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Nuove scoperte sull’ apprendimento della paura a livello cerebrale

Ricerche recenti hanno dimostrato che, oltre all'amigdala laterale, anche l’amigdala centrale è indispensabile per l’ apprendimento condizionato alla paura

Di Carmen Campana

Pubblicato il 08 Nov. 2017

Aggiornato il 03 Ott. 2018 10:02

Il nostro cervello si sviluppa a partire da un programma genetico che in interazione con i fattori ambientali consente l’evoluzione e lo sviluppo dell’individuo: i nostri comportamenti non sono soltanto il frutto di un processo biologicamente determinato, ma possono essere modificati attraverso l’ apprendimento.

 

Per esempio, cosa accade nel cervello quando si apprende che il fuoco scotta e ci si può bruciare? Seguendo la visione canonica dell’ apprendimento condizionato alla paura, si tratterebbe di un’associazione tra stimolo sensoriale e percezione della minaccia.

Tale associazione avviene nell’amigdala laterale (LA). La letteratura, infatti, dimostra che il flusso di informazioni scorre dall’amigdala laterale a quella centrale (Herry and Johansen, 2014; LeDoux, 2007; Wilensky et al., 2006), che fungono rispettivamente da input e output. Ricerche recenti, però, hanno dimostrato che anche l’amigdala centrale (CeA) è indispensabile per l’ apprendimento condizionato alla paura (Ciocchi et al., 2010; Goosens and Maren, 2003; Li et al., 2013; Penzo et al., 2014; Penzo et al., 2015; Wilensky et al., 2006; Yu et al., 2016), poiché è implicata in funzioni cognitive, come l’ attenzione (Calu et al., 2010; Lee et al., 2011; Roesch et al., 2012), fondamentali per l’apprendimento.

Uno studio condotto dal team del Cold Spring Harbor Laboratory e pubblicato su Nature Neuroscience ha indagato la relazione tra le due parti dell’amigdala dei ratti attraverso una serie di esperimenti. I primi hanno dimostrato, attraverso una proteina fluorescente che registrava quando le cellule erano attive, che la risposta aversiva iniziava nell’amigdala centrale e poi veniva in quella nell’amigdala laterale. Altri esperimenti invece prevedevano il blocco dell’attività di un insieme di neuroni nell’amigdala centrale, chiamato proteina chinasi C delta (PKC-delta). Quando i topi erano sottoposti a scossa elettrica, l’attività nell’amigdala laterale era attenuata. Ciò dimostrava che l’ottica convenzionale, secondo cui l’attività aveva inizio nell’amigdala laterale, non era corretta.

Infine, un’ultima serie di esperimenti prevedeva di creare ricordi negativi artificiali nei ratti usando l’optogenetica, ovvero impiegando impulsi di luce laser per attivare neuroni specifici, in questo caso i neuroni PKC delta dell’amigdala centrale. In questo modo i ricercatori creavano un ricordo di un disagio mai sperimentato. I topi erano collocati in una gabbia con due stanze. Quelli che avevano ricevuto la stimolazione ricordavano il disagio e lo associavano al luogo in cui lo avevano vissuto, cioè una delle due camere. Successivamente veniva data loro la libertà di muoversi ma tutti evitavano il posto associato al disagio, anche dopo alcuni giorni.

In conclusione questi esperimenti evidenziano che i neuroni PKC-delta svolgono un ruolo importante nel trasmettere informazioni aversive dall’amigdala centrale a quella laterale. Tutti questi dati nel complesso sono significativi perché potrebbero dare avvio alla ricerca di nuove modalità di trattamento per i disturbi d’ansia e post-traumatici (PTSD), caratterizzati da ricordi paurosi frutto di associazioni.

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