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Furcht (1917) di Robert Wiene – Recensione del film

Il film 'Furcht', risalente al 1917, apre le piste a quella che sarà la corrente artistica cinematografica con maggior correlazione con la psicoanalisi

Di Manuela Agostini

Pubblicato il 06 Set. 2017

Film psicoanalitico e misterioso, Furcht, dominato da un sentimento di paura, anticipa quella che sarà la corrente cinematografica dell’espressionismo tedesco.

 

Come ogni anno nel mese di giugno, dal 1986 a Bologna, si è svolto il festival del Cinema Ritrovato. Questa rassegna cinematografica ci riporta come una macchina del tempo ad esplorare, scoprire e godere di pellicole di ogni nazionalità ormai scordate ma che comunque portano con sé un valore artistico e non, inestimabile.

Tra i vari film in programmazione ho potuto godere della proiezione del film di Robert Wiene Furcht, uscito per la prima volta nelle sale cinematografiche nel 1917 e accompagnato al piano, nella sala Lumiere a Bologna dal bravissimo Antonio Coppola. Come detto Furcht è firmato Robert Wiene, lo stesso regista della ben più nota pellicola “Il gabinetto del dottor Caligari”, anticipatore della corrente espressionista tedesca.

Furcht: anticipazione dell’espressionismo tedesco

Il protagonista di Furcht, un aristocratico tedesco (Bruno Decarli), ruba un idolo durante un soggiorno a Giava. Il fantasma del sacerdote a cui ha sottratto l’oggetto sacro, però, lo ossessiona e gli profetizza una morte vicina: morirà dopo sette anni di vita e da questa profezia ogni azione è dominata dal turbinio di un ossessione mistica.

Film psicoanalitico e misterioso, Furcht, dominato da un sentimento di paura, anticipa come detto quella che sarà la corrente cinematografica dell’espressionismo tedesco.

In effetti si possono tracciare due linee di approccio tra il rapporto psicologia e cinema espressionista:

  1. quella che fa leva sulle tesi junghiane dell’inconscio collettivo
  2. quella freudiana sul perturbante che si divide ulteriormente in due differenti tipologie per quanto riguarda la settima arte.

La prima è legata al vissuto del singolo individuo e scaturisce dal rapporto che si stabilisce tra lo stimolo esterno (il film) ed il materiale inconscio rimosso. La seconda ha un risvolto collettivo e si manifesta davanti alla percezione che il racconto possa sovrapporsi alla realtà.

Il film Furcht gioca molto sull’angoscia, peculiare caratteristica del perturbante, basti pensare allo stato d’incertezza in cui si trova lo spettatore per tutta la durata del film. Estremamente allegorico, ci si chiede continuamente se il fantasma ci sia realmente o questa proiezione non è altro che il frutto del senso di colpa che avvolge il protagonista e che lo condurrà lentamente alla pazzia.

Inserito nella sezione “100 anni fa”, Furcht apre le piste a quella che sarà la corrente artistica cinematografica forse con maggior correlazione con la psicoanalisi.

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Manuela Agostini
Manuela Agostini

Dott.ssa in Psicologia della salute clinica e di comunità

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