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Lettere tra C.G. Jung e Victor White, a cura di A. C. Lammers e A. Cunningham – Recensione

Le lettere che si sono scambiati Jung e Victor White sono molto rilevanti rispetto al pensiero religioso e alla connessione con la psicoanalisi.

Di Marco Innamorati

Pubblicato il 07 Lug. 2017

L’importanza del dialogo a distanza con Victor White è legata alla sua identità di teologo cattolico, che orienta il contenuto delle lettere sul rapporto tra psicologia e religione, argomento chiave nel percorso teorico junghiano. Se infatti per Freud la religione è illusione, per Jung essa riveste un profondo significato nell’esistenza umana.

 

Negli ultimi anni si è assistito a una sorta di Jung-Renaissance italiana (ma non solo) che ha condotto alla disponibilità nel nostro paese di numerosi volumi ascrivibili allo psicologo svizzero ma non compresi nelle pur abbondanti Opere pubblicate da Bollati Boringhieri. Oltre al Libro rosso, che ha attratto l’attenzione di un pubblico anche non specializzato per la sua singolare componente iconografica, sono stati pubblicati di recente anche i Seminari sullo Zarathustra di Nietzsche (4 voll.) e sui Sogni dei bambini (2 voll.) che affiancano quelli da più tempo disponibili sui Sogni e sullo Yoga Kundalini (tutti editi da Bollati), oltre a quelli sulla Psicologia analitica (il primo tenuto da Jung, nel 1924), sulla Visione, sull’Ombra (editi invece da Magi).

Anche la disponibilità degli epistolari si è allargata: oltre alle fondamentali Lettere tra Freud e Jung, pubblicate negli anni ’70 e mai fuori disponibilità, sono state recentemente ristampate le Lettere di C. G. Jung (3 voll., a vari corrispondenti), ritradotte le Lettere tra Jung e Pauli e infine pubblicate per la prima volta le Lettere tra C. G. Jung e Victor White, oggetto di questa recensione. Certamente non si deve sottovalutare l’importanza della raccolta delle Lettere di C. G. Jung, che contengono spunti e anticipazioni sulle opere edite e specifiche opinioni espresse dallo psicologo svizzero su temi diversi. Peraltro si tratta di un “ritratto realizzato dal pittore di corte” (Lemmers, 2007, p. 39): sia perché sono presenti solo le lettere di Jung e non quelle dei suoi interlocutori, sia perché la prosa junghiana originale è stata modificata dai curatori a fini estetici e non scientifici. La maggior parte delle lettere furono infatti redatte in inglese da Jung, che non era madrelingua, e contengono elementi idiosincratici la cui eliminazione, se rende forse più letterario il risultato, potrebbe comportare anche la perdita di contenuto.

Gli scambi epistolari con Freud, Pauli e White costituiscono invece altrettante occasioni per illuminare da tutti i lati dialoghi con figure culturalmente molto significative del Novecento. Non vale la pena neanche di accennare all’importanza specifica delle lettere scambiate con Freud, che hanno chiarito diversi aspetti prima oscuri del rapporto tra i due. Delle lettere con Wolfgang Pauli, uno dei più importanti fisici della sua generazione, si è già parlato qui su State of Mind.

L’importanza del dialogo a distanza con Victor White è legata alla sua identità di teologo cattolico, che orienta il contenuto delle lettere sul rapporto tra psicologia e religione, argomento chiave nel percorso teorico junghiano. Se infatti per Freud la religione è illusione, per Jung essa riveste un profondo significato nell’esistenza umana. Il fondatore della psicoanalisi sognava un mondo definitivamente affrancato dalle credenze religiose, da lui ritenute un fardello frutto di un tentativo dell’umanità di trovare un sostituto paterno. Il teorico della psicologia analitica, al contrario, ritiene la religione un’esigenza autentica, archetipica, e cerca piuttosto di interpretarne il contenuto in chiave positiva. In ogni caso, secondo Junguna terapia a orientamento puramente biologico non è sufficiente e richiede un completamento spirituale” (Jung, 1952a, p. 288).

In quest’ottica, singolarmente, Jung trovò un interesse relativamente marginale tra i protestanti, pur essendo egli stesso luterano e figlio di un pastore. “I teologi protestanti” scriveva infatti Jung proprio a White, nel 1945, “ancora non hanno deciso se condannarmi in quanto eretico, o sminuirmi definendomi un mistico. Come saprà, gli eretici e i mistici godono entrambi di una pessima reputazione tra i protestanti, perciò ormai il mio caso è senza speranza” (Lammers e Cunningham, 2007, p. 49). Al contrario, le sue opere ricevettero grande attenzione da parte cattolica. Alcuni teologi ritennero che il suo pensiero potesse essere armonizzato con la fede: tra di essi Hugo Rahner (fratello maggiore del più famoso Karl e più volte presente ai convegni di Eranos) e appunto Victor White. Altri invece, soprattutto in Italia, videro subito in Jung un potenziale pericolo per il Cattolicesimo e ne stigmatizzarono il pericolo: esempi famosi di questa tendenza furono Pintacuda (1965) e Gemelli (1953).

White giunse al punto di pubblicare un libro, dedicato a una lettura in chiave teologica della psicologia analitica, dal titolo Dio e l’inconscio, per il quale lo stesso Jung scrisse una prefazione. Jung, peraltro, si dimostra ben cosciente che “la via che conduce a un punto di incontro [tra psicologia e religione] è troppo lunga e anche troppo difficile perché possa sorgere senz’altro un’intesa” (Jung, 1952a, p. 290). White, in effetti, riteneva che la psicologia analitica potesse essere armonizzata con il pensiero neotomista. In questo senso il dialogo era destinato a naufragare fin da principio, soprattutto per la diversità di vedute su una questione della massima importanza sia per la teologia che per la psicologia: il problema della presenza del male nel mondo.

Per il neotomista White, il male non è che privatio boni, assenza del bene, ed è impossibile ricondurne il manifestarsi nel mondo all’intenzione divina. Al contrario, dal punto di vista di Jung il male ha un’identità positiva, sia sul piano umano che su quello divino. Nell’uomo, l’Ombra, la personificazione degli aspetti negativi dell’uomo, riveste un ruolo fondamentale nel processo di individuazione, ovvero in quel percorso che conduce l’essere umano a esprimere tutte le sue potenzialità. In ambito teologico, Jung è talmente lontano dal concepire il male come privatio boni, da proporre persino l’idea che Satana possa costituire il quarto membro della divinità cristiana. Lo psicologo svizzero, infatti, si era convinto che la storia del pensiero occidentale dimostrava l’esigenza (psicologica) di passare da un Dio trinitario a un Dio quaternitario. Il Demonio sembrò allora in un primo tempo a Jung il personaggio più adatto da cooptare tra le Persone divine (Jung, 1942/1948, p. 183 e p. 190). Allorché, tuttavia, la Chiesa decise la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria Vergine, Jung ritenne che in qualche modo questo passo sancisse la divinità della Madonna (Jung, 1951): la Quaternità era stata ottenuta per un’altra via.

Oltre alla questione del male, un’altra idea junghiana costituì un elemento di forte contrasto con la teologia ufficiale. Jung, infatti, sostenne in Risposta a Giobbe (1952b) che Dio, prima della creazione del mondo, doveva essere sostanzialmente inconscio, e solo attraverso l’uomo avrebbe raggiunto la piena autocoscienza. Il pensiero religioso di Jung si rivelava quindi definitivamente come incompatibile con la teologia classica e lo psicologo svizzero accettò su di sé senza obiezioni l’etichetta di eretico che diversi critici gli affibbiarono, anche se negò vibratamente di poter essere definito uno gnostico (Jung, 1952c, p. 463). Si capisce quindi come i contatti con un cattolico, per quanto aperto, come White dovettero raffreddarsi molto, anche se non si fermarono del tutto fino, in pratica, alla morte del più giovane teologo, nel 1960.

Sembra necessario segnalare una svista nell’edizione italiana, che genera equivoci nella comprensione di alcuni passi delle lettere tradotte. L’opera di Jung Trasformazioni e simboli della libido (Wandlungen und Symbole der Libido, 1912) viene più volte (Lammers e Cunningham, 2007, pp. 51 e nota, 52, 65, 84) menzionata erroneamente con il titolo Psicologia dell’inconscio, (cui corrisponde invece Über die Psychologie der Unbewussten, 1943). L’equivoco è generato dalla circostanza per cui Trasformazioni e simboli della libido è noto in inglese come The Psychology of the Unconscious: A Study of the Tranformations and Symbolisms of the Libido, mentre il titolo inglese del testo tradotto in italiano come Psicologia dell’inconscio è On the Psychology of the Unconscious. In effetti, Trasformazioni e simboli della Libido, nella sua versione originale, non è presente nelle Opere di C. G. Jung, dove invece è tradotta, al volume 5, l’edizione definitiva (Jung, 1952d), dal titolo originale Symbole der Wandlung). Psicologia dell’inconscio è invece collocata nel volume 7. Vale la pena di chiarire tutto ciò al fine di emendare la altrimenti incomprensibile nota 14 a p. 51, in una eventuale seconda edizione del volume delle Lettere tra C. G. Jung e Victor White.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Gemelli, A. (1953), La psicoanalisi, oggi, Vita e Pensiero, Milano.
  • Jung, C. G. (1912), Trasformazioni e simboli della libido, trad. it. Newton Compton, Roma 1968.
  • Jung, C. G. (1942/1948), Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità, trad. it. in Opere, vol. 11, Boringhieri, Torino 1979, pp. 105-194.
  • Jung, C. G. (1943), Psicologia dell’inconscio, trad. it. in Opere, vol. 7, Boringhieri, Torino 1983, pp. 1-120.
  • Jung, C. G. (1952a), Prefazione a V. White, “Dio e l’inconscio”, trad. it. in Opere, vol. 11, Boringhieri, Torino 1979, pp. 287-297.
  • Jung, C. G. (1952b), Risposta a Giobbe, trad. it. in Opere, vol. 11, Boringhieri, Torino 1979, pp. 337-451.
  • Jung, C. G. (1952c), Risposta a Martin Buber, . it. in Opere, vol. 11, Boringhieri, Torino 1979, pp. 461-468.
  • Jung, C. G. (1952d), La libido. Simboli e trasformazioni, trad. it. in Opere, vol 5, Boringhieri, Torino 1965.
  • Lammers, A. C. (2007), Introduzione a Lammers e Cunningham, 2007, pp. 29-42.
  • Lammers, A. C., e Cunningham, C. (2007), Lettere tra C. G. Jung e Victor White, trad. it. Magi, Roma, 2016.
  • Pintacuda, L. (1965), La psicologia religiosa di Karl [sic] Jung, Edizioni Paoline, Roma.
  • Lettere tra C.G. Jung e Victor White, a cura di A. C. Lammers e A. Cunningham, con la consulenza di M. Stein, trad. it. di B. Sambo, Magi, Roma 2016
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