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“Terapie iniziate e finite, più delle volte che ho scaricato e cancellato Grindr” – da una riflessione di Hobbes sulla condizione omosessuale al giorno d’oggi – Fluidsex

Si tratta di riflessioni psicologiche sulle difficoltà che gli omosessuali si trovano a dover affrontare a partire dalla società di Hobbes ad oggi.

Di fluIDsex, Greta Riboli

Pubblicato il 06 Dic. 2017

Aggiornato il 05 Ago. 2022 18:50

Michael Hobbes, scrittore e attivista per i diritti umani originario di Seattle, ha narrato a Huffpost quella che è un po’ sia la sua storia sia la storia della maggior parte delle persone omosessuali, in un contesto in cui i progressi sociali e legali sono stati i più ampi e rapidi della storia dei gruppi minoritari.

 

Le domande di Hobbes sull’omosessualità

La domanda principale a cui l’autore cerca risposta è: “Come mai, nonostante il sostegno pubblico per il matrimonio gay sia salito dal 27% nel 1996 al 61% nel 2016 e molte persone omosessuali siano uscite allo scoperto, rimane una forte disparità di benessere tra omosessuali ed eterosessuali?”
Come mai le persone omosessuali hanno in media meno amici intimi rispetto alle persone eterosessuali? Come mai i tassi di depressione sono più alti? E così anche le sostanze sono più utilizzate? Vengono riportati maggiori tassi di solitudine, autolesionismo e suicidi. Per non parlare dei più alti tassi di malattie cardiovascolari, tumori, allergie e asma (Stults et al., 2015; Ferlatte et al., 2015; Hottes et al., 2016). A cosa sarà dovuta questa epidemia che colpisce le persone omosessuali? (TOGETHER ALONE – The epidemic of Gay Loneliness).

Negli anni le spiegazioni date innanzi a queste domande sono state differenti. Inizialmente si riteneva che le disparità di comportamenti e patologie tra omosessuali ed eterosessuali facessero parte di una sintomatologia legata all’omosessualità stessa. Ma successivamente, quando non si trattò più l’omosessualità come una patologia, tale disparità fu collegata alla forte non accettazione degli omosessuali da parte dei familiari, degli amici e della società.

Il senso di solitudine delle persone omosessuali al giorno d’oggi

Ma al giorno d’oggi, in contesti in cui molti omosessuali non si nascondono più e possono anche costruire facilmente una rete con altre persone non eterosessuali, come mai questa disparità di salute rimane marcata? Come mai ci sono omosessuali che non sono mai stati aggrediti fisicamente o sessualmente che presentano sintomi da disturbo da stress post-traumatico paragonabili a quelli di persone che sono state violentate? (Keuroghlian et al., 2017) Come mai omosessuali che non sono mai stati rinnegati dalla propria famiglia, né sono mai stati vittime di bullismo omofobico vivono un così forte senso di isolamento?

Attualmente, per trovare risposta a queste domande, si fa riferimento al concetto di “stress minoritario”. Far parte di un gruppo emarginato richiede un maggiore stress e degli sforzi maggiori per star dentro ai differenti contesti. Gli omosessuali, a differenza di altri gruppi minoritari, vivono un’ ulteriore aggravante connessa al fatto che il proprio stigma può essere nascosto. Ad esempio, un giovane ragazzo omosessuale dalla pubertà utilizzerà moltissime energie pensando a come comportarsi, a cosa dire e a come rispondere a determinate domande, senza poter condividere con le persone vicine questa fatica, in quanto il proprio stigma non è manifesto finché non sarà la persona stessa a volerlo rendere tale.
A questo proposito il ricercatore Hottes, amico di Hobbes, afferma che “non c’è bisogno che qualcuno ti chiami frocio perché tu debba regolare il tuo comportamento per evitare di essere chiamato così”. La regolazione dei propri atteggiamenti e comportamenti è un pensiero di controllo costante, un’incessante auto-osservazione.

Nascondere la propria omosessualità è come convivere con qualcuno che ti tocca insistentemente il braccio. All’inizio è snervante. Dopo un po’ diventa esasperante. Alla fine, non ti permette di pensare ad altro” (Elder, 2015).
Proprio nell’arco temporale incluso dal momento in cui una persona riconosce il proprio orientamento sessuale al momento in cui inizia a dirlo a qualcuno, i piccoli stressor quotidiani vengono vissuti con effetti eccessivi e non perché siano fortemente stressanti per propria natura, ma in quanto la persona inizia ad aspettare continuamente il loro arrivo (Pachankis et al., 2015). In altre parole, le persone rimangono costantemente attivate in attesa dell’eventuale verificarsi di questi eventi. Ritornando così al concetto che, anche in assenza di prese in giro, la persona continua ad auto-monitorarsi, percependosi in un sottile, ma perpetuo stato di rischio.

Non deve accadere molte volte (di essere, ad esempio, insultati in pubblico, senza esser mai stati attaccati fisicamente) prima di iniziare ad aspettarsi altro, prima che il cuore inizi a battere più velocemente ogni volta che si vede una macchina avvicinarsi”.

A proposito di stressor la scienza ha rilevato che le persone omosessuali producono meno cortisolo dei loro pari eterosessuali. Sembra che gli adolescenti omosessuali producano costantemente così tanto ormone dello stress, da determinare velocemente un decadimento del sistema di produzione ormonale, come accade naturalmente nel caso di persone eterosessuali in età adulta (Austin et al., 2016).

Queste disparità non sembrano ancora totalmente spiegate, essendo il vissuto interiore delle persone, sia legato ai movimenti e ai cambiamenti sociali sia per certi versi indipendente da essi o probabilmente solo più lento di loro nell’evolversi.

 

 


 

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La rubrica fluIDsex è un progetto della Sigmund Freud University Milano.

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