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I potenziali evocati (ERP): in cosa consistono – Introduzione alla Psicologia

I potenziali evocati (ERP) sono delle variazioni del potenziale elettrico derivanti da uno stimolo visivo, somestesico o uditivo.

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 07 Set. 2017

I potenziali evocati evento correlati, ERP, rappresentano delle modificazioni riguardanti il segnale derivante dall’elettroencefalografia. Si tratta di variazioni del potenziale elettrico derivanti da uno stimolo visivo, somestesico o uditivo. Essi sono modificazioni dell’attività̀ elettrica cerebrale spontanea scaturente da un evento esterno, stimolazione sensoriale esogena, usato per evocare un fenomeno cognitivo endogeno. 

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

 

I potenziali evocati: che cosa sono

I potenziali evocati hanno una dimensione di segnale molto ridotta rispetto all’EEG. Essi sono ricavati estraendo rumore di fondo da una serie di registrazioni da cui si deduce una media del segnale (Averaging). Di conseguenza, al crescere del numero di stimolazioni la morfologia del segnale sarà più̀ definita e darà origine ad un ERP.
Gli ERP si rappresentano attraverso delle onde, ovvero variazioni di voltaggio nel tempo dell’ordine del microVolt e consistono graficamente in una serie di flessi sia positivi che negativi cui seguono dei picchi, anche essi positivi o negativi, in base alla polarità e alla posizione ordinale dell’onda (N1, P2, N2 etc) o alla latenza (in ms, ad esempio P300).

Storia

La prima testimonianza relativa a registrazioni di attività bioelettriche cerebrali risale al 1875, quando Richard Caton pubblicò i risultati dei suoi esperimenti su animali. Successivamente, nel 1924, Hans Berger riuscì ad ottenere la prima registrazione di segnali elettrici cerebrali su un uomo, usando strisce metalliche attaccate allo scalpo del soggetto come elettrodi e un sensibile galvanometro come strumento di registrazione. Berger fu il primo ad osservare i pattern temporali delle onde elettriche cerebrali. Dal 1924 al 1938 egli pose le basi per descrivere la registrazione dei potenziali elettrici cerebrali.
Questi ultimi sono classificabili in tre categorie:
1) attività spontanea;
2) potenziali evocati;
3) eventi bioelettrici provocati da singoli neuroni.

Potenziali evocati: come vengono registrati

I potenziali evocati o risposte evocate, risultano registrati attraverso elettrodi di superficie posizionati sulla testa. Al contrario dell’EEG che descrive l’attività̀ elettrica cerebrale di base, un potenziale evocato consiste in una variazione specifica del segnale bioelettrico conseguente alla stimolazione di una via sensoriale o ad un evento motorio. Un Potenziale Evocato è costituito da oscillazioni del potenziale elettrico e ha una forma d’onda caratterizzata da una serie di punti di flesso positivi o negativi, definite componenti.

Le componenti sono caratterizzate dalla polarità del picco (positivo o negativo), che dipende dalla posizione dell’elettrodo all’interno della distribuzione del campo elettrico superficiale. La distribuzione dei campi superficiali dipende, a sua volta, dall’area corticale attivata, dal suo orientamento rispetto al cuoio capelluto e dalla natura del campo elettrico. Le altre caratteristiche delle componenti sono l’ampiezza, considerata l’espressione del livello di attivazione delle cellule, la latenza, ovvero i millisecondi che si hanno dalla comparsa dello stimolo, in cui minore è l’intervallo, più̀ precoce si ritiene sia la comparsa dello stadio di elaborazione dell’informazione che la componente riflette, e la distribuzione sullo scalpo, sede delle componenti che consente di identificare quale regione corticale è attiva in seguito ad un particolare stimolo.

Ciascuna componente riflette la presenza di potenziali post sinaptici, eccitatori o inibitori, sincroni derivanti da un gruppo di neuroni corticali in grado di generare campi sufficientemente ampi da essere registrati in superficie. La localizzazione delle componenti permette quindi di identificare quale area corticale è attiva in seguito ad un particolare stimolo sperimentale.

I parametri che si analizzano nello studio dei potenziali evocati sono:
• la latenza, distanza temporale tra il momento di applicazione dello stimolo ed il momento di comparsa della componente;
• la topografia, posizione sulla superficie cranica in cui è ottenibile la massima ampiezza della componente;
L’ampiezza, grandezza della deflessione della componente rispetto al livello basale.

I potenziali, dunque, sono registrati mentre sono presentati, a un soggetto, stimoli ripetitivi sperimentali, visivi, uditivi, etc. I tracciati, successivamente, saranno sottoposti a procedure standard di elaborazione e alla scomposizione in epoche, risposte allo stimolo, discrete e sincronizzate con gli eventi stimolanti. I campioni del segnale vengono quindi mediati (averaging), per riuscire a estrarre segnale pulito dal rumore di fondo, tale tecnica costituisce l’essenza di base delle metodiche di elaborazione dei potenziali evocati.

L’averaging rappresenta la risposta media del cervello allo stimolo o all’evento, derivante dalla sommazione di numerose epoche sincronizzate con lo stimolo o con l’evento stesso. In questo modo, l’attività̀ evocata dall’evento si somma algebricamente con l’attività̀ di fondo, la quale, essendo fondamentalmente casuale rispetto all’evento, tende a ridursi o annullarsi; in tal modo, l’attività̀ evocata viene posta in risalto rispetto al rumore di fondo. Pertanto, la risposta media è la risposta evocata, le cui componenti (picchi positivi o negativi) sono riconducibili ai vari stadi di processamento dell’informazione sensoriale o evento-correlata nel cervello.

Dopo aver isolato la risposta evocata, si procede con l’analisi delle sorgenti delle componenti, individuando la loro localizzazione. A tal scopo si sfruttano le variazioni nello spettro di potenza del segnale causate da uno stimolo sensoriale o evento. Il metodo consiste nel calcolo dello spettro dei segnali conseguenti lo stimolo e nel confronto con lo spettro dei segnali antecedenti lo stimolo.

Tipi di segnale

I potenziali evocati si dividono in:
– Stimolo-correlati: essi dipendono dalle caratteristiche fisiche dello stimolo sperimentale applicato.
– Evento-correlati o Event Related Potentials (ERP): derivano dal contesto psicologico, o evento, in cui avviene la stimolazione. Tali potenziali, a differenza di quelli stimolo-correlati, dipendono dal contenuto informativo dello stimolo e compaiono solo quando il soggetto presta attenzione allo stimolo stesso e gli attribuisce un significato.

I segnali ERP sono fondamentali nel campo delle neuroscienze poiché aiutano a comprendere come le funzioni cognitive, e le relative manifestazioni in comportamenti ed esperienze soggettive, siano correlate all’attività̀ cerebrale.
Le componenti che caratterizzano il potenziale evocato sono collegate alle varie funzioni cerebrali e riguardano le funzioni cognitive derivanti dall’attività̀ cerebrale registrata sullo scalpo.

Esse sono rappresentate da sigle, ad esempio:
P1: se presente, ha una latenza di 50 ms dopo l’inizio dello stimolo uditivo o 100 ms dopo lo stimolo visivo. Questa componente viene interpretata come un indicatore neurofisiologico dell’attenzione allo stimolo sensoriale.
N1: si riferisce all’attenzione selettiva rivolta verso uno stimolo e ai processi di pattern recognition. Si presenta tipicamente 100 ms dopo l’inizio dello stimolo visivo e ha la sua massima ampiezza nelle aree fronto-centrali. Esiste anche una N1 uditiva composta da due componenti, una sopra il sito centrale con latenza pari a 100 ms e un’altra sopra il sito posteriore con latenza pari a 165 ms.
P2: legata a diversi task cognitivi, inclusi quelli di attenzione selettiva e memoria a breve termine. E’ presente anche in stimoli uditivi insieme alla N1, ma meno localizzata e risulta sensibile ai parametri fisici dello stimolo, come suono alto o suono basso.
N2: è sensibile alla varianza tra soggetti e può essere soggetta a diverse interpretazioni psicologiche, tra cui la discriminazione dello stimolo. Il picco N170 fa parte del complesso N2 ed è associato al riconoscimento dei volti umani.
P300: è un potenziale positivo che per definizione compare solamente in seguito a stimoli target e deriva principalmente da aree centro-parieto-occipitali mediane.
P300 non riflette una specifica funzione cognitiva, ma è espressione globale dei molteplici processi cerebrali implicati nel mantenimento della memoria di lavoro. La P300 si genera ogni qualvolta il soggetto aggiorna la propria rappresentazione mentale del contesto ambientale nel quale si trova ad operare. La latenza della P300 esprime il tempo impiegato dal soggetto per completare il pieno riconoscimento dello stimolo atteso. L’ampiezza, invece, è funzione inversa della probabilità̀ di comparsa (sia oggettiva che soggettiva) dello stimolo significativo e della quantità di informazione da esso trasmessa al soggetto. In ordine temporale di comparsa, la componente P300 segue la componente N2.
La N400. Rappresenta un indice generale derivante dalla difficoltà di recupero di conoscenze concettuali immagazzinate in relazione a uno stimolo dotato di significato. Essa è stata descritta per la prima volta nel contesto dell’elaborazione di frasi, ma studi recenti dimostrano che può essere elicitata anche da stimoli non linguistici come le immagini dotate di significato.

In diagnostica, i potenziali evocati più frequentemente utilizzati sono quelli somato-sensoriali (indotti da stimolazione elettrica tipicamente del nervo mediano del braccio o del nervo tibiale della gamba), quelli visivi (stimolazione tramite ad esempio un’immagine a scacchiera in movimento su un monitor) e quelli uditivi (stimolazione acustica ad esempio mediante ‘click’ di basso volume applicati tramite una cuffia). I potenziali evocati esaminano l’integrità̀ delle vie di conduzione nervosa periferiche e centrali. La forma e la latenza del potenziale possono rivelare alterazioni delle vie afferenti e permettono di evidenziare un difetto sensoriale, quantificandone anche l’entità̀. Tale metodica risulta ad esempio utile per lo studio delle lesioni sistemiche afferenti del sistema nervoso, causate da patologie croniche degenerative.

Applicazione, vantaggi e svantaggi dei potenziali evocati

Gli ERP rappresentano una tecnica molto adeguata con cui studiare l’attività corticale e non sono invasivi, malgrado mostrino poca risoluzione spaziale; necessitano di numerose prove da cui estrarre il segnale e mostrano artefatti soprattutto dovuti ai movimenti oculari di ammiccamento e allo stato di tensione della mandibola. Per ovviare a tali problemi e individuare l’esatta sede di produzione del segnale elettrico si utilizzano algoritmi matematici per modellizzare le sorgenti intracorticali che sottendono le distribuzioni dei potenziali di superficie.

Gli ERP sono utilizzati nella ricerca per studiare i processi cognitivi normali e patologici, come afasia, dislessia, pazienti con lesioni prefrontali, etc.
Essi, inoltre, sono comuni anche nella pratica clinica per individuare l’integrità funzionale, il livello di compromissione o il grado di maturazione di vie nervose periferiche visive, uditive, somatosensoriali, e delle funzioni cognitive superiori.

 

 

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

Sigmund Freud University - Milano - LOGORUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Kandel, E. R., & Schwartz, L.H. (2014). Principi di Neuroscienze. Casa Editrice Ambrosiana.
  • Monica Fabiani, Gabriele Gratton, and Kara D. Federmeier: Event-Related Brain Potentials : Methods, Theory, and Applications. In: Handbook of Psychophysiology / ed. by John T. Cacioppo, Louis G. Tassinary, and Gary G. Berntson. 3rd. ed. Cambridge: Cambridge University Press, 2007. ISBN 978-0-521-84471-0. pp. 85–119
  • Steven, J. L. (2005). An Introduction to the Event-Related Potential Technique. Cambridge, Mass.: The MIT Press.
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