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Quando le cognizioni influenzano le amicizie tra bambini

E' stato dimostrato che le amicizie tra bambini possono essere influenzate dalle emozioni e dalle intenzioni benevoli o negative che vengono attribuite ai pari.

Di Greta Riboli

Pubblicato il 02 Mar. 2018

I ricercatori del dipartimento di psicologia dello sviluppo dell’Università dell’Illinois hanno indagato quali siano gli aspetti capaci di predire la qualità dell’amicizia tra bambini.

 

Le intenzioni attribuite ai pari influenzano la qualità delle amicizie

Le amicizie giocano un ruolo importante nell’adattamento psicologico e comportamentale dei bambini, in particolare questo aspetto diventa fondamentale durante il passaggio alla fase adolescenziale.

L’ipotesi dei ricercatori è che ciò che i bambini pensano riguardo alle intenzioni dei loro pari (ad esempio, benigne o ostili) e le emozioni che provano a riguardo possano influenzare la qualità delle proprie amicizie.

I partecipanti allo studio sono stati 913 bambini (di cui 50% femmine e 50% maschi, di età compresa tra i 9 ed i 12 anni) ed i loro amici. I soggetti sono stati osservati durante attività interattive in cui sono stati presentati scenari definiti dai ricercatori negativi e ambigui (esempio: computer rotto da un pari), nei quali veniva chiesto come interpretare l’intenzione del pari a seconda dello scenario presentato (esempio: “Il pari intendeva rompere il computer o è stato un incidente?”). I ricercatori hanno interpretato i risultati che attribuivano intenzionalità al pari come pregiudizio ostile, mentre i risultati che si riferiscono ad un’assenza di intenzionalità del pari come pregiudizio benigno.

È stata inoltre indagata l’intensità emotiva, intesa come la tendenza del bambino a sperimentare ed esprimere emozioni forti.

È emerso che coloro che, all’età di 9-10 anni, attribuivano intenzionalità al comportamento del pari e riportavano alti livelli di intensità emotiva, all’età di 11-12 anni vivevano interazioni più negative. Mentre, un pregiudizio di attribuzione di natura più benigna all’età di 9-10 anni, combinato con un’alta intensità emotiva, prevedeva un’interazione positiva tra pari all’età di 11-12 anni.

Come mai l’intensità emotiva riveste un ruolo così importante, se combinata a pregiudizi ostili o benigni? Per gli autori, l’intensità emotiva può servire da carburante che stimola il comportamento, ma solo la tipologia di pregiudizio (ostile o benevolo) può determinare la direzione dell’interazione.

Così, per i bambini che hanno un pregiudizio ostile è più probabile che agiscano e si impegnino in interazioni negative con gli amici quando tale pregiudizio è alimentato da intense emozioni. Allo stesso modo, i bambini che hanno un pregiudizio benigno intraprenderanno un comportamento più positivo con i pari, specialmente quando tale pregiudizio è alimentato da emozioni intense”, ha detto McElwain.

Una possibile spiegazione, che però non trova conferma nel presente studio e potrà dunque costituire un futuro sviluppo incentrato su specifici comportamenti, riguarda l’ipotesi che coloro che percepiscono le interazioni tra pari come benigne all’età di 9-10 anni, potrebbero successivamente iniziare comportamenti pro-sociali e condividere più interazioni positive, mentre coloro che percepiscono le interazioni come ostili, potrebbero essere più predisposti ad attaccare i propri amici e/o ritirarsi dalle interazioni.

L’importanza di riconoscere e ridimensionare i pregiudizi verso gli altri

Tale studio riveste un ruolo importante in quanto alcune amicizie sono una grande risorsa contro lo stress, mentre altre possono costituire elementi di conflitto e rivalità.

I genitori e gli insegnanti possono contribuire ad aiutare i bambini nello sviluppo di relazioni di qualità.

Spiegare quanto emerso a genitori ed insegnanti può aiutare loro a comprendere questo aspetto e lavorarci sopra, riconoscendo i pregiudizi ostili e minimizzandoli. Nell’arco temporale che precede l’adolescenza i bambini iniziano sempre più a riflettere sui propri pensieri e le distorsioni cognitive si aprono a possibili cambiamenti. Chen aggiunge: “Gli adulti possono aiutare i bambini, che mostrano cognizioni negative, modellando le opinioni positive sugli eventi negativi quando la situazione lo richiede. Un esempio potrebbe essere quello di dire al bambino: «Non penso che intendesse versare il latte sui tuoi compiti. È stato un incidente»”.

Spesso, un primo buon passo nel minimizzare i pregiudizi è riconoscere che esistono. “Durante l’adolescenza, i bambini sono sempre più in grado di discutere e riflettere sulle proprie cognizioni, quindi, questo periodo di sviluppo, in particolare, può essere uno in cui le cognizioni negative e le distorsioni sono aperte ai cambiamenti“, spiega McElwain.

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