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Roots and Leaves. Radici e sviluppi contestualisti in terapia comportamentale e cognitiva (2016) – Recensione

Il libro Roots and leaves tratta delle radici e degli sviluppi del contestualismo in Italia all'interno della terza ondata del cognitivismo.

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 26 Feb. 2018

Roots and Leaves. Radici e sviluppi contestualisti in terapia comportamentale e cognitiva di Roberto Anchisi, Paolo Moderato e Francesca Pergolizzi è la definitiva autobiografia e al tempo stesso il manifesto programmatico di un gruppo di operatori dal ben preciso indirizzo culturale all’interno del panorama della psicoterapia cognitiva e comportamentale italiana: l’indirizzo contestualista.

 

Le radici del contestualismo nel libro Roots and leaves

Il libro Roots and leaves racconta le radici (roots) di questa scuola, di come si sia sviluppata nel mondo e in Italia. È una storia diversa dalla vulgata che prevede uno sviluppo lineare a tre ondate del cognitivismo clinico: dal comportamentismo alla psicoterapia cognitivo-comportamentale ai recenti sviluppi processualisti. Una storia in cui ogni ondata era un frutto maturo della precedente che germogliava senza conflitti e senza incomprensioni, anzi con la benedizione del predecessore.

Non è propriamente così, e il libro racconta bene come il contestualismo, che a sua volta appartiene alla terza ondata processualista ma ne è solo una parte e non la esaurisce, nasca da una sorta di rivolta delle radici comportamentali contro lo stadio intermedio, la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Quello tra Beck e i comportamentisti fu un matrimonio meno felice di quel che sembrava, con uno dei coniugi, il comportamentismo, meno contento dell’altro e che per un po’ mise a tacere le sue perplessità a favore dei vantaggi che ne ricavava: l’esperienza clinica che Beck aveva e che invece i comportamentisti, va detto, avevano colpevolmente trascurato preferendo troppo fare solo i ricercatori accademici. La terza onda nasce anche da questo, dall’emancipazione dei comportamentisti che finalmente si sono dati intensamente all’attività clinica e hanno deciso di scrollarsi di dosso quel che non li convinceva nella tradizione beckiana.

Che si diventi più consapevoli di questo sviluppo contrastato e meno lineare è un bene per il cognitivismo italiano, troppo spesso catturato da una evoluzione diversa che attraverso il costruttivismo si avvicina sempre più alla psicodinamica, tentando un’integrazione con la corrente relazionale di quell’orientamento che è legittima, ma appartiene ad altre rotte e altri lidi rispetto al mainstream cognitivo e comportamentale.

La svolta del contestualismo

La svolta processualista invece, lungi dall’essere un’integrazione, somiglia per alcuni versi più a una potatura e a una semplificazione che però non pecca di semplicismo. Il processualismo –e al suo interno il contestualismo– non stanno tentando nessuna integrazione con concetti esterni alla tradizione cognitiva: non ci sono contaminazioni con procedure e modelli psicodinamici, relazionali, interpersonali e così via.

Semplificazione fino a un certo punto, intendiamoci. Il contestualismo è anche a sua volta una corrente affascinata dalla complessità, e questa complessità è appunto il contesto. Come tutte le complessità questa componente può piacere o non piacere, si può amare o odiare. Gli stessi autori ammettono che questo concetto è a rischio di scarsa operatività e di eccessiva flessibilità, uno di quei concetti che per spiegare troppo non prendono la mira su uno di quei colli di bottiglia riduzionisti che sono la forza della scienza occidentale, riduzionista e tecnologica. Sarebbe però ingeneroso non prendere atto anche della ricchezza di spiegazioni cliniche che ci concede il contestualismo, soprattutto nella formulazione del caso.

Gli sviluppi del contestualismo in Italia

Il secondo merito del libro Roots and leaves sta nella descrizione degli sviluppi, le foglie (leaves) del contestualismo in Italia, con la particolare attenzione che sempre ha prestato il comportamentismo italiano alle applicazioni sugli ostacoli clinici dell’apprendimento. I contestualisti, che sono i figli di quella tradizione, non la smentiscono e aggiungono a quella vecchia specializzazione una nuova attenzione ai vari disturbi classificati secondo il manuale DSM a cominciare dall’ansia, dimostrando così che la loro adesione al contestualismo non è ideologica e che, quando è il momento, sanno recuperare la lezione del vecchio Beck riguardo la preziosità delle diagnosi psichiatriche.

Un libro quindi raccomandabile, e l’unica critica che si può rivolgere è una certa prolissità e eccessiva abbondanza di capitoli, in un tentativo –comprensibile- di dare voce a tutti gli sviluppi del contestualismo italiano. È un difetto veniale: per ovviare basta leggere il ricco indice e scegliere quel che ci interessa.

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Roberto Anchisi, Paolo Moderato e Francesca Pergolizzi (2016). Roots and Leaves. Radici e sviluppi contestualisti in terapia comportamentale e cognitiva. Franco Angeli.
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