, dopo il tragico incidente del 1947, sarebbero stati esaminati per anni nelle gallerie sotterranee della mitica Area 51. Un essere metà uomo e metà pesce, sottoposto ad ogni genere di violenza ed esperimenti che, nella condizione di cavia da laboratorio, incapace a comunicare ed esprimere quello che prova ai suoi aguzzini se non con gemiti e risposte furibonde alle continue angherie, troverà il suo riscatto dapprima intrecciando un rapporto timoroso, ma pieno di comprensione con la muta Elisa, e poi trasformando quei timidi contatti, rivelatori di una inaspettata sintonia con la sognatrice umana, in un sentimento di amore.

I due protagonisti de La forma dell’acqua si trovano a fronteggiare condizioni di disagio purtroppo molto simili. Lui, sradicato da una bucolica realtà di acque e foreste amazzoniche, scaraventato in un mondo ostile e violento, in cui nessun essere umano ha i mezzi per – o, forse, non vuole – comprendere cosa provi o desideri. Un estraniamento dalla realtà, quello della creatura, favorito anche dalla diversità di aspetto e di modo d’essere. Difformità che genera un comportamento ambivalente nei suoi torturatori: da una parte un sentimento di paura istintiva, dall’altra la volontà di porre una barriera fatta di percosse e catene volta a tenere a bada non solo la sua forza fisica, ma anche le sue doti taumaturgiche, ben consapevoli di essere di fronte ad un essere destinato a distinguersi dalla massa e proprio per questo da soffocare, un po’ come accade spesso nelle opere di Franz Kafka.

La donna, solo in apparenza perfettamente integrata nella società americana del suo tempo, non ha, in realtà, un posto ben preciso nel mondo. Semplicemente non è, non ha un ruolo se non quello legato al suo lavoro. Solo una collega di colore e un vicino di casa misantropo e poco socievole si accorgono di lei e della sua esistenza. Per gli altri, è un essere anonimo che tenta di sollevarsi da un mondo che non le parla al cuore e che non fa nulla per accoglierla. La solitudine e le identiche condizioni di soggetti avulsi da una realtà che li respinge e li isola sono il fondamento da cui sboccia l’ amore tra due esseri esteriormente molto diversi: Elisa, la ragazza minuta e solitaria e la creatura, un ibrido tra uomo e pesce con sembianze mostruose, capace però di mostrare, con gli occhi e le espressioni del volto, un animo sorprendentemente umano.

La forma dell’acqua e l’amore verso il diverso

Il messaggio de La forma dell’acqua è evidente: l’ amore non può essere fermato, può nascere ovunque e tra chiunque e il diverso non è un qualcosa da temere o tenere lontano e isolare, poiché anch’esso può provare e donare amore. La scelta del regista di adottare dei contrasti tra luci e ombre per descrivere le tensioni internazionali di quegli anni, assume, poi, nel rapporto tra Elisa e la creatura, un significato molto diverso.

L’oscurità caratterizza la loro esistenza quotidiana, mentre la luce e i colori caldi e brillanti danno forma e sostanza ai momenti in cui i due si congiungono, ritrovando la loro essenza più pura. Molto toccante e piena di pathos, è la scena finale de La forma dell’acqua in cui gli amanti, finalmente liberi dalle costrizioni e dal dolore della realtà in cui sono costretti a vivere, si uniscono in un intenso amplesso che fa immaginare una loro ascesa negli abissi dove, come nella migliore tradizione delle fiabe, sarebbero vissuti felici e contenti.

Completano il cast la collega e amica di Elisa, Zelda, interpretata dall’attrice Octavia Spencer, che la sostiene sempre e comunque e che con la sua mimica facciale e i suoi occhi espressivi dà al film un tocco di ironia e talvolta di ilarità e Richard Jenkins, nei panni di Giles, il vicino di casa di Elisa e suo unico amico, insieme a Zelda, segretamente omosessuale e alle prese con altalenanti fasi della sua attività di designer pubblicitario. Una menzione a parte merita il cattivo della pellicola: il colonnello Strickland, capo del laboratorio dove venivano effettuati gli esperimenti sulla creatura e suo principale aguzzino. Ad impersonarlo, l’americano Michael Shannon, con le sue azioni al limite del paranoico e le sue movenze facciali nel contempo viscide e feroci. Ma i particolari che lo riguardano sono quelli più truculenti e, forse, meno adatti ad un lungometraggio che si muove sull’impronta di una nuova favola moderna.

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