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Dialogo interiore e autocontrollo: parlare a se stessi per regolare le emozioni

E' stato dimostrato che parlare a se stessi in terza persona consente di regolare più facilmente le emozioni rispetto a quando si usa la prima persona.

Di Filomena Propato

Pubblicato il 07 Set. 2017

Aggiornato il 03 Lug. 2019 12:09

Il semplice atto di avere un dialogo interiore, silenzioso, con noi stessi in terza persona, durante un momento di stress, può aiutare ad avere una maggiore regolazione delle proprie emozioni senza uno sforzo mentale aggiuntivo, diversamente da quello che accade quando ci rivolgiamo a noi stessi in prima persona.

 

Parlare a se stessi per autoregolare le emozioni

Un primo obiettivo di una ricerca condotta dai ricercatori di psicologia della Michigan State University (MSU) e della University of Michigan (UM) è stato quello di dimostrare come parlare a se stessi in terza persona, implichi uno sforzo minimo nell’autocontrollo. I risultati della ricerca sono stati pubblicati online su Scientific Reports.

Dire, ad esempio, che un uomo di nome John è sconvolto perché è stato recentemente lasciato dalla fidanzata, implica semplicemente riflettere sui propri sentimenti in terza persona (“Perché è sconvolto John?”). In tal caso, John ha una reazione emotiva minore rispetto a come sarebbe stata se l’avesse affrontata in prima persona (“Perché sono sconvolto?”). Ciò aiuterebbe le persone a guadagnare un po’ di distanza psicologica dalle proprie esperienze e spesso può essere utile per regolare le emozioni.

Gli studi confermano la regolazione emotiva parlando a se stessi in terza persona

La ricerca è stata condotta mediante due studi che hanno rafforzato significativamente questa ipotesi.

Nello studio 1, svolto al Moser’s Clinical Psychophysiology Lab, venivano mostrate ai partecipanti delle immagini, alcune neutre e altre negative, su cui dovevano riflettere in base ai sentimenti generati utilizzando le due diverse condizioni: “self-talk in prima persona” e “self-talk in terza persona”. Durante il compito l’attività neurale della risposta emotiva veniva misurata mediante ERP (potenziale evento-correlato). La reazione scaturita dall’immagine negativa (ad esempio un uomo con una pistola puntata alla testa) correlava con una rapida diminuzione dell’attività cerebrale emotiva dei partecipanti (entro un secondo) quando si riferivano a se stessi in terza persona.

I ricercatori della MSU, inoltre, hanno misurato l’attività cerebrale correlata allo sforzo dei partecipanti e hanno scoperto che l’utilizzo della terza persona richiedeva meno fatica rispetto all’utilizzo della prima. Parlare a se stessi in terza persona sembrerebbe una buona strategia per la regolazione delle proprie emozioni, mentre molte altre forme di regolazione emotiva richiedono un considerevole sforzo e attività di pensiero.

Nello studio 2, guidato dal professore Ethan Kross è stato chiesto ai partecipanti di riflettere sulle proprie esperienze dolorose passate utilizzando sia la prima che la terza persona. Durante il compito, l’attività cerebrale è stata registrata mediante una risonanza magnetica funzionale (fMRI).
Con risultati simili a quelli ottenuti dal primo studio, i partecipanti, utilizzando il dialogo interiore in terza persona, hanno mostrato una minore attività in una specifica regione cerebrale, la corteccia prefrontale mediale, comunemente implicata nella riflessione delle esperienze emozionali dolorose, suggerendo una migliore regolazione emotiva. Inoltre, il self-talk in terza persona non richiedeva impegno cognitivo supplementare diversamente da quello che accade, normalmente, con l’utilizzo del self-talk in prima persona.

In sintesi i risultati suggeriscono che il dialogo interiore in terza persona agevola la capacità di autocontrollo e di regolazione emotiva.
Serviranno ulteriori ricerche per validare i risultati ottenuti. Chiarire ulteriormente il funzionamento di questi processi sarà utile per aiutare le persone ad avere una migliore regolazione delle proprie emozioni nella vita di tutti i giorni.

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