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L’emozione di paura è assemblata nella corteccia prefrontale – Report dal convegno con Joseph Ledoux

Si è tenuto a Febbraio, a Roma, il convegno “Anxiety”. Per l'occasione Joseph Ledoux ha presentato una versione aggiornata della sua teoria sulla paura

Di Francesco Mancini

Pubblicato il 19 Feb. 2018

Il 10 e 11 Febbraio si è svolto a Roma un interessante convegno intitolato Anxiety organizzato dalla Italian Psychoanalytic Dialogues e dalla International Neuropsychoanalysis Society; la main relation è stata tenuta da uno speaker d’eccezione, Joseph Ledoux.

 

Dopo almeno tre decenni dedicati allo studio dei correlati neurali di ansia e paura e dopo aver ben identificato il ruolo della amigdala, Joseph Ledoux (2017) ha formulato una versione aggiornata della sua teoria.

La tesi sostenuta da Joseph Ledoux merita di essere riassunta e diffusa perché pone qualche difficoltà all’ approccio bottom up alle emozioni. Ledoux parte da una osservazione: la parola “paura”, nel linguaggio comune fa riferimento al feeling che invade la nostra coscienza quando riteniamo di essere in pericolo, e la riconosciamo in noi stessi grazie alla introspezione, e negli altri per manifestazioni direttamente osservabili, come il freezing, la fuga, i tremori, le espressioni facciali. Invece, osserva Joseph Ledoux, con lo sviluppo delle neuroscienze il termine “paura” è utilizzato di solito in riferimento a uno specifico stato di attivazione del circuito neurale che coinvolge l’amigdala e che media tra gli stimoli minacciosi e le reazioni di difesa.

Per alcuni, riduzionisti eliminativisti, il riconoscimento del ruolo di questo circuito neurale consentirebbe di dar conto della esperienza della paura in modo oggettivo, senza far riferimento a descrizioni che utilizzano un linguaggio psicologico introspettivo considerato non oggettivo e inaccurato.

Altri ritengono che il sentimento soggettivo della paura sia istanziato nell’amigdala, vale a dire che essa sia il substrato della esperienza della paura. Un terzo approccio, quello proposto in precedenza da Joseph Ledoux stesso, ipotizza l’esistenza di due circuiti della paura, uno subcorticale e inconscio, l’altro corticale, prefrontale e conscio. Il primo, implicito, renderebbe ragione delle reazioni fisiologiche e comportamentali della paura, il secondo, esplicito, della esperienza soggettiva della paura.

Joseph Ledoux: tra paura e difesa

In realtà, suggerisce Ledoux, il termine “paura” va riservato soltanto alla esperienza conscia della paura, mentre il termine “paura” non andrebbe proprio utilizzato quando si parla del circuito sottocorticale che coinvolge l’amigdala. Questo andrebbe denominato, invece, circuito della difesa e della sopravvivenza, la cui attivazione non è una condizione necessaria e nemmeno sufficiente per provare l’emozione di paura. Infatti:

  • L’esperienza soggettiva di ansia e paura non correla bene con le misure di risposte fisiologiche e comportamentali di difesa
  • Pazienti con danni della amigdala non hanno le normali risposte fisiologiche alle minacce, ma hanno l’esperienza soggettiva della paura e del panico
  • Minacce processate soltanto a livello inconscio implicano un aumento della attività della amigdala e attivano risposte fisiologiche periferiche, anche quando la persona rimane inconsapevole della minaccia e non sperimenta la paura
  • L’esperienza della paura non è connessa ad un singolo circuito subcorticale ma anche a circuiti coinvolti nella termoregolazione, equilibrio dei liquidi corporei, regolazione della energia oltre a quelli più noti connessi con la difesa dai predatori.

In sintesi, Joseph Ledoux trae alcune conclusioni. Il termine “paura” va riservato all’esperienza conscia della paura e non va utilizzato per l’attivazione del circuito della amigdala. L’esperienza soggettiva della paura emerge in circuiti corticali come risultato della integrazione di informazioni nella memoria di lavoro, informazioni che riguardano rappresentazioni sensoriali e vari ricordi, informazioni che possono provenire anche dalla attivazione del circuito cerebrale che coinvolge l’amigdala e dedicato alla difesa e alla sopravvivenza, e anche dai feedback che provengono dalle risposte corporee.

Il circuito che coinvolge l’amigdala va denominato circuito di difesa e sopravvivenza e la sua attivazione non è una condizione né necessaria né sufficiente per l’esperienza soggettiva della paura. L’esperienza della paura è assemblata nella corteccia, in particolare in quella prefrontale, e non nelle strutture sottocorticali.

Può essere interessante aggiungere un dato emerso da un nostro esperimento (Couyoumdjian, 2016). L’ipotesi era che la riduzione della valutazione negativa della propria emozione di paura, in soggetti con fobia specifica, avrebbe ridotto la paura degli stimoli fobici. I partecipanti erano pazienti con fobia specifica e con un problema secondario, cioè valutavano negativamente se stessi per il fatto di avere la fobia. Ad esempio, molti di loro si giudicavano fifoni e vigliacchi. Con un intervento strettamente cognitivo, il doppio standard, abbiamo ridotto la valutazione negativa che davano di se stessi per la loro fobia.

Il risultato è stato che la reazione fisiologica (misurata tramite la Hearth Rate Variability) di fronte allo stimolo fobico si riduceva significativamente, ma non si modificava l’esperienza soggettiva di paura (misurata tramite Visual Analogue Scale introspettive).

L’aspetto interessante non è tanto l’indipendenza del vissuto di paura dalla reazione fisiologica, che è un fatto ben noto e ampiamente argomentato da Joseph Ledoux, quanto piuttosto che un intervento strettamente cognitivo abbia modificato la reazione fisiologica, che si presume essere sottocorticale, ma non l’esperienza soggettiva della paura, che si presume essere corticale.

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Francesco Mancini
Francesco Mancini

Medico chirurgo, Specialista in Neuropsichiatria Infantile e Psicoterapeuta Cognitivista

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