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L’elaborazione del tatto nel cervello infantile: quando un tocco si trasforma in empatia

Nuovi studi dimostrano che la corteccia somatosensoriale è responsabile dello sviluppo del tatto nei bambini sia quando il tocco è percepito che osservato

Di Martina Bandera

Pubblicato il 30 Gen. 2018

Tatto nei bambini: Un nuovo studio esplora le aree cerebrali in cui avviene l’elaborazione tattile, non solo quando è il bambino stesso ad essere accarezzato ma anche quando il bebè vede toccare la mano o il piede di un adulto. I ricercatori ipotizzano che questo potrebbe aiutare lo sviluppo di abilità evolutive e cognitive quali l’imitazione e l’empatia.

 

Lo sviluppo del tatto nei bambini

Il tatto è il primo dei cinque sensi a svilupparsi eppure gli scienziati conoscono ben poco della risposta cerebrale dell’infante a questo senso rispetto invece alle conoscenze che possiedono riguardanti ad esempio il modo in cui i bambini elaborano la vista del volto o il suono della voce materna.
Ora, attraverso l’uso di nuove e sicure tecniche di imaging cerebrale, i ricercatori dell’Università di Washington sono stati in grado di comprendere l’elaborazione cerebrale del tatto negli infanti.

L’attivazione della corteccia somatosensoriale sia per il “tocco percepito” che per il “tocco osservato” dimostra che i bambini già a 7 mesi sono capaci di stabilire una connessione di base tra “sé” e “altro” che potrebbe essere alla base dell’imitazione e dell’apprendimento sociale.

Molto prima che i bambini imparino a parlare, il tatto risulta essere un canale cruciale per la comunicazione con il caregiver” ha detto l’autore dello studio Andrew Meltzoff, professore di psicologia e co-direttore dell’Institute for Learning & Brain Sciences, che ha continuato “Ora abbiamo gli strumenti per osservare la rappresentazione del corpo all’interno del cervello del bambino. Il modo in cui il senso del sé si struttura potrebbe essere compreso osservando le reti cerebrali specifiche in cui avviene l’elaborazione del tatto.

Per lo studio i ricercatori hanno osservato il cervello di bambini di 7 mesi utilizzando la magentoencefalografia (MEG), una tecnica che permette di catturare le immagini dell’attività cerebrale. Gli studiosi erano particolarmente interessati all’osservazione della corteccia somatosensoriale (un’area della corteccia cerebrale posta nella parte superiore dell’encefalo); è proprio in questa regione infatti che avviene l’elaborazione del tatto. Ogni parte del corpo è rappresentata in modo unico: un tocco alla mano per esempio è codificato in una posizione diversa lungo la corteccia somatosensoriale rispetto al tocco a un piede.

L’attivazione cerebrale dei bambini quando ricevono un tocco e quando lo osservano negli altri

Nel primo dei due esperimenti, il team ha misurato l’attività cerebrale dei bambini mentre ricevevano leggeri tocchi sulla parte superiore delle mani e dei piedi. I dati hanno mostrato che, il tocco della mano comportava l’attivazione dell’area corrispondente alla corteccia somatosensoriale in tutti i 14 bambini testati; la stessa attivazione si presentava, nella relativa area, quando veniva sfiorato il piede.
Il secondo esperimento ha indagato quello che si è definito “tocco osservato”: i bambini guardavano i filmati di una piccola asta che sfiorava la mano o il piede di un adulto. In questo caso l’attivazione della corteccia somatosensoriale generava una risposta più debole rispetto alla condizione di “tocco percepito”.

L’elemento essenziale emerso dallo studio è che entrambi i tipi di contatto vengono registrati nella stessa area del cervello, ciò potrebbe suggerire l’esistenza di regioni neurali condivise nelle condizioni di tatto osservato e percepito.

Meltzoff ha concluso “Prima ancora di nominare le parti del corpo, i bambini riconoscono che la loro mano è uguale a quella del genitore. La mappa neurale del corpo aiuta a connettere i bambini con gli altri, il riconoscimento che un’altra persona è “come me” può essere una delle prime intuizioni sociali del bambino. Questo riconoscimento, con la crescita, potrebbe trasformarsi nella capacità di comprendere gli stati emotivi delle persone, in altre parole: empatia”.

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