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Risocializzazione e ravvedimento nel carcere per i minori. La parola al direttore dell’IPM di Palermo

Riabilitazione, promozione del benessere, progettualità educativa sono i pilastri dell'IPM di Palermo, fortmente sostenuti dal Direttore M. Capitano

Di Angela Ganci

Pubblicato il 02 Mar. 2018

L’ articolo 27 della Costituzione, sottolinea la finalità risocializzante di ogni trattamento penitenziario, la necessità della presa di consapevolezza delle proprie scelte di vita disfunzionali e di un ravvedimento che si concretizzi nell’adesione alle norme sociali di civiltà.

 

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”: così recita l’articolo 27 della Costituzione, sottolineando la finalità risocializzante di ogni trattamento penitenziario, la necessità della presa di consapevolezza delle proprie scelte di vita disfunzionali, di un ravvedimento che si concretizzi nell’adesione alle norme sociali di civiltà.

Una funzione di reintegrazione sociale che, al di là di ogni intento puramente afflittivo, mira a dare fiducia, a promuovere crescita, sviluppo e senso di appartenenza, in particolar modo per i minori autori di reato.

Riabilitazione, promozione del benessere, progettualità educativa, pilastri su cui si fonda l’attività dell’Istituto Penale per i minorenni (IPM) di Palermo, fortemente sostenuta e coordinata dal Direttore Michelangelo Capitano.

Ai giovani, tra i 14 e i 18 anni, deve essere assicurata una crescita adeguata, non bisogna quindi interrompere i percorsi evolutivi in atto, semmai correggere quelli che si discostano dalla previsione delle norme – spiega Capitano – Il Codice di Procedura penale minorile (D.P.R. 448/88, uno tra i più avanzati e studiati al mondo, anche dopo 30 anni dalla sua emanazione) prevede una serie di misure atte a far uscire il minore autore di reato dal circuito penale nel più breve tempo possibile, senza però abbandonarlo alla propria sorte.

Ravvedimento e revisione critica delle scelte di vita: possibilità date da un carcere che educhi al legame sociale in quanto bene collettivo a cui tutti sono chiamati a contribuire, all’interno di un contesto di osservazione e trattamento mirati. Questa la ratio del carcere minorile, da considerarsi sempre come scelta estrema e solo per i reati gravi/gravissimi.

Il carcere per i minori è sicuramente la misura estrema voluta dalla legge, non tanto per preservare la società, quanto per consentire al minore di avere un periodo di riflessione e di poter elaborare, molte volte lontano da condizionamenti familiari e sociali, una propria aspettativa di vita, aiutato in questo, dalle professionalità coinvolte (educatori, polizia penitenziaria, assistenti sociali, psicologi, ma anche insegnanti e volontari) – continua Capitano – L’apporto di tutti è indispensabile per far comprendere le regole della convivenza civile, il rispetto dell’altro e la valorizzazione delle proprie abilità, al fine di vivere una vita all’insegna della legalità e del progresso. Una vita nuova a cui molti ragazzi rispondono con sfiducia, richiamando un senso di impotenza nelle proprie capacità, nel farcela, nonché di sfiducia verso una società considerata spesso nemica, non tutelante.

La risocializzazione nel carcere per i minori la parola al direttore dell'IPM di Palermo - Michelangelo Capitano

Michelangelo Capitano, Direttore dell’ IPM di Palermo

Una vita spesa nella legalità, in quanto monito interno, presa di coscienza profonda, empatica, della violazione dei diritti di un altro essere umano, obiettivo raggiunto attraverso il contatto diretto con la parte offesa.

Per far comprendere il significato di ravvedimento cito un episodio di qualche anno fa – racconta il Direttore – Avevamo invitato all’interno di un’iniziativa, alcuni funzionari di banca per un corso sull’imprenditorialità. A margine dell’incontro, uno dei funzionari ha cominciato a narrare il proprio vissuto durante una rapina subita tanto tempo prima, quello che aveva provato, la paura, i pensieri. A un certo punto un ragazzo, sempre più a testa bassa, si è avvicinato ed abbracciandolo gli ha detto “Grazie mi ha fatto capire quello che pensava”: era lui l’autore della rapina e in quell’abbraccio aveva voluto, fisicamente, fargli sentire la sua vicinanza emotiva. Elaborare il reato anche sotto questo punto di vista, del dolore della vittima, può essere una remora a ricommetterlo.

Quali sono nello specifico le attività rieducative dell’IPM di Palermo e che valenza formativa detiene il lavoro?

A oggi l’IPM di Palermo propone varie attività tese al reinserimento sociale, come scuola, formazione, sport, lavoro. Nel caso del lavoro alcuni ragazzi sono sposati, convivono, qualcuno ha figli e il limitato sostentamento della famiglia diventa un modo di sentirsi utili, parte integrante di una società che non li abbandona, dà loro fiducia, rispetto e responsabilità produttive, e rispetto alla quale modificare un atteggiamento classico volto al danneggiamento e al reato. Situazione dolente per la formazione professionale, sospesa da due anni in Sicilia, con grave danno ai ragazzi, che perdono un’occasione per poter acquisire una professionalità. Abbiamo attivato dei corsi professionalizzanti (edile, falegname/ferro, giardiniere) affidando ad alcuni artigiani il compito di passare le competenze del mestiere ricomponendo quel clima di andare a bottega nel quale l’imparare il mestiere comprendeva il rispetto del maestro, del cliente e del lavoro. Tante iniziative, ma il nostro vanto è sicuramente il laboratorio dolciario “Cotti in fragranza”, un biscottificio all’interno della struttura, ma fuori dalla sezione detentiva, pensato per i giovani che escono dall’istituto, per accompagnarli al loro reinserimento. I biscotti sono adesso presenti anche nella grande distribuzione; il processo produttivo è seguito dai ragazzi. I nomi dei biscotti (Buonicuore al mandarino, Parrapicca al limone e zenzero, Coccitacca alla cioccolata di Modica e arancia) sono stati scelti da loro, così come il packaging e le strategie industriali. Esistono poi tante altre collaborazioni con Istituzioni e con professionisti: voglio citare a titolo esemplificativo, il Museo Salinas con il quale abbiamo appena concluso un Corso di restauro di vasellame del II secolo a. C., e l’Istituto Zooprofilattico Siciliano (con un corso di caseificazione di prossima attivazione). Decine e decine di persone che hanno deciso di donare un po’ del loro tempo ai ragazzi dell’Istituto: e, come dico spesso proprio ai ragazzi, si può comprare quasi tutto, ma il tempo che ci viene dedicato – in qualunque momento – non si può comprare.

Il lavoro, anzi l’idea del lavoro, come deterrente di ulteriori reati in quanto garanzia di regole funzionali di vita, formazione alle abilità e alla loro spendibilità sociale, al rispetto di sé e dell’impegno preso, e non ultimo garanzia di sostentamento economico.

Ciò che vogliamo trasmettere ai nostri ragazzi è l’idea del lavoro. L’idea del lavoro significa capire che è dal lavoro che deve derivare il proprio reddito, il proprio tenore di vita; significa essere puntuale, mettere la massima attenzione in ciò che si fa per il rispetto e la valorizzazione di un’opportunità che viene offerta e non può essere data per scontata. Lavorare, con una remunerazione giusta, significa, per moltissimi ragazzi non dover delinquere. In tanti anni di lavoro non ho mai visto un ragazzo felice per aver commesso un reato, piuttosto ne ho visti tanti dispiaciuti per non esser riusciti a evitarlo.

Il carcere quindi come misura rieducativa efficace, ma sempre nell’ottica di un’ultima ratio a cui deve essere sempre preferita un’azione massiccia di prevenzione dei reati.

La permanenza in un istituto penale per i minorenni è una misura residuale nella legislazione italiana. Si devono creare occasioni per far diventare questa misura ancora più residuale. Si deve agire prima, con una prevenzione nei quartieri, nelle scuole. Spesso si dice che la prevenzione costa, ma quanto costa, non esclusivamente in termini economici, la commissione di un reato? Qual è il prezzo del dolore della vittima, del dolore dei familiari, del dolore dello stesso reo, del suo senso di inadeguatezza nei confronti della società? Qual è il prezzo che paghiamo tutti, per un ragazzo che deve stare in carcere tanti anni, qual è il prezzo per un reato che non consente un’azione riparatoria, un tornare indietro? È necessaria un’attenzione politica al mondo dei giovani in un’ottica di lotta alla povertà educativa e sociale perché questa aumenta le diseguaglianze economiche, non permettendo la piena inclusione sociale con alti costi per la società: da questo punto di vista la vicinanza del Sindaco Orlando, dell’Assessore Mattina, ma anche del Consiglio Comunale di Palermo mi fanno ben sperare per il futuro di questa Città. L’auspicio, per il nostro lavoro, è di riuscire a restituire alla società dei buoni cittadini preparati ad affrontare la vita con la dignità di uomini liberi – conclude Capitano.

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Angela Ganci
Angela Ganci

Psicologia & Psicoterapeuta, Ricercatrice, Giornalista Pubblicista.

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