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Libero dalla coscienza o libero arbitrio? Il comportamento umano tra neurochimica e processi cognitivi consci e inconsci – Introduzione

La coscienza si può definire un anello vitale o un effetto collaterale della catena causale tra impulsi inconsci ed esito comportamentale?

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 04 Set. 2017

Aggiornato il 18 Set. 2017 12:12

La coscienza è una delle caratteristiche che definisce l’essere umano, è la facoltà che conferisce la possibilità di vivere esperienze soggettive e riferite a sé. Si presume che la coscienza abbia un ruolo nel governo del nostro comportamento.

 

Tuttavia, per molti anni, teorici e scienziati hanno sostenuto il ruolo dominante di processi inconsci e automatici nella genesi del comportamento umano. L’assunto che i pensieri consci siano un mero epifenomeno senza alcuna forza causale è stato sostenuto aggressivamente durante l’era comportamentista e anche quella psicoanalitica e risorge ora in un’epoca neuroscientifica facendo leva sugli studi circa l’automaticità del cervello che sembrano minare il concetto di libero arbitrio e considerare il comportamento umano come determinato da componenti neurochimiche piuttosto che genetiche o legate alla storia degli apprendimenti evolutivi.

Dalla metà del secolo scorso il cognitivismo si è innalzato come quasi unico baluardo a difesa del potere della coscienza, assumendo a tratti contorni rigidi e rischiando l’esatto opposto: trascurare l’esistenza di una modalità non pienamente consapevole di elaborare le informazioni.

Insomma, quanto gli aspetti inconsapevoli e consapevoli influiscano sulle nostre scelte è un dibattito tuttora aperto e dopo un periodo in cui la coscienza era tornata in auge i moderni studi neuroscientifici rischiano di oscurarne nuovamente il ruolo. Storia, temperamento e neurochimica determinerebbero il comportamento dell’essere adulto.

L’estremo di questa linea di pensiero risiede nell’affermazione di Bargh (1999):

In definitiva non c’è alcun futuro per il ruolo dei processi consci nella descrizione della mente in termini di forza di volontà e libero arbitrio.

Ma esiste uno spazio della coscienza nel determinare il comportamento umano?

Un riferimento utile per rispondere a questa domanda è la recente rassegna di Baumeister e colleghi (2011) nella quale viene esplorata a fondo la letteratura scientifica rispetto al ruolo dei processi consci nel determinare il comportamento umano. Tuttavia prima di iniziare l’esplorazione è utile precisare alcune questioni centrali.

Due livelli di coscienza

In primo luogo occorre definire di quale coscienza stiamo parlando. La maggior parte degli scienziati riconosce l’esistenza di almeno due se non più livelli di coscienza. Il primo, più basico, corrisponde generalmente a ciò che gli esseri umani condividono con gli altri mammiferi, vale a dire la possibilità di avere esperienza e di provare sensazioni. Il secondo livello è assunto come proprio degli esseri umani e include la capacità di attuare processi decisionali consapevoli complessi.

In secondo luogo occorre liberare il campo da certi fraintendimenti. Per esempio, se ci asteniamo dagli ideologismi, possiamo riconoscere ormai l’esistenza di un rapporto di mutua influenza tra processi consci e inconsci, questo di per sé dovrebbe escludere dal dibattito tutti i modelli teorici che non spiegano né descrivono questa interazione. La causa prossimale del movimento dei muscoli sono i potenziali evocati a livello neurale, che sono processi inconsci. Tuttavia, il fatto che un processo inconscio causi un fenomeno X, questo non annulla la possibilità che X possa essere determinato da un processo conscio. La domanda più utile è se i processi consci giochino un qualsiasi ruolo causale necessario lungo la catena che porta all’azione. Per esempio, molte prospettive anti-coscienza si concentrano su questo punto ed eliminano la possibilità che i processi consci causino il comportamento in modo indiretto, per esempio attraverso attivazione o manipolazione di processi inconsci. È il braccio meccanico della gru che causa il sollevamento del peso o il braccio umano che lo manovra attraverso il telecomando? Sia la causazione diretta che quella indiretta andrebbero tenute in considerazione.

In terzo luogo è altrettanto fallace l’idea diametralmente opposta per cui se un evento cerebrale precede il pensiero conscio, allora il pensiero conscio non è causa del seguente comportamento (Roediger et al., 2008). È difficile considerare che esistano possibili cause che non siano a loro volta causate da altro (Baumeister et al., 2011). Ancora una volta, la questione utile è se il pensiero conscio è un anello vitale nella catena causale piuttosto che un semplice effetto collaterale. Sebbene gli impulsi appresi si generino a livello inconscio, l’esito comportamentale (1) dipende da ciò che accade quando gli impulsi sono contemplati a livello conscio oppure (2) ciò che accade nella coscienza è quasi totalmente ininfluente per la definizione del comportamento e al più agisce come regolatore a posteriori?

Assieme agli studi di Roy Baumeister e dei suoi collaboratori proviamo a fare il punto sul ruolo della coscienza nel definire il comportamento e quindi anche su ciò che è comunemente conosciuto con il nome, quasi mitologico, di forza di volontà o libero arbitrio.

 


Coscienza & Comportamento:

1 – Libero dalla coscienza o libero arbitrio? Il comportamento umano tra neurochimica e processi cognitivi consci e inconsci – Introduzione

2 – Emozioni, attenzione e controllo cosciente delle azioni – Il comportamento umano tra neurochimica e processi cognitivi consci e inconsci

3 – I comportamenti impulsivi e disregolati derivano da una scelta volontaria?

4 – Come le convinzioni sul controllo influenzano il comportamento


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SCRITTO DA
Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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