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Come le temperature estreme influiscono sugli arbitri e sui giocatori di calcio durante le partite

I processi di adattamento psicofisiologico a temperature estreme incidono negativamente sulle performance fisiche e cognitive dei calciatori e degli arbitri

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 03 Nov. 2017

Aggiornato il 30 Giu. 2021 11:51

Negli ultimi tempi la ricerca ha fatto molti progressi nell’ambito dello studio dell’ adattamento psicofisiologico dell’organismo umano alle condizioni ambientali più estreme. L’attività fisica, svolta all’aperto, deve adattarsi alle varie temperature e l’ adattamento psicofisiologico non deve inficiare la capacità di decidere.

 

Negli ultimi tempi la ricerca ha fatto molti progressi nell’ambito dello studio dell’ adattamento psicofisiologico dell’organismo umano alle condizioni ambientali più estreme. L’attività fisica, svolta all’aperto, deve adattarsi alle varie temperature e questo adattamento non deve inficiare la capacità di decidere. Questo è particolarmente importante nel gioco del calcio, nel quale i giocatori sono chiamati a disputare partite e i direttori di gara ad arbitrarle, che si svolgono con temperature estreme. Queste condizioni climatiche incidono negativamente sulle performance fisiche e cognitive degli atleti e degli arbitri. Il decremeto è probabilmente imputabile al fatto che avvengono dei processi fisiologici di adattamento corporeo che hanno delle ripercussioni negative sulle prestazioni, inclusa la capacità decisionale.

Keywords: temperature estreme, adattamento, giocatori, arbitri, performance cognitive

 

Temperature estreme e adattamento psicofisiologico

Negli ultimi tempi la ricerca ha fatto molti progressi nell’ambito dello studio dell’ adattamento psicofisiologico dell’organismo umano alle condizioni ambientali più estreme. L’attività fisica, svolta all’aperto, deve adattarsi alle varie temperature e l’ adattamento psicofisiologico non deve inficiare la capacità di decidere (Gaoua e al., 2017), come avviene, per esempio, nei soggetti che lavorano nell’edilizia, nella polizia, nel corpo dei vigili del fuoco, nell’esercito, nell’emergenza medica e nello sport agonistico. Tali professionalità sono spesso costrette ad esercitare i loro compiti in condizioni ambientali estreme e dalla loro capacità di adattamento psicofisiologico dipende il prendere la decisione giusta, che si rivela come la più proficua in quel momento (Gaoua e al., 2017).

L’attività fisica svolta in condizioni estreme determina una condizione di stress sia fisiologico che psicologico (Racinais e al., 2016).

Infatti, l’esposizione alle temperature estreme ha un notevole impatto sia sulle performance fisiche che su quelle cognitive (Racinais e al., 2008). Per esempio, le temperature molto basse diminuiscono la memoria e l’attenzione sostenuta (Gaoua e al., 2011). Inoltre, le variazioni estreme della temperatura corporea inficiano le performance cognitive più complesse (Gaoua e al., 2012). In aggiunta, le alte temperature incrementano l’impulsività e, quindi, ipotecano negativamente la capacità di decidere razionalmente (Gaoua e al., 2011).

Influenza delle temperature estreme sui giocatori e gli arbitri di calcio

Da questo punto di vista, i giocatori di calcio sono stati quelli finora più analizzati. A livello europeo, le squadre di calcio sono impegnate in competizioni che sono disputate con temperature che hanno un range molto vasto. Si va da una media di -5° dei campi di calcio della Norvegia ad oltre 30° di quelli della Spagna (Taylor e al., 2014).

Inoltre, per facilitare la partecipazione di tutte le squadre, i tornei internazionali di calcio, come ad esempio la coppa del mondo, sono disputati nei mesi estivi, durante i quali le temperature subiscono un notevole incremento e, soprattutto, aumenta il tasso di umidità. In questi match, disputati in condizioni climatiche particolari, i giocatori modificano le loro performance sportive con la finalità di mantenere comunque alto il gioco e di risentirne il meno possibile a livello fisico (Racinais e al., 2012). Anche in condizioni ambientali estreme è richiesta al calciatore una lucidità mentale che gli possa consentire di seguire le varie azioni di gioco e, soprattutto, di prendere le giuste decisioni dal punto di vista tattico (Catteral e al., 1993).

Lo stesso discorso vale per gli arbitri del gioco del calcio: infatti, essi, come i giocatori, devono correre nei diversi settori del campo e seguire attentamente le varie azioni di gioco per scoprire le eventuali infrazioni (Weston e al., 2011).

Come il giocatore, l’arbitro copre, durante i novanta minuti della partita, una distanza che va dai 7,5 agli 11,5 Km (Costa e al., 2013). Inoltre, gli arbitri che dirigono le partite di calcio di alto livello (tornei nazionali della massima divisione, tornei continentali e mondiali) trascorrono il 42% del tempo del match a correre con un’elevata intensità, che va dai 18 ai 24 Km orari (Castagna e al., 2007).

In aggiunta a questo intenso lavoro fisico, all’arbitro è richiesta un’elevata capacità cognitiva che si estrinseca nel prendere le decisioni durante la partita. Secondo Helsen e Bultynch (2004) ogni arbitro decide con una media di 137 decisioni per partita, ovvero decide fino 3-4 volte per ogni minuto di gioco. Queste decisioni il più delle volte si rivelano corrette, ma possono anche essere sbagliate.

Una ricerca di Van Meerbeck e al. (1987) rivela che la percentuale di errori decisionali può andare dall’11 al 35% delle decisioni prese. Gli errori fatti dall’arbitro, secondo la ricerca menzionata, sono egualmente distribuiti nel corso della partita, per cui si può ipotizzare che siano indipendenti dalla fatica fisica provata dal direttore di gara, ma imputabili presumibilmente ad altri fattori. Le decisioni che l’arbitro deve prendere sono prevalentemente influenzate dall’accuratezza delle informazioni che egli è in grado di ricevere nel corso della gara. L’esperienza incrementa la percentuale di informazioni esatte che egli è in grado di trarre dalle azioni di gioco (de Oliveira e al., 2014).

Frequentemente la stanchezza fisica provata e le pressioni psicologiche ricevute possono indurre l’arbitro a non raggiungere tempestivamente il luogo del campo dove si svolge un azione di gioco e questo può determinare una maggiore vulnerabilità dal punto di vista decisionale (de Oliveira e al., 2014).

Secondo una ricerca di Pilcher e al. (2002), la percentuale di decisioni errate prese dall’arbitro aumenta quando la partita viene disputata in condizioni climatiche di freddo (5°) rispetto a quando è disputata in un clima temperato (22,5°).

In ultima analisi, le temperature estreme incidono negativamente sulle performance fisiche e cognitive dei giocatori e degli arbitri. Questo decremeto è probabilmente imputabile al fatto che avvengono dei processi di adattamento psicofisiologico e corporeo che hanno delle ripercussioni negative sulle prestazioni, inclusa la capacità decisionale (Gaoua e al., 2012).

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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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