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La relazione terapeutica nella terapia cognitiva – Report dal seminario di Genova

Stabilire una buona relazione terapeutica è un presupposto indispensabile per qualunque tipo di terapia e presuppone l'instaurarsi dell'alleanza terapeutica

Di Cecilia Domenichetti

Pubblicato il 06 Giu. 2017

Aggiornato il 03 Lug. 2019 13:01

Sabato 13 Maggio 2017 si è svolto a Genova presso il centro Psicoterapia e Scienza Cognitiva il quarto e ultimo incontro del ciclo “Di sabato la psicoterapia a Genova”dove il dott. Sapuppo ha parlato di “la relazione terapeutica nella terapia cognitiva”.

 

Il concetto di alleanza terapeutica

L’alleanza terapeutica è l’insieme dei processi interpersonali in azione all’interno di una psicoterapia che agiscono in parallelo con le specifiche tecniche di quel particolare tipo di trattamento (Lingiardi, 2002).

Molteplici studi hanno rilevato che la “qualità” dell’alleanza terapeutica risulta essere strettamente correlata all’outcome del trattamento (Priebe & McCabe, 2006). In particolare, una buona alleanza terapeutica è associata all’esito positivo della terapia, indipendentemente dal tipo di trattamento.

Ripercorrendo storicamente il concetto di alleanza terapeutica le prime formulazioni del concetto di alleanza terapeutica possono essere rintracciate negli stessi aspetti di transfert e contro-transfert di Freud (1912). Rogers (1965) sottolinea in seguito come la percezione dell’empatia dell’analista da parte del paziente è fondamentale ai fini della promozione di un’alleanza funzionale alla terapia. Si deve però a Orlinsky e Howard (1975) la visione tridimensionale dell’alleanza: si parla di alleanza di lavoro, risonanza empatica e mutua accettazione mentre qualche anno dopo Bordin (1979) ha definito una tripartizione dell’alleanza terapeutica in obiettivo, processo e legame.

Oltre a quelle precedentemente descritte esistono numerose altre concettualizzazioni dell’alleanza terapeutica e ognuna differisce dall’altra o presenta punti in comune, in base alla teoria dell’autore di riferimento.

Le terapie di matrice psicoanalitica più tradizionali e ortodosse considerano l’interpretazione e il relativo insight come i fattori curativi più importanti o addirittura unici nel trattamento dei pazienti, specialmente di quelli con disturbi nevrotici. Tuttavia, in alcuni modelli terapeutici psicodinamici l’aspetto relazionale è stato affiancato a quello dell’insight; in particolare, i trattamenti che si basano sulle teorie della relazione oggettuale e sulla psicologia del sé hanno rivalutato la funzione della relazione terapeutica in maniera positiva. Attualmente la psicoanalisi si pone la questione circa il valore da attribuire alla relazione terapeutica: essa va considerata come presupposto affinché possa essere efficace l’interpretazione o come fattore terapeutico di per sé? (Lingiardi, 2002). Per la maggior parte degli psicoanalisti contemporanei l’alleanza è considerata importante per entrambe le motivazioni:
1) il paziente sarà maggiormente ricettivo verso le interpretazioni e con più probabilità otterrà l’insight;
2) l’esperienza di una nuova relazione oggettuale positiva può essere di per sé terapeutica.

La relazione terapeutica nella terapia cognitiva

La terapia cognitivo-comportamentale negli ultimi decenni ha attribuito un’importanza crescente al ruolo della relazione terapeutica, esplicitando la necessità di integrare, nella prassi clinica, le tecniche terapeutiche orientate alla comprensione e al cambiamento delle dinamiche interpersonali (Liotti 1987; Safran e Segal 1990; Safran 1998; Safran e Muran 2000; Gilbert 2000; Leahy 2001; Young et al. 2003; Gilbert e Leahy 2009; Cotugno e Sapuppo, 2012).

In generale, I fattori che in maggior misura determinano la qualità e la solidità della relazione terapeutica sono:
1) il legame affettivo e la collaborazione;
2) la condivisione di obiettivi e compiti;
3) la storia relazionale dei partecipanti.

Come si sviluppa la relazione terapeutica? Gilbert e Leahy (2007) identificano tre fasi principali attraverso le quali si sviluppa la relazione terapeutica:
1) Stabilire la relazione;
2) Sviluppare la relazione;
3) Mantenere la relazione.

Queste fasi devono essere considerate in modo ciclico, in quanto, per esempio, a causa della rottura della relazione potrebbe essere necessario tornare alla prima fase (stabilire la relazione).

Se si assume il fatto che la relazione terapeutica è un fattore trasversale ai vari orientamenti terapeutici, è necessario stabilire in che modo tale fattore è in relazione alle tecniche specifiche di un determinato trattamento, in quanto è proprio il tipo di attività prevista da uno specifico tipo di terapia che necessiterà di una qualità altrettanto specifica di alleanza tra paziente e terapeuta.

Gli psicoterapeuti cognitivo-comportamentali devono utilizzare le proprie abilità relazionali soprattutto per introdurre, educare e guidare i propri pazienti verso il difficile ma necessario apprendimento delle tecniche cognitivo-comportamentali.
In psicoterapia psicodinamica la buona qualità della relazione terapeutica è fondamentale in particolar modo per favorire l’efficacia delle interpretazioni e, in generale, per sensibilizzare il paziente all’uso della regola fondamentale delle libere associazioni.

In base al modello di alleanza proposto sono state costruite varie scale di misurazione. Ogni scala, dunque, differisce dall’altra proprio perchè misura aspetti e dimensioni propri di quel particolare modello di alleanza.

I principali strumenti utilizzati per “misurare” l’alleanza terapeutica sono: il Penn Helping Alliance (Luborsky e coll.) utilizzato per misurare l’alleanza di tipo 1 e l’alleanza di tipo 2 o il California Psychotherapy Alliance Scales (Marmar, Marziali, Gaston, Weiss) utilizzato per misurare la capacità di lavoro e l’impegno del paziente, il consenso sulla strategia di lavoro, la comprensione e il coinvolgimento del terapeuta. Altri strumenti sono il Working Alliance Inventory (Horwath, Greenberg) che valuta il Legame (Bond), i Compiti (Task) e gli Obiettivi (Goal), il Therapeutic Bond Scales (Orlinsky, Howard, Saunder) che misura invece l’Alleanza di lavoro, la Risonanza empatica e l’Affermazione reciproca e la Vanderbilt Therapeutic Alliance Scale (Hartley, Strupp e coll.) che valuta il Contributo del terapeuta, il Contributo del paziente e l’Interazione terapeuta/paziente.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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