expand_lessAPRI WIDGET

Il cuore depresso: la depressione nei pazienti con disturbi cardiaci

La consistente presenza di depressione nei malati cardiaci ci porta oltre gli atti medici, riassegnando la giusta importanza alla relazione col paziente.

Di Guest

Pubblicato il 19 Gen. 2018

Aggiornato il 07 Gen. 2019 12:42

Il presente articolo intende approfondire, partendo dall’esperienza diretta con persone che soffrono di malattie cardiache, l’importanza della relazione e dell’attenzione alla relazione che si viene ad instaurare con i pazienti. Quest’ultima si esprime non solo attraverso atti medici ma parla anche attraverso altri canali legati alla sensibilità e all’intuizione delle persone che circondano il malato e al significato che il malato stesso dà alle cure a lui prestate in un momento così delicato.

Emilia Baiardo

 

Più di quanto il cuore sopporti

La preghiera “Possa io essere vivo quando morirò“ (Winnicott, C. ,1978), non ha soltanto a che fare con la morte fisica. Si riferisce al suo bisogno di vitalità sensibile anche nel bel mezzo del nulla, degli attacchi, delle catastrofi, della pazzia e di tutta una varietà di sofferenze (Eigen M., 1998 – La morte psichica).

A fronte di un aumento dell’incidenza di malattie cardiache nella nostra società, si evidenzia una consistente correlazione tra la sofferenza psicologica che segue la malattia coronarica e i numerosi casi di depressione riscontrabili nei pazienti affetti da tali patologie.

Spesso la letteratura tende ad affrontare il grave scompenso cardiaco dal punto di vista strettamente biologico, senza approfondire la dimensione umana e le numerose ripercussioni che la malattia stessa ha sulla qualità di vita del paziente. (Lane D.A., Chong A.Y., Lip G.Y.H., 2007). Ciò che il presente articolo intende approfondire, frutto dell’esperienza diretta con persone che soffrono di tali malattie, è l’importanza della “relazione” e “dell’attenzione” alla relazione che si viene ad instaurare con essi. Quest’ultima si esprime non solo attraverso atti medici ma parla anche attraverso altri canali legati alla sensibilità e all’intuizione delle persone che circondano il malato e al significato che il malato stesso dà alle cure a lui prestate in un momento così delicato.

Spesso sono ricordi, narrazioni, a tratti, nei momenti di maggiore malessere, anche confabulazioni che il paziente riferisce del suo passato o del suo presente.

“In questo sprofondamento nel mondo interno con la perdita di capacità ad investire nella vita, spesso il soggetto perde la sua coesione“. (Haynal, A. ,1980). In relazione alla percezione della propria morte e alla “perdita di sé“, Engel ha descritto, nel contesto delle malattie somatiche gravi, questa reazione depressiva, quale specifica risposta a una così grande perdita della salute.

Nell’articolo vengono presentati anche due momenti della terapia psicologica a indirizzo analitico con due pazienti affetti da grave scompenso cardiaco. In queste finestre si evidenzia come il sentimento depressivo del malato incida sulla sua qualità di vita e sui suoi comportamenti, anche attraverso percezioni della realtà alterate dalla paura e dalla disperazione.

Si è quindi tentato di evidenziare come il paziente affetto da grave scompenso cardiaco, in alcuni momenti drammatici della sua vita, possa arrivare a parlare attraverso il suo organo malato. Con loro, se si presta attenzione, si può sentire il cuore depresso che parla, che chiede, che prega .

Come afferma Luis Chiozza:

...ammalarsi è soffrire un processo che la scienza concepisce come prodotto di una causa…. Di solito ci si ammala in due maniere: una, acuta, che è transitoria e breve, e un’altra, cronica, più prolungata e lenta che può progredire, arrestarsi o regredire, a volte fino alla completa guarigione… (Chiozza, L. A. ,1988).

A fronte dell’approccio culturale, secondo la tradizione occidentale, che si esprime attraverso la scissione tra mente e corpo, scissione sulla quale si innestano, secondo Galimberti (1983), le varie “antitesi dei valori“, tra ideale e sensibile, anima e corpo, vero e falso, bene e male, anche l’approccio al malato rientra in questa dicotomia potendo quindi essere studiato sia dal punto di vista medico tradizionale che dal punto di vista psicologico. Del rapporto tra psichico e somatico Freud si occupo‘ già in uno scritto del 1890, nel quale contrappose all’orientamento medico tradizionale, quello più recente che considerava non solo l’azione del corpo sulla psiche, ma anche della psiche sul corpo. (Favaretti Camposampiero, F., Di Benedetto, P., Cauzer, M. ,1998).

Wilhelm Reich (1942) elabora la sua teoria della “identità funzionale antitetica degli stimoli psichici e somatici…” ; è colpito dal fatto che …“un’esperienza psichica possa provocare uno stato di agitazione corporea tale da alterare in modo duraturo un organo“. Winnicott (1976) definisce la psiche come “elaborazione immaginativa delle parti somatiche dei sentimenti e delle funzioni, cioe‘ della vita fisica“. Secondo l’Autore, le possibili interferenze in questo processo e il fallimento dell’integrazione del Sé da luogo ad un “falso sé“ che può utilizzare un pensiero sradicato dal suo rapporto col corpo, con le sue funzioni, con gli istinti.

Quando abbiamo a che fare con un paziente che soffre di una malattia somatica, nei primi approcci con lui raccogliamo sia la sua storia “clinica”, che riporta i sintomi e l’evoluzione della malattia di cui il paziente ha sofferto o soffre attualmente, considerandoli come processi che derivano da una causa biologica per la quale è ricoverato e sottoposto a cure, sia la sua storia “biografica”, che presta attenzione agli episodi e ai fatti della sua vita, fatti che hanno avuto un peso nella costruzione del suo carattere, nell’evoluzione dei suoi meccanismi difensivi, nella possibile origine della patologia che lo ha colpito. “La sovrapposizione delle due storie ci rivela come quello che le persone tacciono con le labbra, non solo sono solite esprimere con gesti e atteggiamenti, ma pure con lo stesso funzionamento dei loro organi“ (Chiozza, L. A. ,1988).

L’ Autore ha sviluppato un particolare procedimento Psicoanalitico denominato Studio Patobiografico, con la finalità di includere nella cura del malato ciò che la psicoanalisi può fare se si propone come fine immediato di agire sulla malattia somatica nel “tempo breve“ che la necessità impone. Da questo studio, è possibile estrapolare alcune considerazioni sulle dinamiche psicologiche dei pazienti consultati: è importante tenere presente che il malato “costruisce una fantasia inconscia ed una teoria cosciente sulla sua malattia e sulla maniera in cui potrebbe guarirsi“.., analogamente, in lui “esiste una quota di speranza inconscia, riguardo alla possibilità di guarigione“. Inoltre“ Esiste sempre un fattore efficace e specifico scatenante la malattia attuale, il quale coincide cronologicamente con l’apparizione di tale malattia. Identificarlo, aiuta a comprendere un pò di piu’ il significato che la malattia attuale simbolizza.“ (Chiozza, L. A. ,1988). Lentamente, quindi, la malattia cessa di essere un fatto inaspettato e indesiderato, totalmente estraneo al soggetto, ma attraverso una personale elaborazione che riguarda anche gli aspetti caratteriali, corporei, esperenziali del malato stesso, diventa parte del percorso di vita. A sostegno della capacità di rinnovamento Winnicott (1949a) afferma che:

un crollo psichico costituisce spesso una manifestazione di salute in quanto implica una capacità da parte dell’individuo di servirsi dell’ambiente che ha a disposizione, al fine di porre di nuovo alla base della propria esistenza il sentimento di essere reale.

Ma la strada che conduce a un cambiamento, non sempre si percorre e spesso si rimane aderenti a meccanismi difensivi che ci allontanano dalla consapevolezza. E in questo percorso mentale e inconsapevole, è possibile che ciò a cui la mente resiste possa arrivare più rapidamente il corpo, e in questo caso particolare un organo d’elezione del corpo, quale il cuore, un organo che nei momenti di maggiore disperazione del malato può manifestare una voce e un affetto propri. Nei colloqui con il paziente è importante fare attenzione ad alcuni aspetti, aspetti non solo forniti dal colloquio che intercorre, ma anche dalle sensazioni che il malato trasmette e il rapporto che si realizza con lui.

Come afferma Reich (1933):

(…) nella maggior parte dei casi non solo si sottovalutano il comportamento, il modo di esprimersi, lo sguardo, il linguaggio, la mimica, l’abbigliamento, la stretta di mano, ecc. dei pazienti dal punto di vista del loro significato analitico, ma il piu‘ delle volte vengono del tutto ignorati. ...Oltre ai sogni, alle associazioni, ai passi falsi e alle altre comunicazioni, dei pazienti, meritano particolare attenzione i loro atteggiamenti, cioè il modo in cui raccontano i loro sogni, commentano i loro passi falsi, producono le loro associazioni e fanno le loro comunicazioni…Il come è altrettanto importante …del che cosa dice il paziente.

Secondo quanto affermato da A. Lowen:

La malattia del corpo è, anch’essa, una forma di linguaggio. Il corpo rappresenta un veloce veicolatore dei movimenti transferali e controtransferali: Insieme al corpo rappresentano il ponte attraverso il quale le idee e le sensazioni fluiscono tra due persone . .. Solo con umiltà e animo puro è possibile accostarsi ai sentimenti intimi e profondi di un essere umano (Lowen, A. ,1993).

A questo punto è fondamentale evidenziare il concetto di fiducia che si viene a costruire, un’ alleanza terapeutica e solidale che consente al paziente di appropriarsi di strumenti atti ad emergere dai contenuti depressivi di cui rimane vittima. Ricordiamo che il paziente cardiopatico e depresso tende ad essere resistente nei confronti della terapia farmacologia proposta e scarsamente collaborante di fronte all’indicazione di modificare lo stile di vita in modo appropriato, aumentando così ancora la probabilità di eventi cardiaci o di morte. Le persone malate di cuore, spesso sono pazienti che provano ed esprimono contenuti di solitudine profondissimi di fronte all’esperienza della malattia che li sottopone dolorosamente ad un confronto con il destino vissuto avverso e ineluttabile. Ne consegue che i loro sentimenti di annichilimento, di avversità, di solitudine, non possono fare altro che indurre contenuti depressivi e di disperazione che ricadono prepotentemente sulla qualità di vita sulla relazione terapeutica e sulla fiducia in essa.

I colloqui con i pazienti con malattia cardiaca: l’esperienza condotta presso il Reparto di Cardiologia dell’ ASL 1 Imperiese

Paziente di 63 anni. In lista di attesa per trapianto cardiaco. Paziente con aspettativa di vita della durata di 6 mesi. Il paziente è un grave cardiopatico che ha da diversi anni disturbi via via sempre più invalidanti. In occasione della proposta di trapianto di cuore da parte dei sanitari, si è sperato di poter affrontare tale proposta con largo anticipo, nel rispetto dei tempi di una elaborazione personale, senza lasciare in lui la sensazione di “perdita di tempo”. Il paziente non sentiva la sua malattia così grave e inizialmente appariva scarsamente collaborante e resistente a qualunque proposta terapeutica. Si trattava di un paziente con una corazza caratteriale in apparenza difficilmente scardinabile. Lasciava la sensazione di un possibile passaggio all’atto, qualora tale meccanismo difensivo fosse intaccato. Il concetto di corazza caratteriale introdotto da Reich nel libro “Analisi del carattere“, riconosce una sottostante rigidità caratteriologica parallela ad un atteggiamento psicologico corrispondente, il rischio è che si spezzi questa armatura lasciando emergere contenuti di angoscia molto profonda. Questo paziente aveva raggiunto una tale labilità nel suo equilibrio psicofisico come conseguenza della malattia, da lasciare poco margine a qualunque proposta di collaborazione e di relazione di aiuto e supporto.

Colloquio dopo tre mesi di relazione terapeutica il paziente è demoralizzato dell’attesa e della continua delusione per la mancanza di risposta dal Centro Trapianti dove è stato nuovamente inserito nelle liste. Il pensiero continua a tornare al precedente ricovero ed alla sensazione di aver perso una grossa opportunità nel momento in cui era stato dimesso, fuoriuscendo quindi drammaticamente dalla precedente graduatoria delle persone trapiantabili. Il decorso della sua elaborazione interna, pur mantenendo a tratti il contatto con la realtà, per il dolore provato, ha risvolti deliranti nei suoi ricordi, intaccando, nelle confabulazioni, sia la dimensione dello spazio che del tempo: ricordi che si sovrappongono a contenuti quotidiani, luoghi familiari che si sovrappongono alla stanza dell’ospedale; solo le relazioni affettive significative come i familiari riescono a colmare i vuoti e comprendere il senso dei suoi pensieri. Come afferma Luis Chiozza (1986) spesso si ritiene che la parte più importante dell’intelletto siano le idee, ma in realtà “Le uniche cose che, in senso stretto e rigoroso, importano, sono gli affetti…. L’affetto è l’importanza, la significanza del significato“.

Verso la fine della sua vita, quando la situazione clinica ha iniziato un declino evidente ed inarrestabile, il paziente si è ammalato psichicamente in modo molto grave e ha iniziato a delirare perdendo parzialmente il contatto con la realtà che lo circondava. “Le turbe del narcisismo… “ (quali possono essere le malattie somatiche gravi come in questo caso) ,“…possono esser fondate non soltanto su una perdita dell’investimento ma anche su una impossibilità di investire, o, meglio sulla perdita della capacità di investire .“ (Haynal, A. 1980.)

In modo disperato e delirante ha iniziato ad esprimere alte aspettative di guarigione, e a sviluppare una speranza incondizionata di fronte a qualunque proposta terapeutica. Per lui ogni atto terapeutico, anche una flebo somministrata nel reparto, rappresentava un trattamento estremamente rassicurante di presa in carico, di cura, di durata del ricovero, di “affiancamento” nel percorso e di garanzia di non abbandono. Il paziente con grave patologia cardiaca e una struttura caratteriale rigida, come in questo caso, è arrivato nel momento di maggiore disperazione, a utilizzare gli strumenti di cura e le manifestazioni della malattia, a scopo difensivo, per cui una abbondante minzione o un tremore diffuso hanno avuto esistenza come sintomi a sé stanti e non invece collegati alla malattia stessa, diventando quindi motivo di nuove preoccupazioni di altre malattie diverse da quella cardiaca. Frequentemente, di fronte a grandi dolori, il diniego inconscio, “la depersonalizzazione può essere considerata come una difesa contro affetti intollerabili“. (Haynal, A. ,1980 ).

Paziente 2 di 70 anni. Paziente con cardiopatia ischemica post-infartuale di una certa gravità. Si trattava di un forte fumatore con grande dipendenza dalla nicotina e nella sua vita aveva subito un grave lutto che lo aveva profondamente segnato compromettendogli la capacità di elaborazione della perdita. La sua patologia cardiaca viene spesso descritta dal paziente con tratti di eccessiva precocità, di arrivo inaspettato, imprevisto, con caratteristiche che lo hanno colto del tutto impreparato.

Colloquio nel corso della terapia psicologica all’interno del Reparto dove solitamente veniva ricoverato: descrive la sua malattia come una sorta di tradimento del corpo inducendogli forti regressioni e momenti di ipersensibilità a situazioni e fatti o anche nei confronti di spazi e ambienti che possono far insorgere in lui la sensazione di solitudine e di abbandono. Durante il colloquio, racconta di essersi trovato qualche giorno prima in una strada frequentata, ma solo da macchine in movimento e nessun pedone, e di essersi sentito male, aver avuto un forte attacco d’ansia, ed aver sviluppato l’intenzione di non voler più trovarsi in situazioni di isolamento così angoscianti e pericolose per la sua salvezza. Emergono fantasie di morte molto profonde, e contenuti di estrema vulnerabilità. Personalità estremamente dipendente, il suo stato depressivo evidenzia la sua impossibilità a reagire alla malattia . Come afferma A.Haynal, “L’affetto depressivo è dunque scatenato dalla perdita di qualcosa che fornisce la sicurezza di base e il benessere, al punto che ci si sente minacciati da questa perdita. Quando il conflitto interiore diventa troppo grande, l’individuo può abbandonare, rinunciare; egli entra allora nella costellazione della disperazione.“ (Haynal, A. ,1980).

Conclusioni

La letteratura sullo scompenso cardiaco tende a privilegiare i dati inerenti la dimensione somatica o biologica della malattia. A fronte della necessità di limitare per quanto possibile l’ospedalizzazione, si impone una più stretta e proficua collaborazione tra le diverse figure professionali. Tra queste collaborazioni si evidenzia la necessità dell’intervento psicologico di lettura e supporto per aiutare il paziente a dare voce a quella parte di sé carica di bisogni che chiede di essere ascoltata. “Ogni volta che compare un sintomo si perde qualcosa, e ogni volta che soffriamo di qualche malattia organica perdiamo quasi completamente la possibilità di accedere ai nostri sentimenti“ . (Chiozza , L. , 1988). L’esperienza di lavoro con pazienti affetti da gravi problemi cardiaci e l’attenzione a contenuti, gesti, affetti, che si evidenziano sia nei momenti empatici o di lettura controtransferale del vissuto del terapeuta, rappresentano una grande ricchezza di rilevazione, osservazione e comprensione dei fenomeni corporei in generale, ma soprattutto là dove l’organo malato è il cuore, si sperimenta una relazione umana molto pura, speciale anche nei momenti più difficili, che necessita di una particolare attenzione ai contenuti e a quanto espresso. Di fronte ad una malattia che “brucia“ il tempo, il cuore riesce a dare voce a contenuti profondi e drammatici della persona e della vita di quella persona, che probabilmente non sarebbero mai emersi. Come meglio descrive Luis Chiozza:

Il cuore è l’organo più adatto ad arrogarsi la rappresentazione delle emozioni, la cui rappresentazione particolare altri organi si aggiudicano …Il cuore, pertanto, si aggiudica la rappresentazione generale degli affetti ma, soprattutto, quella del tempo primordiale, che è il tempo dell’istante qualitativamente colorato da un tono affettivo che gli conferisce importanza…. Il cuore è rispetto al tempo, ciò che l’occhio è rispetto allo spazio….Quando diciamo che il cuore “ricorda“ o pre-sente, è perché gli aggiudichiamo la rappresentazione di un protoaffetto. (Chiozza, L. A., 1988).

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Chiozza, L. A. (1988). Perchè ci ammaliamo?. Borla: Roma.
  • Eigen, M. (1998). La morte psichica. Astrolabio: Roma.
  • Engel, G.L. (1956). A Contribute to the Problem of Depression, in “Journ Amer.Psychoanal. Assoc“.
  • Favaretti Camposampiero, F., Di Benedetto, P., Cauzer, M. (1998). L'Esperienza del corpo. Masson S.p.A.: Milano.
  • Galimberti, U. (1983). Il corpo. Feltrinelli: Milano.
  • Haynal, A. (1980) . Il senso della disperazione. Feltrinelli: Milano.
  • Lane D.A., Chong A.Y., Lip G.Y.H., (2007). Cochrane Database of Systematic Review. Issue 1.
  • Lowen, A. (1993) . Il linguaggio del corpo. Feltrinelli: Milano.
  • Winnicott, D. W. (1975). “L’intelletto e il suo rapporto con lo psiche-soma.“ in Dalla Pediatria alla Psicoanalisi. Martinelli: Firenze.
  • Winnicott, D. W. (1976). Sviluppo affettivo e ambiente. Armando: Roma.
  • Reich, W. (1973). Analisi del carattere. Sugar: Milano
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Il trauma e lo sviluppo di problemi cardiaci durante la menopausa
Il cuore accusa il colpo dopo un trauma

Lo studio condotto su donne in peri e post menopausa ha dimostrato come l'aver vissuto esperienze di vita traumatiche possa predisporre a problemi cardiaci.

ARTICOLI CORRELATI
Una dieta sostenibile è possibile?

Una dieta sostenibile contribuisce alla sicurezza alimentare e nutrizionale e ad una vita sana per le generazioni presenti e future

Esplorando la food addiction: quando il cibo diventa una dipendenza

Il termine food addiction indica la dipendenza da alimenti ad alto contenuto calorico, ricchi di zuccheri e grassi

WordPress Ads
cancel