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Teoria della regolazione affettiva. Un modello clinico (2017) di Daniel Hill – Recensione del libro

'Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico' è una sintesi di teorie sulla regolazione degli stati del sé, dalla psicoanalisi ai recenti studi.

Di Alessia Offredi

Pubblicato il 05 Dic. 2017

Il volume Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico di Daniel Hill rappresenta un ottimo tentativo di sintesi di ipotesi, dati, teorie che partono dal modello psicanalitico per ampliare e integrare con gli studi più recenti l’ampia gamma di informazioni che riguardano la regolazione degli stati del sé.

 

Come affermato nell’introduzione, il volume “è un’integrazione di teoria dell’attaccamento, neurobiologia affettiva dello sviluppo, neurobiologia dello sviluppo sociocognitiva, studi emozionali, studi madre-bambino e psicoanalisi dello sviluppo”. Ne risulta un manuale chiaro e ben organizzato, comprensibile anche al lettore con una differente formazione di base.

Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico – Un manuale tra teoria e pratica clinica

Dopo l’introduzione, in cui viene chiarita la terminologia essenziale, il libro Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico si divide in quattro parti, corrispondenti a diversi aspetti del modello presentato: (1) la teoria del corpo-mente, (2) teoria dello sviluppo, (3) teoria della patogenesi e (4) teoria delle azioni terapeutiche. Fin dall’architettura del volume si percepisce lo scopo finale dell’autore, ovvero creare un manuale capace di integrare teoria e pratica clinica.

Tra i contributi più originali troviamo il modello corpo-mente e, nel capitolo VIII, alcune idee sulla dissociazione moderata. Nella prima parte del manuale Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico, viene esposta la teoria dell’attaccamento, con gli strumenti utilizzati per la codifica dei pattern di attaccamento. Nel secondo capitolo, viene affrontato nello specifico ciò che si intende con “modello corpo-mente” e i punti di contatto tra psicoanalisi e biologia. Gli stati del sé vengono posti su una polarizzazione che va da regolati/integrati a disregolati/dissociati, con le relative caratteristiche specifiche. Successivamente vengono presentati gli aspetti neurobiologici del sistema di regolazione affettiva e i ruoli delle diverse strutture coinvolte. Il quarto capitolo è dedicato al cervello destro, oggetto di numerosi studi curati dal prof. Allan Shore, e sede dei processi cognitivi impliciti (o, per usare la terminologia psicanalitica, inconsci).

La seconda parte del volume Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico si apre nuovamente con la teoria dell’attaccamento classica, nucleo dell’apprendimento di modalità efficaci di regolazione affettiva. In seguito, viene dato spazio al concetto di mentalizzazione, riprendendo il modello di Fonagy e sottolineandone la valenza in termini di sistema secondario di regolazione. Nel VII capitolo viene presentata la teoria dell’attaccamento moderna, la quale delinea le strutture neurologiche e le dinamiche psicobiologiche del sistema primario di regolazione affettiva e ne collega lo sviluppo alle esperienze di regolazione affettiva della relazione di attaccamento (pag. 109).

Nella parte dedicata all’eziopatogenesi (parte terza del manuale) emerge la centralità del ruolo dei traumi relazionali nell’insorgenza della psicopatologia. D’altronde, se il disturbo psichico viene concettualizzato come mancanza di un’efficace regolazione affettiva, e quest’ultima si sviluppa nel legame d’attaccamento, ecco che è lì che dovremo cercare l’origine della problematica attuale. La natura del trauma relazionale, che si affianca quindi alla specificità del pattern insicuro di attaccamento, determina la qualità del deficit di regolazione affettiva. Da ciò hanno origine la psicobiologia del trauma evitante, quella del trauma preoccupato e quella del trauma disorganizzato. Questa parte del libro Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico, in particolare, meriterebbe di essere approfondita, perché il rischio di riduzionismo è molto alto e la letteratura scientifica risulta ancora frammentata. Il nono capitolo si sofferma sulle condizioni di dissociazione cronica e grave, dovuta a condizioni di ipo- o iper- arousal spesso perpetrate nel tempo.

In un compendio che ambisce a essere così completo non poteva mancare una sezione dedicata ai disturbi di personalità, che vengono difatti trattati nel capitolo X e correlati sempre al trauma relazionale (in particolare vengono affrontati il disturbo narcisistico e il disturbo borderline, sebbene non nello specifico). A seguire viene dedicato un capitolo alla vergogna pervasiva dissociata, definita come forza patogenetica primaria che sottende i disturbi psichiatrici dello sviluppo, un importante motivo di rimozione e un fattore chiave nell’arresto evolutivo (pag. 169). Tale definizione sembra un retaggio del passato e in effetti le fonti bibliografiche citate risultano particolarmente datate. Solo quando tale aspetto viene collegato al trauma complesso e al trauma di sviluppo (forse sovrapponendo definizioni di concetti che non sono sempre intercambiabili) possono trovare posto ricercatori contemporanei.

L’ultima parte di Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico è dedicata alle azioni terapeutiche che possono essere praticate alla luce della teoria esposta. La relazione tra paziente e terapeuta è uno strumento essenziale, in cui secondo l’autore può essere riorganizzato il sistema di regolazione affettiva, attraverso processi terapeutici più o meno impliciti. Anche in questo caso, sarebbe necessario un nuovo volume per capire al meglio i meccanismi descritti da Hill, autore di questo volume, psicoanalista e editor-in-chief del Center for the Study of Affect Regulation. Nell’attesa, il suggerimento è quello di godervi questo viaggio mano nella mano con uno dei più moderni psicoanalisti.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Hill, D. (2017) Teoria della regolazione affettiva: un modello clinico. Raffaello Cortina Editore
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