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Come viene considerata l’ortoressia nervosa? Il dibattito controverso sulla definizione

L' ortoressia nervosa può essere considerata un disturbo alimentare caratterizzato da un'ossessione per il consumo di cibi sani.

Di Manuela Capolongo

Pubblicato il 26 Giu. 2017

Aggiornato il 24 Giu. 2019 13:04

L’ Ortoressia Nervosa (ON) è una manifestazione patologica di origine molto recente, che si è sviluppata in concomitanza con la formazione e la diffusione sempre più consistente di filosofie di vita salutiste (per esempio il vegetarianismo, il veganismo e l’alimentazione bio), nonché con un’attenzione della nostra società sempre più forte verso il mangiare sano. Questa condizione è sempre stata difficile da definire in termini clinici: infatti non è stata ancora clinicamente riconosciuta come un disturbo alimentare, in quanto non sono ancora stati stabiliti dei criteri diagnostici validati per l’ ortoressia nervosa.

Manuela Capolongo, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MILANO

 

Ortoressia nervosa: le difficoltà legate alle definizione diagnostica

Nella letteratura viene riportata l’evidenza dell’esistenza di questa espressione patologica e sono descritte e accettate le sue caratteristiche cliniche che si riscontrano nella popolazione.

A causa di questa mancata definizione diagnostica, intorno all’ ortoressia è sempre ruotato un alone di incertezza, che ha portato gli autori ad approfondire l’argomento, anche se la letteratura esistente a riguardo non è così estesa. Questi autori avevano l’intento di comprendere meglio cosa fosse l’ ortoressia, provando a darne una definizione più specifica e a collocarla rispetto ad altri disturbi.

Il risultato di questi studi è stata la formazione di una diatriba all’interno della letteratura: nello specifico è sorto il dubbio se l’ ortoressia debba essere classificata come un disturbo alimentare distinto e indipendente dagli altri, come un’espressione dei disturbi alimentari già esistenti o un disturbo ossessivo-compulsivo.

Questa difficoltà nasce dal fatto che l’ ortoressia nervosa presenta dei sintomi che si sovrappongono a quelli di questi disturbi, rendendo i confini tra essi meno definiti.
Questa è una questione molto interessante e importante, in quanto avere chiaro come si colloca l’ ortoressia in termini diagnostici e definitori permette ai clinici di diagnosticarla più facilmente e trattarla più efficacemente.

Ortoressia: quando il consumo di cibo sano diventa una fissazione

Per analizzare le varie posizioni presenti in letteratura su questo tema, è necessario partire dall’inizio: il termine ortoressia nervosa è stato introdotto per la prima volta da Steven Bratman nel 1997 per indicare una fissazione patologica sul consumo di cibo sano, ossia una fissazione non salutare verso cibi salutari.

L’ ortoressia diventa un disturbo quando la persona che ne soffre manifesta una vera e propria ossessione verso un’alimentazione corretta e sana, tanto da diventare fortemente selettiva nella scelta di cosa mangiare, arrivando ad eliminare dalla sua dieta molti tipi di alimenti, percepiti come non sani (per esempio con coloranti, conservanti, con troppo sale o troppo zucchero), ma anche interi gruppi di alimenti (carne, latticini, cereali, ecc). La persona ortoressica passa molto tempo della sua giornata (più di tre ore) a pensare ai cibi, specificatamente alla loro ricerca, analisi e preparazione.

Nel corso del tempo un ortoressico sviluppa delle regole altamente specifiche e rigide riguardo al cibo e alla fine costringe se stesso a seguire un regime alimentare auto-imposto e limitante. Questo regime alimentare provoca delle conseguenze negative per la persona, sia sul piano fisico, sia sul piano psicologico, che sul piano sociale.

Avendo ricordato le caratteristiche di base dell’ ortoressia, è possibile affrontare il dibattito sulla sua classificazione e definizione: il DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder- IV), pubblicato dall’APA (American Psychiatric Association’S) non riconosceva l’ ortoressia nervosa come un vero disturbo indipendente da altri, e non viene inserito in questi termini neanche nella nuova edizione del DSM-5: viene collocato insieme all’anoressia inversa all’interno dell’area del Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, categoria che indica un’anomalia della nutrizione e dell’alimentazione che si esprime attraverso una persistente incapacità di assumere un giusto apporto nutrizionale e/o energetico.

Le possibili definizioni di ortoressia e gli elementi in comune con i disturbi alimentari

A fronte di questa incertezza definitoria gli autori hanno provato a dare la propria visione, supportata da studi e ricerche, della natura controversa dell’ ortoressia.

Alcuni autori considerano l’ ortoressia come una variante dei disturbi alimentari esistenti, poiché alcuni suoi sintomi si sovrappongono con quelli dei disturbi alimentari.

In particolare molti autori hanno evidenziato la somiglianza con l’anoressia: l’ ortoressia e l’anoressia condividono la mancanza di piacere per quanto concerne il mangiare e uno spostamento del controllo della propria vita sul cibo.

Inoltre altri autori, in base ad alcuni studi, suggeriscono che l’ ortoressia potrebbe essere un precursore o un residuo di un disturbo alimentare.

Una lettura interessante del legame tra ortoressia e disturbi alimentari prevede che seguire una dieta ossessivamente salutare sia un metodo più socialmente accettabile rispetto all’anoressia e alla bulimia per perdere peso: quindi è possibile che alcuni pazienti usino l’ ortoressia per mascherare l’esistenza di un disturbo alimentare, in quanto il comportamento ortoressico può essere un modo socialmente approvato per esprimere i sintomi anoressici o bulimici.

Inoltre l’ ortoressia può essere manifestazione di anoressia nervosa in quanto i pazienti possono passare dall’avere sintomi più anoressici ad altri più ortoressici, come se procedessero per fasi, quindi in questo caso l’ ortoressia sarebbe meglio considerata come variante dell’anoressia.
Alcuni sintomi dell’anoressia nervosa sembrano andare maggiormente in parallelo con quelli dell’ ortoressia, come un’elevata ansia verso alcuni alimenti e il loro evitamento, bisogno del controllo e la natura egosintonica di questi sintomi, ma questo legame non è stato empiricamente dimostrato.

Per certi versi l’ ortoressia presenta delle somiglianze anche con la bulimia, in quanto entrambe sono focalizzate sulla modalità, in entrambi i casi non corretta, di assunzione di cibo.

Un ulteriore studio di Barnes (2016) conferma la sovrapposizione di alcuni aspetti dell’ ortoressia con l’anoressia e la bulimia: la prima ha in comune con le altre due un alto livello di perfezionismo, un’attenzione forte verso l’immagine del corpo e lo stile di attaccamento.

Il perfezionismo, costrutto caratterizzante l’anoressia e la bulimia, accomuna anche le persone ortoressiche, il cui scopo è quello di avere un’alimentazione perfetta e per questo seguono regole alimentari rigorose. L’aderenza a regole alimentari molto rigide può costituire anche il legame tra perfezionismo e disturbi alimentari e rendere sovrapponibili i sintomi ortoressici con quelli bulimici e anoressici.

Una negativa immagine del corpo e un’internalizzazione dell’idea della magrezza sono aspetti centrali nei disturbi alimentari, ma sono presenti, sebbene in misura minore, anche nelle tendenze ortoressiche: difatti queste ultime sono associate ad una maggiore preoccupazione per l’apparenza (quindi come appare il proprio corpo agli occhi degli altri), e una paura di diventare persone in sovrappeso; queste due caratteristiche spiegano il fatto che soprattutto i praticanti del fitness presentano tendenze ortoressiche e mostrano un’internalizzazione del concetto di magrezza così come l’ansia sociale per il proprio fisico, associata all’insoddisfazione verso la propria immagine del corpo, tipica di un disturbo alimentare.

Nonostante esista questa attenzione alla magrezza negli ortoressici, alcuni autori sottolineano il fatto che per questo tipo di paziente è molto più importante seguire una dieta assolutamente perfetta e sana, piuttosto che dimagrire, come vedremo più avanti.

Riguardo all’ultimo aspetto, gli stili di attaccamento ansioso, evitante e disorganizzato sono implicati nello sviluppo di anoressia nervosa e bulimia nervosa e questi tipi di attaccamento, secondo alcuni studi, sono predittori anche di sintomi ortoressici.

Un ultimo aspetto da considerare è l’autostima: in realtà i pazienti ortoressici sembrano avere un’autostima più alta rispetto ai pazienti anoressici o bulimici, ma per gli ortoressici una positiva autostima appare essere finalizzata a mantenere una dieta salutare e avere il controllo su tutti i loro desideri.

Alla luce di questi studi e conclusioni si potrebbe dedurre che l’ ortoressia nervosa sia espressione dei disturbi alimentari già esistenti, ossia anoressia e bulimia, e non un disturbo indipendente, in quanto presenta diverse somiglianze e sovrapposizioni con essi.

Però bisogna specificare che questi risultati non sono del tutto condivisi dalla comunità scientifica, perciò si devono considerare con cautela: altri studi ancora infatti smentiscono l’esistenza di questi legami.

Non tutti sono d’accordo con quanto detto sopra: Bratman infatti ha spinto a considerare l’ ortoressia come disturbo indipendente da altri, e non un’espressione di un altro disturbo alimentare. L’autore afferma che esistono delle differenze fondamentali tra l’ ortoressia e gli altri disturbi alimentari, che rendono la prima un disturbo alimentare a sé: il focus dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa è sulla quantità del cibo (la quantità di cibo ingerita), il focus dell’ ortoressia è invece sulla qualità (la qualità dei cibi che si scelgono di ingerire).

Secondo questa posizione, diversamente dall’anoressia e dalla bulimia, l’ ortoressia non riguarda il desiderio di diventare magri, distaccandosi così dai due disturbi alimentari: la forza trainante sembra essere il desiderio di seguire una dieta perfettamente salutare o pura. Gli ortoressici desiderano più essere puri e sani, piuttosto che magri.

Per esempio verdura e frutta biologica possono essere considerati alimenti sani (sia per un’anoressica sia per un’ ortoressica), perché essi sono percepiti salutari e con poche calorie; ma i dolcificanti artificiali e i piatti surgelati sono generalmente accettati da un’anoressica, ma non sono altrettanto ben visti da un’ ortoressica; viceversa per l’olio d’oliva: viene rifiutato dalle ragazze anoressiche, in quanto è ritenuto grasso e quindi calorico, mentre è accettato da un’ ortoressica, perché è definito uno dei “grassi buoni” dagli esperti nutrizionisti, i quali consigliano il suo consumo controllato perché presenta diversi benefici per la salute.

Quindi secondo questa concezione l’ ortoressia è fondamentalmente diversa dagli altri disturbi del comportamento alimentare, pur presentando delle somiglianze con essi, pertanto deve essere considerata un disturbo indipendente.

Un’altra posizione sostiene che l’ ortoressia nervosa possa essere meglio concettualizzata come un disturbo d’ansia, specificatamente come una variante del Disturbo Ossessivo-Compulsivo).

Bratman considera un requisito fondamentale dell’ ortoressia l’adesione ossessiva a un regime alimentare rigido, che prevede la sensazione di essere costretti a portare i propri cibi ai pranzi, pesare e misurare attentamente tutti i cibi consumati, impegnarsi in schemi alimentari estremi, provare un senso di colpa nel caso si devii da questo schema e una generale preoccupazione per il cibo. Altri autori sottolineano invece la relazione tra l’ansia e la perfezione nell’ ortoressia nervosa, comuni elementi nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo.

Secondo questa concezione le auto-imposizioni di restrizioni alimentari tipiche dell’ ortoressia (compulsione), sarebbero messe in atto per ridurre l’ansia relativa al cibo (ossessione), che è guidata dall’enfasi culturale su schemi alimentari salutari da seguire alla lettera.

Nelle persone con ortoressia, la compentente ossessiva di un disturbo ossessivo-compulsivo enfatizza le abitudini a seguire un’alimentazione “pura”.
Anche in questo caso però non si è riusciti a raggiungere una decisione unanime e un accordo tra gli esperti, in quanto, nonostante le somiglianze appena elencate, l’ ortoressia non presenta tutte le caratteristiche necessarie per essere considerato un disturbo ossessivo-compulsivo (per esempio nell’ ortoressia sembrano mancare le ossessioni bizzarre che i pazienti mettono in atto con gesti ripetitivi ed eccessivi (rituali) per neutralizzare quel pensiero).

Conclusioni

Quindi, per molto tempo c’è stata non poca confusione sulla natura dell’ ortoressia: è un disturbo? Fa parte dei disturbi alimentari già esistenti? Può essere classificato come un disturbo d’ansia?

A fronte di questa incertezza diagnostica sono aumentati studi e ricerche a riguardo, con l’intento di fare chiarezza sulla questione: essa infatti non è solo un problema puramente di definizione, ma è fondamentale perché dalla sua classificazione si può iniziare a mettere a punto delle strategie più efficaci di prevenzione e terapia.

Però la letteratura esistente si è concentrata prevalentemente sul misurare la prevalenza in differenti paesi di questa condizione e ad esaminare i fattori di rischio (età, genere, BMI, ecc), producendo risultati interessanti, ma di natura aneddotica e descrittiva.

In conclusione è necessario che nella letteratura si approfondisca la natura di questa nuova patologia, a fronte della controversia riguardo alla sua difficile definizione: anche se non potrebbe essere ancora considerato come un disturbo alimentare indipendente, l’ ortoressia prevede un disturbo delle abitudini alimentari; perciò si pensa che dovrebbe essere trattato come un disturbo concernente un comportamento alimentare anormale, legato a sintomi ossessivi-compulsivi.

Capendo sempre meglio la definizione diagnostica dell’ ortoressia, si comprende sempre meglio come aiutare le persone che ne soffrono.
Rimane il fatto che la natura dell’ ortoressia rimane ancora un concetto controverso e su cui si dibatterà ancora a lungo, e proprio per questo affascinante e interessante da approfondire.

 

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