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Incertezza ed interdipendenza: il ruolo della performance adattiva nel contesto lavorativo

Il mondo del lavoro attuale è caratterizzato da incertezza e interdipendenza e la performance adattiva è quella che sa fronteggiare i cambiamenti.

Di Valeria Anna Fauci

Pubblicato il 05 Set. 2017

La performance adattiva acquista crescente rilevanza quando ci riferiamo a fattori come l’avvento della tecnologia, la ridefinizione del lavoro, i cambiamenti della strategia etc. Per ciò che riguarda la sua definizione, anche qui esistono concezioni differenti, ma nonostante ciò la maggior parte dei ricercatori concorda nel sottolinearne gli aspetti che riguardano l’apprendimento e l’applicazione delle nuove conoscenze e competenze alle esigenze di attività che cambiano (Mariani, 2011).

 

Al giorno d’oggi i contesti organizzativi sono soggetti all’influenza di un ambiente che si mostra sempre più complesso e dinamico. La globalizzazione dei mercati, la forte competizione che ne deriva, insieme all’avvento delle nuove tecnologie d’informazione e comunicazione, hanno portato ad una trasformazione veloce e considerevole del mondo del lavoro.

In risposta a questi avvenimenti, le caratteristiche del lavoro sono mutate e così anche i requisiti richiesti, i ruoli ed i profili (Mariani, 2011). Questa situazione fa da cornice al cambiamento del significato che viene dato alla performance lavorativa. Tradizionalmente, la performance lavorativa veniva considerata in termini di competenza con il quale l’individuo porta a termine i compiti accuratamente specificati nella descrizione del lavoro (Murphy e Jackson, 1999). Oggi, il cambiamento della natura del lavoro e delle organizzazioni ha sfidato le tradizionali visioni della performance lavorativa (Ilgen & Pulakos, 1999). Le tendenze attuali, considerano i ruoli lavorativi in contesti organizzativi dinamici, ampliando il concetto di prestazione lavorativa. In altre parole, per ottenere performance efficaci, gli individui e i gruppi di lavoro, così come le stesse organizzazioni, devono adattarsi prontamente ai nuovi compiti, alle richieste lavorative e più in generale al mercato lavorativo. In quest’ottica, lo spostamento del focus va dalla stretta considerazione di compiti specifici e doveri inerenti a posizioni fisse, alla considerazione di un più ampio range di competenze professionali che emergono dai ruoli lavorativi (Sarchielli, 2008 in Mariani 2011).

Nel presente elaborato verranno presentati alcuni contributi alla comprensione delle prestazioni lavorative, in risposta ai mutamenti dei contesti lavorativi. In seguito, verranno prese in considerazione le caratteristiche del contesto lavorativo e successivamente verranno trattati i cambiamenti che si ripercuotono sulle caratteristiche del lavoro. Più avanti, infine, sarà approfondito il costrutto di performance adattiva.

Come cambia il concetto di prestazione lavorativa

In seguito all’aumentare della complessità del lavoro, in letteratura, la prestazione lavorativa viene rappresentata come un punto nevralgico di complessa definizione (Austin e Villaova 1992; Campbell 1990; Murphy e Cleveland 1995; Shmidt e Hunter, 1992). A spiegarne l’importanza troviamo la sua implicazione nei processi che riguardano la gestione delle risorse umane. Per questo motivo, l’attenzione che il costrutto ha ricevuto da parte di ambiti alquanto eterogenei, ha portato l’apparizione di diverse correnti interpretative.

Come affermano Binning e Barrett (1989 in Pini e Mariani, 2014), è possibile leggere le prestazioni lavorative seguendo due correnti: la prima si riferisce alle prestazioni seguendo un approccio più riferito ai comportamenti, mentre la seconda si rifà ai risultati portati a termine. Per sormontare questo dualismo, Viswesvran e Ones (2000), adottano un approccio più inclusivo, concettualizzando la performance lavorativa come un congiunto di azioni, comportamenti e risultati che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi organizzativi.

Successivamente, Motowidlo (2003), sottolinea l’importanza di differenziare i concetti di prestazione, comportamento e risultato. L’esigenza di questa differenziazione nasce dal presupposto che l’insieme di comportamenti eseguiti durante lo svolgimento del proprio lavoro, siano scindibili in comportamenti che non apportano nessun contributo diretto al raggiungimento degli obiettivi organizzativi e comportamenti che sono direttamente collegati a questi ultimi. Motowidlo (2003), dunque, definisce la prestazione lavorativa come il valore atteso dall’organizzazione in seguito ad episodi comportamentali che un individuo mette in atto in un determinato periodo di tempo. In aggiunta, viene effettuata una seconda differenziazione, che separa i comportamenti dai risultati. Come spiegano Motowidlo (2003) e Viswesvaran (2001), infatti, nonostante la distinzione tra comportamenti e risultati non possa essere del tutto netta, è importante poiché tiene conto del grado di controllo sui compiti e dell’influenza che questo può avere sui risultati.

Task e contextual performance

In merito all’aspetto che riguarda le diverse componenti della performance lavorativa, intesa come costrutto multidimensionale, Borman e Motowidlo (1993) effettuano una distinzione tra task performance (la performance riferita al compito) e contextual performance (la performance riferita al contesto). Come spiegano gli autori, la task performance viene definita come l’efficacia con la quale le attività dei lavoratori contribuiscono a quello che viene chiamato “technical core” dell’organizzazione. Quando parliamo di technical core, ci riferiamo a quelle attività che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi organizzativi sia direttamente, per esempio tramite l’implementazione di un processo tecnologico, che indirettamente, ovvero tramite la lavorazione di materiali o la prestazione di servizi (Borman e Motowidlo, 1993). Un esempio in grado di facilitare la comprensione della dimensione della task performance, può esserci dato dall’analisi dell’attività lavorativa di vendita. La task performance, in questo caso, include le conoscenze sul prodotto venduto, la finalizzazione della vendita e la gestione del tempo. Allo stesso modo, i comportamenti inerenti alla task performance per il lavoro svolto da un pompiere, avranno a che vedere con operazioni di salvataggio, come l’applicazione di procedure di estrazione delle persone dalle macerie in seguito ad un terremoto.

Dall’altro lato, il dominio della contexual performance, espande il costrutto della performance lavorativa, includendo una varietà di comportamenti non specifici del lavoro (Borman e modowildo, 1993), che quindi non fanno formalmente parte del ruolo lavorativo in sé (Conway, 1999). Pertanto, a differenza delle attività legate al compito, che vengono di norma esplicitate nella job description e variano considerevolmente rispetto al tipo di ruolo, le attività contestuali non sempre sono riportate nella job description e tendono ad essere più simili quando effettuiamo comparazioni tra diversi lavori (Borman e Motowidlo (1993). La contextual performance, si riferisce a quelle attività che supportano il contesto organizzativo, sociale e psicologico, catalizzando così, i processi e le attività legate ai compiti (Borman e Motowidlo, 1997).

Successivamente, Viswesvran e Ones (2000), approfondiscono un’area di comportamenti affine al concetto di contextual performance: i comportamenti di cittadinanza organizzativa. Questi comportamenti, vennero indagati originariamente da Smith, Organ e Near (1983; 1988) e si riferiscono a dimensioni come l’altruismo e la tendenza a conformarsi alle regole. Così come la prestazione legata al contesto, anche i comportamenti di cittadinanza organizzativa vengono descritti con accezione discrezionale.

Fino ad ora, abbiamo parlato di comportamenti sul lavoro con valenza positiva. Le dimensioni presentate precedentemente, infatti, posseggono un certo grado di desiderabilità. Tuttavia, alcune condotte risultano essere negative per l’organizzazione. Ne fanno parte i “comportamenti controproducenti”, che vengono descritti da Sackett e DeVore (2001 in Mariani 2011) come qualsiasi comportamento intenzionale da pare di un membro dell’organizzazione, che sia considerato da quest’ultima come contrario ai suoi interessi legittimi.

Assistiamo, dunque, ad una graduale assunzione del ruolo lavorativo come componente strettamente interconnessa con la totalità del sistema organizzativo. Questo passaggio ad una concezione del ruolo lavorativo come parte integrante di un sistema interconnesso con l’ambiente, ha portato i recenti approcci a concentrarsi sull’intero insieme di comportamenti che contribuiscono all’efficacia dei risultati organizzativi. Il primo aspetto da sottolineare in questa tendenza, è senza dubbio la rilevanza che sta assumendo, non solo il modo di svolgere un determinato compito, ma anche il modo in cui l’individuo regola l’insieme di comportamenti legato al contesto in cui il compito viene svolto.

In relazione a quanto appena detto, uno studio di Griffin, Neal e Neale (2000)1 , mostra come la percezione dell’efficacia della performance dei controllori del traffico aereo, da parte dei supervisori, sia influenzata dalla contextual performance. L’aspetto interessante dello studio risiede nella rilevanza dei comportamenti legati al contesto, anche per ruoli strettamente tecnici. Lo studio riflette un primo interesse degli autori per quello che è l’ambiente sociale in cui si manifesta la prestazione. Diversi anni dopo, infatti, Griffin, Neal e Parker (2007), riprendono il concetto di ambiente organizzativo, concentrandosi su alcune condizioni attuali del mondo del lavoro, che hanno caratterizzato il consequenziale cambiamento dei ruoli lavorativi.

Nei prossimi paragrafi verranno presentati alcuni contribuiti che forniscono una chiave di lettura dell’evoluzione del contesto lavorativo e l’impatto che ha avuto sullo studio della performance lavorativa.

Incertezza ed interdipendenza nelle organizzazioni: la performance adattiva

L’interdipendenza e l’incertezza negli ambienti lavorativi, sono questioni che hanno acquisito una certa consistenza nelle organizzazioni (Burns e Stalker, 1961; Perrow, 1967; Thompson, 1967 in Griffin, Neal e Parker, 2007). L’interesse verso i temi riguardanti le caratteristiche dell’ambiente, nasce proprio dall’esigenza di incorporare i fattori del contesto organizzativo, in modo tale da avere una comprensione più ampia, in grado di spiegare e valutare la prestazione lavorativa degli individui. Pertanto, con l’intento di fornire delle linee guida per leggere adeguatamente la performance in seno ai cambiamenti che caratterizzano l’ambiente organizzativo, alcuni autori si sono concentrati sul modo in cui, essi stessi, dirigono il cambiamento della natura dei ruoli lavorativi.

Nel 2007 Griffin, Neal e Parker, mettono a punto un modello di performance, focalizzandosi su due aspetti importanti degli odierni contesti lavorativi: l’incertezza e l’interdipendenza. Tali condizioni, sono scaturite dalla competizione che caratterizza i mercati, dai cambiamenti tecnologici e dalla maggiore attenzione diretta alle esigenze dei clienti (Burns e Stakler, 1961). Riprendendo la distinzione strutturale effettuata da Borman e Motowidlo (1993), è evidente che la task e la contextual performance siano concepite come due dimensioni distinte e separate. Tuttavia, nonostante la contextual performance sia definita convenzionalmente come un insieme di comportamenti discrezionali, numerose ricerche ne riconoscono l’importanza per il raggiungimento dei risultati organizzativi (Griffin, Neal e Neale, 2000). Seguendo questa linea, Griffin, Neal e Parker (2007) si concentrano sul modo in cui l’interdipendenza nei contesti organizzativi, mette in risalto il valore dei comportamenti mirati a costruire e mantenere il contesto sociale.

Basandosi sulla teoria del ruolo (Kats e Kahn, 1978), gli autori descrivono l’organizzazione come un sistema di comportamenti interdipendenti. Secondo loro, di fatti, i comportamenti mirati a costruire e mantenere il contesto sociale organizzativo, assumono valore quando i sistemi che compongono un’organizzazione si configurano come interdipendenti. Quando parliamo di interdipendenza, ci riferiamo alla cooperazione delle varie componenti del sistema organizzativo, che lavorano insieme per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi (Cummings e Blumberg, 1987). Nei sistemi interdipendenti, il comportamento dell’individuo ha un impatto non solo sull’efficacia dell’individuo stesso, ma anche sull’efficacia dei gruppi, dei team e dell’organizzazione stessa (Murphy & Jckson, 1999). Seguendo questo approccio, è possibile notare che quando le attività del ruolo lavorativo sono interdipendenti dagli altri ruoli, il collegamento tra l’efficacia e i comportamenti acquisisce una certa complessità (Griffin, 2007). Per esempio, aiutare un collega membro del proprio team, non contribuirebbe direttamente all’efficacia dell’individuo che mette in atto quel comportamento, ma potrebbe contribuire all’efficacia dell’intero team.

Mettendo da parte per un momento il concetto di interdipendenza, ci concentriamo adesso su un altro aspetto che caratterizza i contesti lavorativi odierni: l’incertezza.
Nel loro studio, gli autori affrontano il bisogno di fronteggiare situazioni d’incertezza nelle organizzazioni (Burns & Stalker, 1961; Perrow, 1967; Thompson, 1967). L’incertezza, viene definita da Kats e Khan (1978) come una caratteristica del contesto organizzativo, che si contraddistingue per la poca prevedibilità degli input, dei processi o degli output dei sistemi lavorativi (Wall, Cordery & Clegg, 2001). Ma quali sono le ripercussioni che questi cambiamenti hanno sui ruoli lavorativi? Se prima, essere consapevoli dei requisiti richiesti dai ruoli lavorativi fosse pressoché di norma, al giorno d’oggi i ruoli sono connotati da una grande flessibilità (Sarchielli, 2008). In questo caso, come spiegano Griffin e collegi, (2007), i ruoli lavorativi emergono dinamicamente in risposta alle esigenze del contesto. L’incertezza nei contesti organizzativi plasma i comportamenti che vengono valutati durante lo svolgimento del lavoro, determinandone il grado di formalizzazione. Gli individui, infatti, per fronteggiare situazioni nuove, mettono in atto a loro volta, dei nuovi comportamenti.

Il modello presentato dagli autori, propone la categorizzazione di tre tipi di comportamenti: abilità messe in atto, adattamento e proattività. Questa prima distinzione, risponde al bisogno di fare chiarezza circa il carattere multidimensionale della performance adattiva lavorativa. In aggiunta, vengono presentati tre livelli, che vedono l’individuo come attore organizzativo, rispettivamente inserito in differenti contesti. I livelli che vengono presi in considerazione sono: il contesto individuale, gruppale ed organizzativo.

Tuttavia, nonostante la peculiarità del modello consista nella possibilità di identificare 9 sottodimensioni distinte ed integrate in un unico costrutto di prestazione di ruolo (Pini e Mariani, 2014), in questo elaborato ci concentreremo solo su quello della performance adattiva.

La performance adattiva secondo il modello di Griffin, Neal e Parker

Uno dei primi tentativi di descrivere quella che viene intesa performance adattiva è da ricondursi ad Allworth e Hesketh (1999 in Mariani 2011) che si riferivano ai comportamenti di fronteggiamento dei cambiamenti e al trasferimento dell’apprendimento ad altri.

La performance adattiva acquista crescente rilevanza quando ci riferiamo a fattori come l’avvento della tecnologia, la ridefinizione del lavoro, i cambiamenti della strategia etc. Per ciò che riguarda la sua definizione, anche qui esistono concezioni differenti, ma nonostante ciò la maggior parte dei ricercatori concorda nel sottolinearne gli aspetti che riguardano l’apprendimento e l’applicazione delle nuove conoscenze e competenze alle esigenze di attività che cambiano (Mariani, 2011). Per sottolineare la centralità dell’adattamento dell’individuo all’ambiente, Griffin, Neal e Parker (2007), parlano di adattamento in un’ottica di fronteggiamento dell’incertezza che influenza i ruoli lavorativi. Questa emergente dimensione della performance adattiva, viene descritta tenendo conto dei tre livelli contestuali nei quali l’individuo può trovarsi:

  • L’adattamento a livello individuale, riflette il grado in cui gli individui affrontano, rispondono e supportano i cambiamenti che fanno parte del loro ruolo lavorativo.
  • L’adattamento a livello gruppale, riflette il grado in cui gli individui fronteggiano, rispondono e supportano i cambiamenti che interessano i loro ruoli all’interno di un gruppo.
  • L’adattamento a livello organizzativo, riflette il grado in cui gli individui fronteggiano, rispondono e supportano i cambiamenti che gravano sui loro ruoli, in qualità di membri di un’organizzazione.

Come spiega Pulakos (2000), l’adattamento individuale fa capo alla necessità di avere a che fare con situazioni lavorative incerte, dettate ad esempio dai cambiamenti tecnologici. Nell’epoca attuale, d’altronde, gli individui sono tenuti a fronteggiare la repentina evoluzione delle tecnologie necessarie per svolgere i compiti lavorativi. Così come per il singolo individuo che si trova ad affrontare cambiamenti nei loro compiti individuali, l’incertezza del contesto impatta anche sull’individuo in qualità di membro del team e dell’organizzazione. I team, infatti, sono chiamati ad adattarsi non solo ai cambiamenti esterni, ma anche a quelli dei singoli individui che li compongono (Kozlowski, Gully, Nason e Smith 1999) e allo stesso tempo, ai cambiamenti che interessano l’organizzazione in sé, come ad esempio cambiamenti di strategie.

In questo quadro, è importante riprendere il concetto di interdipendenza che caratterizza tutti i sistemi dell’organizzazione. Come spiegano Griffin, Neal e Parker (2007), i processi attraverso i quali i cambiamenti organizzativi sono scaturiti da cambiamenti all’interno dei ruoli oppure a livello del team. E ancora, i cambiamenti a livello organizzativo, potrebbero ripercuotersi sui ruoli individuali, portando i lavoratori a svolgere nuovi compiti tecnici, per i quali è necessario l’utilizzo di una determinata nuova tecnologia.

La performance adattiva secondo il modello di analisi integrata di Mariani

Con l’intento di chiarificare la molteplicità di fattori individuali ed ambientali che incidono sulla performance, Mariani (2011) presenta un modello integrato di performance, a partire da un ampliamento del modello di Leplat e Cuny (1984). La prima sostanziale differenza tra il modello originale e quello proposto da Mariani, è il focus che viene posto, non più sui comportamenti e sulle attività, bensì sulle prestazioni. Così come per il modello di Griffin, Neal e Parker (2007), anche qui si tiene in considerazione, non solo l’influenza esercitata dall’ambiente organizzativo a vari livelli, ma anche l’interconnessione tra questi ultimi. Con l’ausilio di questo modello, è possibile leggere la performance adattiva come funzione di tre elementi: gli aspetti di base, i comportamenti e i risultati, considerati da un punto di vista individuale, situazionale e di ruolo.

Gli aspetti di base del modello della performance adattiva si posizionano al primo livello ed includono:

  • Variabili individuali: le abilità mentali, la self-efficacy, la flessibilità cognitiva e tutte quelle caratteristiche delle personalità come l’apertura all’esperienza, l’empatia, la tolleranza e l’autocontrollo.
  • Variabili contestuali: il clima organizzativo, gli stili di leadership, il feedback, il supporto e l’identificazione nell’organizzazione, l’apprendimento di gruppo e la giustizia organizzativa. Inoltre, viene identificata la dimensione relativa ai ritmi di lavoro in relazione alle richieste lavorative (variabilità temporale) e la giustizia organizzativa dell’espressione dell’equità percepita dai lavoratori sul rapporto costi/risultati.
  • Ruolo: si riferisce agli obiettivi inerenti al profilo lavorativo, alle norme a cui attenersi e ai valori in termini di identificazione della persona nella mansione ricoperta.

Al secondo livello del modello della performance adattiva troviamo dunque i comportamenti e i vari fattori d’influenza che agiscono sugli stessi:

  • Caratteristiche individuali del lavoratore: gli atteggiamenti, le motivazioni e i valori
  • Caratteristiche della situazione: come il clima organizzativo nell’espressione della percezione di equità nelle procedure lavorative.

Infine, al terzo livello della performance adattiva, troviamo i risultati e le conseguenze per l’individuo e l’organizzazione. Un aspetto interessante della rivisitazione del modello, risiede proprio nel prendere in considerazione, non solo le conseguenze dal punto di vista del lavoratore, ma anche dal punto di vista dell’organizzazione. In questo quadro, le conseguenze per l’individuo possono riferirsi ai ritorni economici, alla soddisfazione ed al prestigio, mentre quelle per l’organizzazione fanno capo ai risultati, ovvero la qualità e la quantità delle pratiche che un dipendente amministrativo ha evaso.

Chiaramente, è necessario non dimenticare che le conseguenze possono avere doppia valenza, tanto positiva, quanto negativa (Mariani, 2011).
Come è possibile notare, nell’ampliamento del modello di Leplat e Cuny (1984) proposto da Mariani (2011), viene largamente espresso il carattere interdipendente dei livelli e delle varie componenti dell’organizzazione. Di fatti, le caratteristiche personali e situazionali, così come anche i ruoli, vengono influenzati dagli stessi comportamenti. Ad esempio, durante lo svolgimento di determinate attività, il lavoratore svilupperà ulteriormente le sue competenze legate al ruolo in una prospettiva di ampliamento delle skills professionali e di adattamento al cambiamento. Ed allo stesso modo, i risultati e conseguenze scaturite dai comportamenti, andranno ad influenzare gli altri livelli.

Conclusioni

Alla luce di quanto detto fino ad ora, è doveroso riconoscere che, da vent’anni a questa parte, sono stati fatti notevoli progressi orientati alla comprensione della natura della performance lavorativa. In questo elaborato sono stati presentati alcuni dei contributi che riguardano lo sviluppo di nuovi costrutti, in risposta all’incertezza ed all’interdipendenza dell’ambiente lavorativo.

L’influenza esercitata dall’ambiente rappresenta al giorno d’oggi un fattore da tenere in stretta considerazione quando si parla di performance lavorativa. Come affermano Griffin, Neal e Parker (2007), la performance adattiva assume rilevanza quando i requisiti del ruolo non possono essere formalizzati a causa dell’incertezza del contesto.

Ci dirigiamo, così, verso ruoli lavorativi sempre più dinamici e flessibili, che richiedono una serie di nuove competenze, in grado di far emergere dinamicamente i ruoli, a partire dalla loro interdipendenza con l’ambiente.

L’intento di questo lavoro, è stato quello di mettere in luce la crescente complessità del contesto e dei ruoli lavorativi, presentando due modelli in grado di fare chiarezza sul modo in cui, nuovi tipi di performance assumono rilevanza in un’ottica di gestione e valorizzazione del capitale intellettuale.

In conclusione, come sottolineano i contribuiti scientifici, gli avanzamenti nella comprensione della performance adattiva, rappresentano un sostanziale punto di partenza verso studi più approfonditi, in grado di catturare aspetti che spiegano e predicono la prestazione lavorativa.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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