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Anoressia nervosa, abuso sessuale nell’infanzia ed esiti della terapia cognitivo comportamentale intensiva 

Nelle pazienti con anoressia nervosa e storie di abuso sessuale, la CBT-E sembrerebbe avere un impatto positivo, pur non affrontando il tema dell'abuso.

Di Cecilia Franchini

Pubblicato il 03 Nov. 2017

Aggiornato il 08 Feb. 2024 15:04

Il ruolo dell’ abuso sessuale nello sviluppo dei disturbi dell’alimentazione è stato ampiamente studiato, portando spesso a risultati contrastanti. Per fare maggior chiarezza un’ équipe di professionisti ha deciso di valutare gli esiti a breve e lungo termine dei pazienti con anoressia nervosa (con e senza una storia riportata di abuso sessuale nell’infanzia), sottoposti a terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E).

 

Il ruolo dell’ abuso sessuale nello sviluppo dei disturbi dell’alimentazione

Il ruolo dell’ abuso sessuale come fattore di rischio nello sviluppo dei disturbi dell’alimentazione è stato ampiamente studiato negli anni, portando spesso a risultati contrastanti. Alcuni studi hanno mostrato come l’ abuso sessuale sia associato ad una più grave psicopatologia nei disturbi dell’alimentazione, altri invece hanno mostrato un legame tra la presenza di una storia di abuso sessuale e un aumento nella gravità di sintomi di ansia, di depressione e sintomi ossessivo-compulsivi. Di recente sono state pubblicate delle revisioni sistematiche che hanno suggerito che l’ abuso sessuale non sia tanto un fattore di rischio specifico per i disturbi dell’alimentazione, quanto un fattore di rischio potenziale per l’insorgere di malattie psichiatriche in generale.

Un’altra questione non ancora chiara, è quale sia il rapporto tra la presenza di una storia di abuso sessuale precedente all’esordio del disturbo dell’alimentazione e l’esito del trattamento. Infatti, negli studi condotti fino ad ora, sono stati applicati differenti approcci e trattamenti e considerate diverse variabili di esito. Tutto ciò ha portato a risultati contrastanti ed ha impedito di trarre conclusioni solide. Inoltre, resta da chiarire se sia necessario affrontare specificatamente l’ abuso sessuale durante il trattamento del disturbo dell’alimentazione oppure no. Infatti, mentre in alcuni studi era stato dimostrato come una pregressa storia di abuso sessuale avesse influenzato l’esito del trattamento in pazienti con diagnosi di disturbo dell’alimentazione, in altri non è stata trovata alcuna associazione tra queste due variabili.

Anoressia nervosa e storie di abuso sessuale: gli effetti della CBT-E

Per cercare di dare maggior chiarezza su questi aspetti, un gruppo di clinici e ricercatori italiani dell’Unità di Riabilitazione Nutrizionale di Villa Garda ha deciso di valutare gli esiti a breve e lungo termine dei pazienti con anoressia nervosa con e senza una storia riportata di abuso sessuale nell’infanzia. Entrambi i gruppi di pazienti sono stati trattati con la versione ospedaliera della terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E), un trattamento che si concentra sui meccanismi che mantengono la psicopatologia specifica del disturbo dell’alimentazione, ma che non si dedica ad affrontare direttamente l’ abuso sessuale.

La terapia prevedeva un periodo di 13 settimane di ricovero seguito da 7 settimane di day-hospital. Per tutti i pazienti sono stati registrati l’indice di massa corporea (BMI) e i punteggi ricavati dall’intervista Eating Disorder Examination (EDE), dal Brief Symptom Inventory (BSI) e dal Work and Social Adjustment Scale (WSAS) prima e dopo il trattamento e nei follow-up a 6 e 12 mesi dalla fine del ricovero.

Sono stati reclutati in totale 81 pazienti: 20 (24,7%) hanno riportato di aver subìto abusi sessuali nell’infanzia prima dell’insorgenza dell’ anoressia nervosa, mentre 61 (75,3%) non hanno riportato alcuna storia di abuso. Per valutare la storia di abuso sessuale che era avvenuto prima dell’insorgere del disturbo alimentare è stata utilizzata un’intervista sviluppata da Welch e Fairburn (1994). Per “abuso sessuale” è stato considerato qualsiasi tipo di esperienza sessuale non consensuale, che implicasse o un contatto fisico diretto, o l’aver subìto un’esposizione indecente, o l’essere stato toccato/stato costretto a toccare l’altra persona in qualsiasi modo sessuale. Quando i pazienti riferivano di aver vissuto almeno una di queste esperienze prima dell’inizio del loro disturbo dell’alimentazione e prima dell’età di 18 anni, si riteneva che avessero sperimentato un abuso sessuale nell’infanzia.

In questo studio sono stati confermati i buoni esiti del trattamento ospedaliero già dimostrati in studi precedenti. Inoltre, dai risultati non sono emerse differenze tra i due gruppi in termini di incremento dell’indice di massa corporea, della psicopatologia specifica dei disturbi dell’alimentazione (EDE), di quella generale (BSI) e della funzionalità lavorativa e sociale (WSAS), dimostrando che non c’è alcuna associazione significativa tra una storia pregressa di abuso sessuale e l’esito del trattamento.

Tali risultati hanno importanti implicazioni cliniche: in primo luogo, si è visto che i pazienti con diagnosi di anoressia nervosa con una storia riportata di abuso sessuale traggono beneficio dal trattamento specifico per il disturbo dell’alimentazione. Inoltre, il fatto di aver subìto un abuso sessuale nell’infanzia sembra non interferire con la CBT-E ospedaliera. Queste conclusioni confermano da un lato l’importanza di riconoscere la presenza di una storia di abuso e delle sue conseguenze, dall’altro dimostrano anche che non è necessario affrontare direttamente questo aspetto durante il trattamento per il disturbo alimentare. Dati tali risultati, sarebbe interessante in futuro valutare l’impatto di altri tipi di abuso sui trattamenti validati per i disturbi dell’alimentazione e prendere in considerazione anche pazienti con altre diagnosi di disturbi alimentari.

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