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L’importanza del potenziamento cognitivo nell’ invecchiamento sano

Il potenziamento cognitivo accresce le funzioni mentali dell'anziano e ne migliora l' utilizzo incrementando le possibilità di un invecchiamento di successo

Di Guest

Pubblicato il 15 Giu. 2017

Invecchiare comporta una serie di cambiamenti nella cognizione; tuttavia studi recenti hanno dimostrato che, anche in età avanzata, il cervello è plastico e può beneficiare del potenziamento cognitivo. Con questo concetto viene superata la visione dell’ invecchiamento caratterizzata solo dal possibile declino e viene proposta l’idea che sia possibile imparare cose nuove anche in età avanzata.

Anna Dallavo – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca

 

L’importanza di un buon funzionamento cognitivo nell’anziano

Negli ultimi anni, nella letteratura scientifica e nel linguaggio quotidiano si è sentito molto parlare di funzioni cognitive o abilità mentali anche se, molto spesso, non si comprende appieno l’importanza del perfetto funzionamento di tali funzioni. Esse rappresentano processi cognitivi importanti come l’attenzione, la memoria, il linguaggio, il controllo inibitorio, il ragionamento e così via.

Sono funzioni importanti che permettono all’uomo di svolgere la maggior parte delle azioni quotidiane. In particolar modo nell’anziano, il loro perfetto funzionamento, permette di continuare a essere autonomo nella vita quotidiana. I deficit delle funzioni cognitive rappresentano la prima causa d’istituzionalizzazione.

Con l’ invecchiamento, anche nell’anziano esente da patologie, si assiste a un decremento delle prestazioni cognitive. In generale, la diminuzione delle capacità cognitive risulta di moderato impatto funzionale perché l’ anziano sano riesce a compensare in modo efficace la condizione di precarietà cognitiva.

In assenza di patologia, le modificazioni cerebrali avvengono in modo lento e graduale. L’involuzione riguarda soprattutto le abilità cognitive soggette a disuso o ipostimolazione mentre una buona efficienza si osserva per quelle esercitate di frequente. Va inoltre ricordato che esiste un’ampia variabilità individuale, in parte legata alle caratteristiche personali, e in parte al contesto ambientale.

In uno studio di ricerca longitudinale (Shaie, 1989-1995) sono state studiate per oltre trentacinque anni diverse persone documentando come, il declino cognitivo non fosse omogeneo per tutti gli individui, ma che, i cambiamenti rilevanti fossero diversi da persona a persona e non coinvolgessero le stesse funzioni per ogni individuo.

Come si modificano le funzioni cognitive durante l’ invecchiamento

Entrando nel dettaglio delle singole funzioni cognitive, diversi studi hanno cercato di definire i cambiamenti che intervengono nel corso dell’ invecchiamento.

Tra le modificazioni cognitive i maggiori deficit che si sono verificati sono:

  • Rallentamento nei tempi di reazione: i tempi di reazione degli anziani sono più lenti rispetto a quelli degli adulti. Questo comporta che l’anziano possa continuare a svolgere le sue attività normali utilizzando però un tempo maggiore.
  • Deficit dell’attenzione nelle sue varie componenti. Molti deficit di memoria lamentati dagli anziani sono in realtà imputabili a deficit dell’attenzione.
  • Deficit delle funzioni esecutive, determinati da cambiamenti a carico della corteccia prefrontale, che determinano difficoltà nelle capacità di pianificazione, avvio e monitoraggio di azioni complesse, difficoltà nel bloccare i comportamenti inadeguati, una ridotta fluenza verbale ecc.
  • La memoria: è sicuramente la funzione cognitiva più inadeguata. Con l’ invecchiamento si assiste ad un decremento di alcune funzioni mnemoniche e al relativo risparmio di altre. Nello specifico la memoria a breve termine e la memoria di lavoro risultano essere le funzioni mnesiche più compromesse, mentre sia la memoria a lungo termine che la memoria procedurale sono soggette ad un deterioramento minore nel corso dell’ invecchiamento.

Le funzioni cognitive appena descritte rappresentano abilità mentali sempre attive e controllate da strutture cerebrali che ci permettono di svolgere le nostre attività quotidiane. Il buon funzionamento di queste attività mentali è indispensabile per svolgere qualsiasi tipo di attività anche quelle più semplici come guidare la macchina, fare la spesa e pulire la casa.

I benefici del potenziamento cognitivo

Invecchiare comporta quindi una serie di cambiamenti nei differenti aspetti della cognizione; tuttavia studi recenti hanno dimostrato che, anche in età avanzata, il cervello è plastico e può beneficiare del potenziamento cognitivo. Con il concetto di plasticità cerebrale viene superata la visione dell’ invecchiamento caratterizzata solo dal possibile declino e viene proposta l’idea che sia possibile imparare cose nuove anche in età avanzata. Il concetto di plasticità cerebrale è stato proposto all’interno dell’approccio dell’arco di vita (Life-span psychology) proposto da Baltes nel 1987. Quest’approccio ipotizza che, anche in età avanzata, l’essere umano sia in grado di apprendere utilizzando le abilità e le conoscenze già in possesso dell’individuo compensando in questo modo i deficit in altre abilità compromesse.

Le ricerche scientifiche hanno dimostrato come, contrariamente a quanto si riteneva in passato anche dopo i sessantacinque anni il cervello è plastico e può incrementare il funzionamento cognitivo. È stato inoltre evidenziato che la prestazione cognitiva degli anziani è caratterizzata da una certa flessibilità, nel senso che le difficoltà in alcuni funzioni cognitive vengono compensate attraverso il reclutamento delle abilità mantenute. Gli anziani sopperiscono spontaneamente ai loro punti di debolezza affidandosi ai loro punti di forza, ossia a quelle abilità che rimangono stabilio aumentano, come ad esempio le conoscenze verbali.

Il potenziamento cognitivo

Il potenziamento cognitivo si pone come obiettivo lo sviluppo delle attività mentali disponibili nell’individuo, accrescendo le loro funzioni e migliorandone il loro utilizzo incrementando le possibilità di invecchiamento di successo, ossia accrescendo qualcosa che è già disponibile. Nell’analisi della prospettiva d’ invecchiamento di successo non va tralasciato il ruolo attivo che ogni individuo ha nella costruzione del proprio sviluppo e del proprio invecchiamento. Invecchiare comporta una serie di cambiamenti nei differenti aspetti della cognizione; tuttavia contrariamente alla visione dell’anziano come soggetto a un inevitabile declino la ricerca in psicologia ha dimostrato che il declino non è pervasivo e che accanto ad aspetti di perdita ce ne sono altri che si mantengono in età avanzata.

Nell’ambito del potenziamento cognitivo, i training cognitivi sono degli esercizi mirati, basati su teorie neuropsicologiche e cognitive per il funzionamento del cervello, per il potenziamento delle funzioni cognitive come la memoria, il ragionamento, la velocità di elaborazione delle informazioni e l’attenzione. A differenza degli esercizi generici che non seguono un approccio teorico basato sulla neuropsicologia, questi training di potenziamento cognitivo stimolano in maniera adeguata le funzioni cognitive sulla base della conoscenza del loro funzionamento; sono mirati poiché esercitano alcune funzioni per volta e sono stati validati perché basati su ricerche scientifiche.

Aspetti importanti del training cognitivo

Prima di iniziare un training cognitivo è importante valutare la persona che lo deve eseguire e considerare la sua situazione specifica.

Numerosi studi evidenziano come, durante il potenziamento cognitivo, ogni esercizio del training sia mirato ad ottenere benefici che possano essere generalizzati nei compiti della vita quotidiana (Cavanaugh & Blanchard_Fields 2010). I training devono essere ecologici in maniera tale da stimolare abilità che la persona andrà ad utilizzare nella vita reale.

Ogni esercizio deve inoltre contenere degli aspetti innovativi, poiché i compiti conosciuti e ripetitivi utilizzano sempre le stesse connessioni, mentre la presentazione di compiti nuovi e più complessi, al contrario, promuove lo sviluppo di nuove connessione tra i neuroni. Molte sono le evidenze scientifiche sul funzionamento del potenziamento cognitivo. Una ricerca ha dimostrato come questi training non influiscano solamente sul comportamento ma anche sulle connessioni tra i neuroni (McNab et al. 1999). Lo studio di McNab e collaboratori, svolto al Karolinska Instituted di Stoccolma, ha dimostrato che un training cognitivo sulla memoria di lavoro sia in grado di produrre un aumento dei recettori cerebrali per la dopamina. I ricercatori hanno dimostrato come la biochimica, non solo sia alla base dell’attività mentale, ma anche come l’attività mentale e i processi di pensiero siano in grado di modificarla.

La dopamina è un neurotrasmettitore molto importante e la disfunzione del sistema dopaminergico può danneggiare la memoria di lavoro e conseguentemente le funzioni ad essa collegate coma la capacità di ragionamento e il problem solving.  Lo studio è stato eseguito grazie alla PET (Tomografia a emissione di positroni) che ha permesso di monitorare come un training cognitivo sia in grado di produrre nel cervello un cambiamento nel numero di recettori per la dopamina.

Una ricerca recente ha documentato la possibilità di recuperare alcune funzioni cognitive anche in età avanzata, seguendo dei programmi di corretto stile di vita sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista cognitivo.

Lo studio “My Mind: gli effetti del training cognitivo per gli anziani” è stato finanziato nel 2012 dal Ministero della Salute e cofinanziato dalla Regione Marche ed è stato coordinato dall’Unità operativa di geriatria dell’Irccs Inraca _Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico per anziani di Fermo. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Rejuvenation Reserach.

Per un periodo di tre anni, trecento persone over sessantacinque sono state coinvolte in questo progetto di ricerca che si proponeva di verificare scientificamente l’effetto di un programma di training cognitivo e il mantenimento e il recupero delle abilità intellettive e di memoria. Il campione comprendeva tre differenti tipologie di utenti:

  • 100 persone over sessantacinque prive di deterioramento cognitivo
  • 100 soggetti affetti da MCI, Mild Cognitive Impairment
  • 100 malati di Alzheimer

All’interno di ogni gruppo cinquanta persone hanno eseguito il training cognitivo mentre le altre cinquanta hanno costituito il gruppo di controllo che riceveva periodicamente alcuni semplici consigli per migliorare la memoria. Il programma di potenziamento cognitivo attraverso il training comprendeva l’apprendimento di tecniche mnemoniche, esercizi di concentrazione, di orientamento e di categorizzazione. Sono state inoltre introdotte strategie per ricordare eventi e appuntamenti, per utilizzare la scrittura in modo da memorizzare più facilmente e l’utilizzo di brevi racconti per aiutare a fissare i ricordi e migliorare il linguaggio.

Sono stati introdotti nel programma anche dei passatempi come ad esempio le parole crociate, le carte e il sudoku. Ogni partecipante è stato infine istruito su come proseguire gli esercizi a casa, coinvolgendo anche i famigliari.

La rilevazione dei risultati è stata eseguita in tre tempi. Una prima rilevazione è stata compiuta al termine della partecipazione al programma di potenziamento cognitivo, una seconda trascorsi sei mesi dal termine e una terza dopo due anni.

I risultati dello studio sono molto soddisfacenti. Al termine, per circa il 70% dei pazienti con Alzheimer, è stato possibile identificare un significativo miglioramento documentabile attraverso i risultati nella batteria Adas- Alzheimer’s disease assessment scale, che valuta la gravità della malattia. Per quanto riguarda i soggetti con MCI si è osservato un miglioramento, in circa il 50% dei casi, relativamente alla fiducia nella propria memoria. Questo stesso miglioramento è stato evidenziato anche nell’81% di soggetti sani.

La maggior parte delle ricerche concorda sull’evidenza che, a proposito dell’ invecchiamento cognitivo, esistano ampie differenze individuali. Tali differenze sono imputabili principalmente allo stile di vita delle persone. È innegabile che una mente attiva, curiosa e attenta alla novità invecchia molto più lentamente di una mente meno attiva.

Molto possiamo fare a livello personale per un invecchiamento attivo. Importante, per mantenere una mente attiva è controllare l’alimentazione oltre a svolgere regolarmente un’attività fisica. La socializzazione rappresenta infine un ottimo elemento per contrastare l’ invecchiamento cerebrale perché aiuta anche a contrastare gli aspetti psicologici quale ansia e depressione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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