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Life is strange: un videogioco che riproduce temi adolescenziali

Life is Strange è un videogioco che riproduce attraverso il gioco tematiche adolescenziali importanti tra cui il bullismo, il suicidio, l'identità sessuale.

Di Marco Lazzeri

Pubblicato il 13 Giu. 2017

Aggiornato il 11 Gen. 2018 11:29

Life is Strange non è un videogame, è un manifesto generazionale dei Millennials. La sua narrazione, che tocca con rara sensibilità temi attuali e terribili come il suicidio, l’eutanasia, il bullismo e la ricerca di un’identità sessuale nell’adolescenza, è stata premiata con i più alti riconoscimenti di settore.

 

Prima di iniziare la lettura dell’articolo, voglio farvi una domanda…Secondo voi, i videogiochi fanno male? Mi rendo conto che la domanda potrebbe essere alquanto scontata e ovvia per alcuni, ma prima di rispondere vorrei invitarvi a riflettere sul videogioco di cui vi parlerò. Qualcuno di voi, ha mai sentito parlare o ha mai giocato a Life is Strange? Life is Strange, titolo dall’enorme successo nato dalla Dontnod Entertainment e pubblicato dalla Square Enix nel 2015, è un’avventura grafica strutturata in cinque episodi disponibile per le principali consolle oltre che per PC.

Life is strange: alcune recensioni sul videogioco

Spaziogames ed Everyeye con le loro recensioni forniscono un quadro davvero completo di questo videogioco delineando, sebbene in maniera non approfondita, anche alcuni aspetti psicologici. Senza anticiparvi la trama, poichè vi consiglio caldamente di giocarvi, vi riporto un estratto della recensione di Lorenzo Mosna tratta da Spaziogames che dice:

Ci sono giochi che ci fanno capire quanto il videogame sia uno straordinario strumento per raccontare delle storie. Giochi che riescono a immergerti in un mondo, a fartelo vivere e sentire, e a creare un legame speciale con i personaggi che vivono al suo interno. Life is Strange, titolo nato dalla mente dei Dontnod, è uno di questi: un gioco che ci ha conquistati sin dalle sue prime immagini e che ci ha coinvolti in un crescendo emotivo lasciandoci una splendida sensazione. In Life is Strange, ogni azione ha le proprie ripercussioni sul mondo del gioco, e le scelte compiute dalla protagonista nelle fasi di dialogo e negli avvenimenti più importanti della vicenda possono stravolgerne l’esito. Piccole cose, come la rimozione di una scritta da una lavagna o un semplice atto di gentilezza o negligenza plasmano il continuum spazio temporale, dando luogo a risultati spesso imprevedibili, o addirittura sospesi e indecifrabili nell’immediato, e grazie al potere di Max vi è sempre la possibilità di riavvolgere il tempo e ritornare sui propri passi. Come nella metafora dell’effetto farfalla, un’azione apparentemente innocua può portare a grandi conseguenze, che né il giocatore né la protagonista possono comprendere. L’aspetto che rende Life is Strange particolarmente interessante è costituito dal costante dubbio in cui il giocatore si trova immerso: anche se abbiamo la possibilità di riavvolgere il tempo e cambiare le nostre decisioni, l’esito di queste si concretizza molto più avanti ed è impossibile per il giocatore capire anzitempo di avere compiuto la scelta giusta o sbagliata. Il legame empatico che si stringe tra il giocatore e la protagonista ha una forza dirompente, e bastano pochi minuti per amare il mondo di Max e di chi le sta attorno. Ogni personaggio è caratterizzato in maniera eccellente, e le varie personalità emergono con veemenza dopo pochi minuti. I dialoghi sono scritti con maestria, e il mondo dei teenager americani è ritratto senza troppi filtri: l’uso del turpiloquio costante, i vizi e le virtù dei giovani si mostrano senza edulcorazioni, e anche quei personaggi che incarnano un archetipo banale riescono a trasmettere un senso di verosimiglianza. Dontnod, da questo punto di vista, ha compiuto un lavoro straordinario che raramente si vede nel mondo dei videogiochi.”

Federico Ercole invece descrive: “Succede raramente in un videogioco, spesso invece nei grandi romanzi, di stabilire un’identificazione così immediata e travolgente con un personaggio fittizio e di dialogare con la sua anima numerica come se fosse una parte di noi, una eco della nostra coscienza. Life is Strange è indimenticabile e i suoi personaggi, con le loro storie, risultano tatuati nella memoria. Se i luoghi che visitiamo durante il gioco non sono molti, sebbene variati dal contesto imposto dalla sceneggiatura, tornarvi dopo poco arricchisce la loro dimensione quotidiana trasformando posti come la camera di Chloe, quella di Max e il campus in spazi intimamente familiari e “veri”. Da qui comincia uno struggente poema elettronico sull’infanzia bruciata troppo presto, sull’ingiustizia, sull’amicizia, sulla prepotenza verso i più deboli, sul pregiudizio e su molto altro: l’universo inquieto (forse ormai dimenticato e incomprensibile per chi ha superato i venti anni) di una gioventù che prova per la prima volta sentimenti che risultano devastanti e dominanti, l’anima di una generazione rappresentata con una gamma cromatica delle emozioni dalla varietà e profondità rare nell’intrattenimento elettronico. Life is Strange è un’opera romantica in maniera universale e pura, incorrotta dal cattivo gusto e dalla superficialità, assolutamente femminea. In essa vi è la lotta dell’essere umano contro la crudeltà di un fato perentorio e lo struggimento che deriva dal potere di condizionare il destino, che è un mostro difficile da ingannare. Non dovrebbe essere giocato solo da chiunque ami i videogiochi ma soprattutto dai disinteressati o da chi li ignora, poiché potrebbe infine innamorarsene perdutamente o almeno capirne la grandezza.

Life is strange: il trailer

 

Life is strange: un manifesto dell’ età adolescenziale

Queste due recensioni introducono alcuni elementi di Life is Strange molto interessanti che cercherò di condividere insieme a voi e, nel farlo, cercherò di essere il più chiaro e sintetico possibile. Il primo elemento di cui vorrei parlarvi è forse uno degli aspetti che vi porterà a rispondere: “Si, I videogiochi fanno male” al quesito posto all’inizio di questo mio articolo, ma non per questo dobbiamo partire prevenuti e generalizzare. Non voglio fare con questo cattiva pubblicità al videogames, ma è un aspetto da tenere in considerazione (e forse, molti di voi non ne sono a conoscenza).

Come riporta Alessandro Contin nell’articolo del 31/05/2016 sul sito La Stampa, Life is Strange: “non è un videogame, è un manifesto generazionale dei Millennials. La sua narrazione, che tocca con rara sensibilità temi attuali e terribili come il suicidio, l’eutanasia, il bullismo e la ricerca di un’identità sessuale nell’adolescenza, è stata premiata con i più alti riconoscimenti di settore… “ Nell’intervistare poi Raoul Barbet (Co-Game Director), Michel Koch (Co-Game Director e Art Director) e Luc Baghadoust (Produttore Esecutivo del gioco), il giornalista pone alcune domande particolari:
Come Donnie Darko, o forse ancor di più, Life is Strange è un manifesto delle inquietudini dell’adolescenza. È difficile immaginare un gruppo di sviluppatori confrontarsi con paure e aspettative tipiche di quell’età. Da dove avete iniziato?

Raoul Barbet / Michel Koch. «L’idea di poter riavvolgere il tempo, andare nel passato e mettere in discussione le scelte fatte e le conseguenze di queste decisioni è stata la nostra base di partenza. Inoltre abbiamo rielaborato l’idea di Memory Remix già presente nel nostro videogioco Remember Me. Ci siamo domandati cosa realmente avremmo voluto raccontare, quali personaggi, quale mondo… il nostro obiettivo era realizzare un gioco con una componente narrativa importante. Ambientarlo in un universo studentesco è stata una buona scelta, perché è il passaggio tra l’adolescenza e la consapevolezza dell’essere adulti, con scelte importanti, che avranno un’eco per il resto della vita. Il potere di Max, e di conseguenza del giocatore, la costringe a ripensare il rapporto che ha con gli altri, la mette a confronto con le conseguenze delle sue azioni, moltiplica i suoi dubbi. Volevamo mostrare l’importanza di operare scelte guardando al futuro e non al passato. E molti giocatori l’hanno fatto, hanno finito il gioco assumendosi la responsabilità delle proprie decisioni senza tornare indietro. Senza riavvolgere il tempo. Abbiamo notato che le decisioni più ardue, quelle che mettevano in difficoltà il giocatore, corrispondevano sempre a questioni sociali reali».

Il rapporto tra adolescenti e social network è un tema complesso. Cyberbullismo e l’ossessione per l’immagine possono distruggere una ragazza anche se vive nella virtuale Arcadia Bay?
Michel / Raoul / Luc Baghadoust. «Life Is Strange approccia temi difficili come il bullismo in ambiente scolastico. Abbiamo cercato di affrontare questo argomento con maggior tatto possibile, usando il personaggio Kate. Abbiamo inscenato la sofferenza che continue vessazioni psico-fisiche causano, abbiamo mostrato l’incapacità di parlare. Siamo arrivati a palesare le scelte drammatiche che alcuni adolescenti compiono per uscire da queste terribili situazioni. E molti giocatori, per il loro passato, per il loro vissuto, per la loro sensibilità personale, hanno provato un forte coinvolgimento emotivo».

Gli aspetti quali il forte coinvolgimento emotivo, il rappresentare la sofferenza provocata da continue vessazioni psico-fisiche e la scelta di certi temi sensibili da affrontare nell’arco dei cinque episodi (come ad esempio il suicidio di Kate nel terzo episodio) hanno comportato, come logica conseguenza, il manifestarsi di alcune problematiche di natura psicologica che potrebbero comparire in chi vi gioca. Sebbene non mi sia dato sapere se vi siano stati dei casi reali in cui il giocare a Life is Strange abbia scatenato disagi psicologici, ideazione suicidaria o dei tentativi di suicidio, ho notato però la presenza (sul sito web del gioco in questione) di una sezione chiamata “Talk to someone”. In questa sezione, per diversi Stati, sono presenti dei numeri di telefono e indirizzi web da consultare qualora volessimo avere un aiuto o parlare con qualcuno dopo aver giocato con il gioco elettronico.

 

Life is strange
Fig 1: Ingrandimento della sezione “Talk to someone

La componente narrativa di Life is strange

Life is Strange è, e rimane, un gioco dall’enorme potenziale. Vi sono altri aspetti da tenere in considerazione che potrebbero, ma questa è soltanto una mia convinzione, essere correlati tra loro. Come già spiegato negli estratti delle interviste riportate nell’articolo, Life is Strange si basa molto sulla componente narrativa. La Dott.ssa María Ximena López Campino, nella sua tesi di dottorato del 2009 dal titolo “Videogiochiamo dunque impariamo? Un modello per l’analisi educativa dei videogiochi”, spiega l’importanza dell’elemento narrativo come strategia di apprendimento. Ecco quanto riporta:

Se in un primo momento la trama costituiva un elemento secondario, o puramente un abbellimento al gioco, senza relazione con il gameplay, la creazione di nuove dinamiche di gioco (e.g. giochi di avventura e di ruolo) ha portato all’integrazione di una narrativa che si svolgesse accanto alla performance nel gioco. La narratività che si stabilisce nell’attività videoludica è, per alcuni teorici, uno dei principali elementi educativi dei videogiochi. Bruner afferma che gli umani hanno una propensione per la narrativa, la quale ci permette di organizzare l’esperienza e costruire significati condivisi… La mente umana ha bisogno di storie che permettano di raccontarsi agli altri, per poter condividere e comunicare con se stessi e con le altre persone, per costruire un’identità e per dare un significato alle proprie azioni. La narrativa è dunque una strategia e un modo di conoscere. Tuttavia, la narrazione videoludica presenta alcune caratteristiche che la contraddistinguono della narrazione canonica. La narrativa presente in un libro o in un film segue una logica sequenziale, in cui il lettore o spettatore sa di essere l’osservatore di una dinamica stabilita altrui. Nel caso dell’attività videoludica, invece, il giocatore non è assolutamente un osservatore esterno, ma è il soggetto stesso che compie l’azione. La sua partecipazione è in sé una parte della storia, e dunque, senza la sua attività, la narrazione non avrebbe forma. Dunque, la narrazione nel videogioco esiste grazie alla sua natura interattiva e ipertestuale, in cui il dialogo tra il giocatore e il gioco permette la co-costruzione della storia. Nel rendere possibile lo sviluppo di un racconto, che non è un racconto qualsiasi, ma un racconto vissuto, interattivo e attuato, si apre la strada a un apprendimento esperienziale, costituito dai vissuti emotivi e dagli eventi mentali dei giocatori. La costruzione del sapere videoludico usufruisce così dell’investimento cognitivo e affettivo attivato da una narrativa intrecciata alla propria esperienza, più potente e più significativa”.

Quindi, come può la narrativa presente in Life is Strange esserci utile? Devo ammettere che dare una risposta a questa domanda può non sembrare facile. Tuttavia dopo averci giocato, e con questo mi accingo a introdurre il secondo elemento interessante, posso dire questo: “Life is Strange, con la sua storia e il suo gameplay insegna non solo il valore dell’empatia, ma anche ad essere empatici”. Nell’uso comune, l’empatia è l’attitudine a offrire la propria attenzione per un’altra persona, mettendo da parte le preoccupazioni e i pensieri personali. Uno dei primi Autori ad usare il termine empatia è stato  Carl Rogers che, tra l’altro, ha evidenziato come questa sia importante e necessaria nelle relazioni umane. Per lui l’Empatia è la capacità di mettersi  nei panni altrui soprattutto per quanto riguarda il sentire/percepire il vissuto emozionale dell’altro. Immedesimarsi nelle emozioni  (paura, amore, rabbia etc.) dell’altra persona senza giungere ad una completa identificazione, rimanendo adeguatamente presente a se stesso  e riuscendo a gestire – nel contempo – le reciproche sensazioni ed emozioni. L’empatia quindi facilita la comprensione della sfera emozionale dell’altro che viene accettato sotto ogni aspetto ed ogni sentimento (espresso e non espresso) poiché ha una funzione di completa apertura verso l’interlocutore, senza riserve, senza pregiudizi ed  allo scopo di ottenere un’evoluzione autentica nella relazione tra due persone. L’empatia può essere rappresentata, come una sorta di piramide costituita da tre livelli sovrapposti, corrispondenti a tre relazioni sempre più ricche e condivise con un numero sempre più ridotto di persone. Il primo livello è l’empatia di base. Segue poi l’empatia reciproca ed infine l’intersoggetività.

Empatia di base

L’empatia di base corrisponde a quella che generalmente si chiama identificazione, ovvero la possibilità di cambiare punto di vista su di una situazione senza perdersi. Questa qualità si distingue in una componente emotiva, ovvero la capacità di distinguere sé dall’altro – competenza che emerge presto nel bambino – ed una cognitiva, ovvero la capacità di assumere il punto di vista dell’altro – competenza che emerge intorno ai 4 anni e mezzo. Tale empatia riguarda quindi la possibilità di immaginarsi cosa si potrebbe provare a pensare al posto dell’altro. A tal fine non è indispensabile nemmeno che l’altro sia riconosciuto come un essere umano: ci si può benissimo identificare con un essere immaginario, come il protagonista di un romanzo o di un cartone animato.

D’altra parte è possibile identificarsi con qualcuno senza neppure vederlo o senza che l’altro se ne accorga. L’empatia così definita alimenta la reciprocità, supportando la solidarietà e il mutuo soccorso.

Empatia reciproca

Alla capacità di rappresentarsi il mondo dell’altro, in questo caso, si aggiunge il desiderio di un mutuo riconoscimento: non solo mi identifico con l’altro ma gli riconosco anche il diritto di identificarsi con me, ovvero di mettersi al mio posto e di avere così accesso alla mia realtà psichica, di comprendere quello che comprendo e di provare quello che provo.

Questa esperienza rimanda a quella dello specchio e implica un contatto diretto con la persona, oltre a tutti i gesti espressivi: mimica del volto, sorriso, incrocio degli sguardi, gesti espressivi.

Negare questa mediazione espressiva nega l’esistenza dell’empatia reciproca. Questo mutuo riconoscimento ha tre aspetti: riconoscere all’altro la possibilità di avere stima di sé come io ce l’ho di me stesso (componente narcisistica); riconoscergli la possibilità di amare e di essere amato (componente delle relazioni oggettuali); riconoscergli la qualità di soggetto del diritto (componente della relazione di gruppo)

Intersoggettività

A questo livello l’empatia consiste nel riconoscere all’altro la possibilità di chiarire aspetti di me stesso che ignoro. È il caso, ovviamente, di chi si rivolge a un terapeuta, ma fortunatamente è una situazione che si può ritrovare anche nell’amicizia e nei rapporti d’amore, dove cadono le barriere.
È quello che Tisseron (2001), psichiatra e psicoanalista francese, chiama “empatia estimizzante” ricollegandola al concetto di estimità, concetto sviluppato come contraltare dell’intimità, ovvero l’esporre ad un pubblico più o meno vasto frammenti di sé fino a quel momento protetti dagli sguardi estranei, cioè mantenuti intimi, per farne riconoscere il valore e ottenere così una validazione.
In questo caso non si tratta più di identificarsi nell’altro, né di riconoscere all’altro la capacità di identificarsi con me accettando di condividere con lui le mie paure, ma di scoprirmi, attraverso l’altro, diverso da come credevo di essere e di lasciarmi trasformare da questa scoperta. In questo momento le somiglianze contano più delle differenze ed i due percorsi di vita degli interlocutori sono un arricchimento per entrambi.

Come Life is Strange puo’ promuovere l’ empatia? Vi ricordate le parole di Raoul Barbet e Michel Koch? « …. Il potere di Max, e di conseguenza del giocatore, la costringe a ripensare il rapporto che ha con gli altri, la mette a confronto con le conseguenze delle sue azioni, moltiplica i suoi dubbi.». Nei momenti decisivi del gioco, le scelte vengono quindi accompagnate dai monologhi interiori di Max, sempre attenti a sottolineare come una scelta “giusta” possa recare con sé conseguenze impreviste e spiacevoli. Raffaello Frattini, con la sua recensione presente nel sito La Caduta, chiarisce ancora di più questo aspetto.

Kate Marsh, un’alunna della scuola timida ed introversa, viene sottoposta ad uno scherzo da confraternita americana di pessimo gusto e viene ripresa mentre, drogata a sua insaputa, si dimena in mezzo ad un mucchio di ragazzi baciandoli. Ovviamente questo filmato finisce online diffondendosi con la rapidità tipica della modernità sui social media e la povera Kate riceve ogni sorta di appellativo e nomignolo, oltretutto perdendo la stima da parte della sua famiglia, fin troppo WASP(White Anglo-Saxon Protestant) e credente. Lo stress e il rimorso dell’accaduto fanno sì che, durante l’episodio, Kate chieda spesso aiuto a Max, unica persona del campus che potrebbe confortarla. Sta a noi decidere se usare il nostro potere per aiutare Kate, oppure continuare a bighellonare con la ritrovata Chloe. A partire dalle nostre azioni, e da quello che abbiamo scoperto della sua vita e della sua psicologia, alla fine dell’episodio ci sarà data la possibilità di salvare Kate dal suicidio. Di fronte alla facciata allegra e colorata del mondo di Life Is Strange ci ritroviamo a salire sul tetto della scuola per fermare una ragazza pronta a porre fine alla sua vita a causa dell’onore perduto. Kate è una persona fragile, insicura e legata alle credenze ossessive dei genitori, e neanche il potere di riportare indietro il tempo ci permette di affrontare facilmente le sue debolezze. Avendo usato tutta la nostra “batteria” di capacità soprannaturale per raggiungerla sul tetto, il gioco ci sfida a comprendere il modo di ragionare di Kate per impedire che si uccida. Se siamo stati abbastanza accorti da notare cosa le è più caro, se abbiamo seguito con attenzione i suoi bisogni e notato che la nostra compagna di scuola ha in effetti ancora un’ancora per rimanere al mondo, allora abbiamo nelle nostri mani quello che serve per tenerla in vita senza dover tornare indietro nel tempo, scegliendo le giuste parole e non farla buttare. Solo seguendo i giusti dialoghi possiamo finalmente vederla scendere dal cornicione, piangente ma illesa, mentre tutta la scuola ci guarda sbalordita — altrimenti non potremo far altro che assistere impotenti al suo salto nel vuoto. ”

Life is strange

Fig 2: Particolare tratto dal terzo episodio di Life is Strange

Continua ancora Frattini: “In entrambi i casi, sia di salvataggio che di fallimento, l’impatto emotivo è sorprendente. Vi posso assicurare che erano anni che non provavo una sensazione del genere di fronte allo schermo di un videogioco. Usare le parole per smuovere la coscienza di Kate è stato molto più soddisfacente che affettare malvagissimi demoni, e dopo averle ricordato che altri (oltre a me) tengono a lei e non la giudicano per quello che ha fatto, vederla scendere e crollare in un pianto liberatorio mi ha causato un vero e proprio moto di commozione.

Life is strange e la contrapposizione all’analfabetismo emotivo

Life Is Strange diventa così un rilevante media comunicativo che cerca di contrapporsi all’analfabetismo emotivo. Le nuove generazioni di nativi digitali (IGenaration, generazione Z, ecc…) abituati come sono a postare contenuti sui social network immediatamente e senza riflettere sulle conseguenze, rischiano a lungo andare di diventare incapaci di riconoscere e controllare le proprie emozioni. Con l’espressione analfabetismo emotivo Goleman intende:
1) la mancanza di consapevolezza e di controllo delle emozioni e dei comportamenti a queste associate;
2) la mancanza di consapevolezza dei motivi per cui si prova una determinata emozione;
3) l’incapacità di relazionarsi con le emozioni dell’altro, in quanto non riconosciute e non comprese così come l’incomprensione dei comportamenti che le provocano.

Dal momento che la fisicità del corpo è sostituita con quella del medium, il soggetto si trova privato di un importante punto di riferimento nel processo di comprensione delle emozioni altrui. Questo aumenta l’analfabetismo emotivo che come sostiene Goleman, è la causa di alcuni dei problemi che caratterizzano i giovani, tra cui il bullismo, la tossicodipendenza e l’alcolismo. Il fatto che ad oggi la maggior parte delle relazioni risultino mediate più che dirette comporta una crescente difficoltà nel riconoscere le emozioni dell’altro e di conseguenza risulta più difficile comprendere anche le proprie.

Life is strange e la psicologia del tempo

C’è ancora un’ultima considerazione da fare a proposito di Life is Strange. Come già espresso nei paragrafi iniziali dell’articolo, in Life Is Strange “…Piccole cose, come la rimozione di una scritta da una lavagna o un semplice atto di gentilezza o negligenza plasmano il continuum spazio temporale, dando luogo a risultati spesso imprevedibili, o addirittura sospesi e indecifrabili nell’immediato”. E molti gamer, come già sottolineato dai creatori del gioco, hanno difatti portato a termine la loro partita assumendosi l’incombenza delle proprie scelte senza tornare per questo indietro. L’importanza di compiere scelte orientate al futuro, introduce un argomento (che forse molti di voi non conoscono) ideato dallo psicologo Phil Zimbardo noto come la psicologia del tempo.

Nel libro Il paradosso del tempo (scritto da Philip Zimbardo e John Boyd) lo psicologo di fama mondiale ci mostra quanto molte delle nostre cosiddette scelte, pensieri e nostri comportamenti, siano connessi-dipendenti dai nostri (in gran parte inconsapevoli) orientamenti temporali. Esistono almeno sei modi di avere un orientamento verso il tempo:
Orientamento al Passato Positivo: si tratta di persone focalizzate sugli aspetti positivi del passato (il focus è sui “bei vecchi tempi di una volta… the good old times”);
Orientamento al Passato Negativo: si tratta di persone focalizzate sugli aspetti negativi del passato (traumi, eventi spiacevoli di infanzia e adolescenza);
Orientamento al Presente Edonista: si tratta di persone focalizzate su aspetti di gratificazione immediata nel presente (ricerca del piacere immediato);
Orientamento al Presente Fatalista: si tratta di persone focalizzate sul fatalismo e sugli aspetti negativi del presente, sono persone che credono che il destino e forze esterne possano influenzare la nostra vita;
Orientamento al Futuro orientata agli obiettivi di vita: si tratta di persone che pensano molto al raggiungimento e alla pianificazione dei propri obiettivi;
Orientamento al Futuro Trascendentale: si tratta di persone che sono focalizzate sulla vita dopo la morte del corpo fisico.

Lo psicologo ha elaborato, in funzione di questi sei orientamenti temporali, uno strumento per misurare il rapporto che abbiamo con il tempo (ZTPI Zimbardo Time Perspective Inventory), un questionario validato internazionalmente attraverso oltre 15000 persone, che predice con ottima precisione il nostro orientamento temporale. Ogni profilo temporale può tuttavia cambiare nel tempo in base alla specifica tipologia e quantità di esperienze che facciamo. Esistono infatti persone focalizzate in una o più di queste dimensioni temporali e meno in altre (pensa a titolo d’esempio quanto coloro che hanno uno stile depressivo siano focalizzati sugli eventi del loro Passato-Negativo).

Avviandomi verso la conclusione dell’articolo, mi rendo conto di quante “sfaccettature” psicologiche questo videogioco presenti. In quanto psicologo e nativo digitale sono convinto che quanto descritto finora non sia tutto. Potrei ancora spiegarvi come Life Is Strange rientri a mio avviso nella categoria delle tecnologie positive, ma preferisco lasciare a voi questa ulteriore riflessione. Approfittando però di queste ultime battute ho deciso di rifarvi una domanda, che è poi lo stesso quesito posto a inizio contributo. Siete ancora convinti che i videogiochi facciano male?

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