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La compulsione come costrutto dell’ alimentazione incontrollata

L' alimentazione compulsiva può essere un costrutto transdiagnostico utile per spiegare il disturbo da alimentazione incontrollata.

Di Luisa Resta

Pubblicato il 30 Ott. 2017

Aggiornato il 01 Lug. 2019 14:37

L’ alimentazione compulsiva è un costrutto transdiagnostico che è caratteristico di alcune condizioni di attenzione medica e psichiatrica come ad esempio l’obesità e i DCA (disturbi del comportamento alimentare).

Luisa Resta, OPEN SCHOOL Scuola Cognitiva di Firenze

La compulsione come costrutto transdiagnostico

I comportamenti compulsivi possono essere definiti come delle condotte ripetute nonostante le conseguenze avverse ovvero dei comportamenti reiterati che risultano inappropriati in determinate situazioni. I soggetti con le compulsioni riconoscono spesso che il loro comportamento è dannoso, ma si sentono emotivamente costretti a metterlo in atto.

La compulsione affonda le sue radici nella sintomatologia tipica del disturbo ossessivo-compulsivo, nel discontrollo degli impulsi e nelle condotte di abuso di sostanze. Tuttavia il comportamento compulsivo è una caratteristica non solo dell’abuso di sostanze e delle dipendenze, ma anche di qualche disturbo alimentare, come il BED, o in alcune forme di obesità, come pure del costrutto della dipendenza da cibo.

Nelle dipendenze da sostanze la compulsione si manifesta come una spinta persistente ad usare le droghe e un’incapacità di controllarne l’uso; allo stesso modo le patologie legate al cibo sono caratterizzate da un bisogno smodato e incontrollabile di alimentarsi in modo eccessivo nonostante gli sforzi di tenere sotto controllo tale comportamento.

Gli attuali modelli di comprensione pongono l’attenzione su tre elementi in particolare:
1) l’alimentazione incontrollata come abitudine;
2) l’alimentazione come strategia disfunzionale per fronteggiare uno stato emotivo negativo;
3) l’alimentazione incontrollata nonostante le conseguenze avverse.

L’ alimentazione compulsiva è caratterizzata dai suddetti elementi che derivano da disfunzioni cerebrali nelle aree deputate all’apprendimento per ricompensa, ai processi emotivi e al controllo delle inibizioni. Disfunzioni dei sistemi relativi ai neurocircuiti (nello specifico, i gangli della base, l’amigdala estesa e la corteccia prefrontale) sembrano implicate in tali condotte patologiche di alimentazione.

L’alimentazione eccessiva è frutto di un’abitudine appresa

Per quanto riguarda il primo aspetto, occorre ricordare come la formazione di un’abitudine sia il risultato finale di un processo di apprendimento adattivo in cui le azioni volontarie diventano abituali attraverso meccanismi di rinforzo. Gli stimoli ambientali legati all’alimentazione, noti come rinforzi condizionati, possono aumentare in modo robusto il desiderio di mangiare anche in assenza di cibo in sé o in assenza di bisogni fisiologici legati alla fame. Attraverso ripetuti accoppiamenti di uno stimolo (stimolo condizionato) con il cibo (stimolo incondizionato), lo stimolo appreso diventa un incentivo saliente, provocando così intensi impulsi per ottenere la ricompensa associata e agisce anche come un rinforzo condizionato che contribuisce al mantenimento del desiderio di ricercare cibo, anche senza la presentazione degli alimenti.

Si ipotizza che il comportamento compulsivo possa riflettere un’ abitudine disadattiva di stimolo-risposta che precedentemente costituiva un comportamento flessibile e volontario. Le abitudini si formano attraverso un’azione rinforzata ripetuta finché l’associazione stimolo-risposta non interrompe lo scopo del comportamento (ad esempio la ricerca di un particolare alimento) come motivazione per eseguire l’azione.

Le abitudini possono essere considerate compulsive quando persistono nonostante la svalutazione, o una riduzione dell’efficacia del rinforzo. Nell’ alimentazione compulsiva, l’incapacità di adattare il comportamento alimentare in base al valore motivazionale del risultato può riflettere un’abitudine compulsiva. In talune ricerche è stato evidenziato come un comportamento compulsivo possa essere generato da un conflitto o una situazione stressante, successivamente tale condotta tende a caratterizzarsi per la sua natura compulsiva anche quando gli stimoli scatenanti sono assenti, plausibilmente anche a causa delle endorfine rilasciate nel cervello. In altre parole, una volta che tale comportamento si è radicato, si trae una sorta di euforico appagamento che produce assuefazione, paragonabile in tutto e per tutto alla dipendenza da sostanze. Alcuni studi hanno evidenziato nei soggetti con un disturbo da binge eating una particolare distorsione cognitiva quando si impegnano nell’apprendimento di un’abitudine rispetto ad altri tipi di apprendimento, il che sembrerebbe essere alla base dell’abitudine compulsiva come risposta appresa.

Il cibo come sollievo dalle emozioni negative

Mettere in atto un comportamento, come ad esempio ingerire grosse quantità di cibi gradevoli, allo scopo di alleviare uno stato emotivo negativo è un altro elemento importante che caratterizza l’ alimentazione compulsiva. Tale elemento si rintraccia ad esempio anche nella sintomatologia del disturbo ossessivo-compulsivo, caratterizzato da ansia e stress prima di commettere comportamenti compulsivi e sollievo conseguente all’esecuzione degli stessi.

Si ipotizzano due processi distinti, ma sovrapposti alla base di questo effetto negativo indotto dall’astensione comportamentale: diminuzione della ricompensa e maggiore stress. La funzione di ricompensa diminuita è caratterizzata da un’abituazione e dalla perdita di motivazione per le ricompense ordinarie. La sensazione negativa deriva anche dall’interessamento dei sistemi cerebrali legati allo stress che si ipotizza siano ripetutamente coinvolti in tale meccanismo, causando irritabilità e ansia. Pertanto, nel momento in cui un comportamento diviene compulsivo, si ipotizza uno spostamento dei fattori che l’hanno motivato: mentre inizialmente il comportamento è rinforzato positivamente, in seguito la compulsione potrebbe sorgere a partire dai meccanismi di rinforzo negativo, come il sollievo dalle emozioni negative a causa dell’astensione. I vissuti di disforia, ansia e irritabilità nel momento in cui la ricompensa (cibo) cercata non è disponibile caratterizzano i disturbi alimentari e possono portare ad un comportamento alimentare compulsivo.

Per quanto riguarda l’alimentazione, l’astinenza da certi cibi si configura come un nuovo equilibrio alimentare, comunemente chiamato dieta, che implica una riduzione delle calorie ingerite e/o un cambiamento di dosaggio energetico, passando da cibi altamente appetibili e proibiti ad un incremento di cibi più salutari. Numerosi studi hanno infatti evidenziato come la maggior parte dei soggetti obesi, a inizio dieta, provino sensazioni di irritabilità e ansia intense. Inoltre anche il passaggio da un equilibrio alimentare ricco di calorie ad uno meno calorico comporta un peggioramento del tono dell’umore e sintomi depressivi, e questi sono associati a loro volta con un’alimentazione eccessiva come strategia di gestione dello stress, riflettendo probabilmente un tentativo di automedicamento emotivo attraverso il comfort food. Tali risultati sembrano supportare l’ipotesi che la dieta possa peggiorare uno stato emotivo negativo, e che l’ alimentazione compulsiva possa essere mantenuta attraverso un meccanismo di rinforzo negativo.

Nei modelli sperimentali animali, l’accesso ripetuto e intermittente a un cibo gradevole porta a segni emozionali di ritiro spontaneo, come ansia, depressione e una maggiore reattività allo stress. Dopo l’esposizione ad una dieta ad alta percentuale di grassi, i ratti mostrano elevate soglie di ricompensa di stimolazione cerebrale. Un simile funzionamento ridotto del sistema di ricompensa è stato osservato anche nei ratti soggetti a obesità, prima dello sviluppo dell’obesità, indicando come il ridotto funzionamento del sistema della ricompensa costituisce allo stesso tempo sia un fattore di vulnerabilità che una conseguenza dell’eccessivo consumo di alimenti gradevoli.

Avere nuovamente accesso a dei cibi appetibili in seguito ad un periodo di privazione ne induce un consumo eccessivo e ciò a sua volta allevia il disagio causato da depressione e ansia. Le prove derivanti dai modelli animali suggeriscono fortemente che l’alimentazione patologica può contribuire all’emergere di uno stato emotivo negativo e che ottenere sollievo da ansia o stress può portare ad un’ alimentazione compulsiva.

Perdita di controllo e conseguenze negative dell’ alimentazione compulsiva

Infine, l’ultimo elemento caratteristico dell’ alimentazione compulsiva sembra essere la perdita di controllo, dovuta a deficit nei meccanismi deputati alla soppressione delle azioni inappropriate. Questi deficit probabilmente conferiscono vulnerabilità al comportamento di dipendenza e / o emergono da un uso persistente e prolungato di cibo altamente appetibile, e spingono i soggetti a procrastinare il comportamento disfunzionale anziché porvi fine. Ricerche sperimentali hanno mostrato come individui con disturbi del comportamento compulsivo mostrino una scarsa performance sui compiti relativi alle funzioni esecutive e al controllo inibitorio relativo al cibo, come limitare le risposte, inibire il craving o ritardare l’assunzione. Tali deficit sono associati ad un aumento di peso maggiore e ad una bassa risposta al trattamento per la perdita di peso.

Tale mancanza di controllo spesso persiste nonostante le complicanze fisiche, psicologiche e sociali che portano o esacerbano l’alimentazione incontrollata. Tali soggetti spesso soffrono a causa delle emozioni negative in seguito alle abbuffate, a causa di vissuti di vergogna, negazione e colpa. Quando queste conseguenze emotive e fisiche negative superano gli effetti desiderabili di un cibo gradevole, le persone spesso tentano di iniziare una dieta o di evitare di cedere all’impulso disfunzionale, sebbene poi ricadano spesso in abitudini alimentari scorrette e poco sane.

Nonostante la ricerca si stia interessando sempre più a tale argomento, occorrono ancora numerosi sforzi per una comprensione più profonda dei meccanismi sottostanti al comportamento alimentare compulsivo, non solo in un’ottica patogenetica ma per migliorare le prospettive di prevenzione e trattamento.

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