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Depressione: l’efficacia dei farmaci antidepressivi dipende anche dall’ambiente

I farmaci antidepressivi, che in parte aumentano la plasticità neurale, garantirebbero, in un ambiente favorevole, la riduzione dei sintomi depressivi.

Di Daniele Mastromo

Pubblicato il 15 Giu. 2017

Aggiornato il 03 Lug. 2019 12:19

Due studi, pubblicati sulle riviste Molecular Psychiatry e Translational Psychiatry, dimostrano come l’ambiente svolga un ruolo fondamentale nell’efficacia dei farmaci antidepressivi.

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la depressione una vera e propria emergenza sanitaria che colpisce circa 322 milioni di persone in tutto il mondo, infatti ha dedicato a questo tema la Giornata Mondiale della Salute 2017 (WHO, 2017). La depressione è inoltre la prima causa di disabilità al mondo, colpisce persone di tutte l’età e condizioni sociali. Tale emergenza è aggravata dal fatto che circa il 60-70% dei pazienti trattati in monoterapia (solo terapia con farmaci antidepressivi) con il farmaco più comunemente utilizzato nelle principali forme di depressione, ovvero gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), non guarisce e il 30-40% non mostra neanche una risposta significativa al farmaco (Trivedi et al., 2006).

Farmaci antidepressivi e ambiente

Un gruppo di ricercatori internazionali, coordinati da Igor Branchi, dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in uno studio pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry (Trivedi et al., 2006), è giunto alla seguente conclusione: l’efficacia dei trattamenti con farmaci antidepressivi serotoninergici (SSRI) dipende anche dall’ambiente (per esempio occupazione lavorativa, titolo di studio, reddito) in cui vive il paziente e, quindi, in cui i farmaci antidepressivi vengono assunti. Questo perché l’azione del farmaco consiste, almeno in parte, nell’aumentare la plasticità neurale, amplificando, in un ambiente favorevole, l’opportunità dell’individuo a ridurre o eliminare i sintomi della depressione. Conclusione che è stata confermata in uno studio gemello condotto dagli stessi autori su pazienti affetti da depressione e pubblicato sulla rivista Translational Psychiatry (Alboni et al., 2017).

I farmaci antidepressivi purtroppo non risultano sempre efficaci. Per capirne i motivi, gli autori hanno ipotizzato come l’aumento della plasticità neurale indotta dal farmaco produca un aumento della suscettibilità agli stimoli ambientali. Di conseguenza, gli autori hanno analizzato, sia in modelli sperimentali (topi) sia in pazienti, il ruolo dell’ambiente nel determinare l’efficacia del trattamento. I risultati hanno dimostrato come il trattamento con SSRI aumenti in modo dose-dipendente l’influenza delle condizioni di vita sull’umore. Ciò è stato osservato sia su parametri clinici (quali la gravità della psicopatologia), sia preclinici e molecolari (come i livelli di neutrotrofine e la neurogenesi).

Passando dal modello animale all’uomo secondo i principi della ricerca traslazionale, Branchi e collaboratori (Chiarotti, Viglione, Giuliani, Branchi, 2017) hanno valutato una sottopopolazione di 591 pazienti arruolati nello studio STAR*D (Trivedi et al., 2006) (Sequenced treatment alternatives to relieve depression) con storia clinica sovrapponibile di depressione, esaminando gli outcome di un trattamento farmacologico con una dose di 20 o 40 mg al giorno di citalopram. In quest’ultimo gruppo (40 mg al giorno), in cui gli effetti raggiungevano significatività statistica, il tasso di miglioramento più elevato era associato a una situazione lavorativa stabile, un grado più elevato di istruzione e un introito economico maggiore.

Questi studi possono contribuire a migliorare la pratica clinica, mettendo a punto strategie terapeutiche basate sulla combinazione del trattamento farmacologico con un approccio terapeutico, come la terapia cognitivo-comportamentale, che permetta, a chi soffre di depressione, di affrontare ambienti di vita avversi ed eventi stressanti con maggiore successo, aumentando l’efficacia del trattamento con farmaci antidepressivi.

Questi risultati, come afferma lo stesso Editor-in-chief della rivista Molecular Psychiatry, Julio Licinio, nel suo editoriale (Licinio, Wong, Licinio, 2017), forniscono una spiegazione potenziale per l’efficacia variabile degli SSRI, possono rappresentare un passo importante per la comprensione del meccanismo di azione di questi farmaci e possono portare allo sviluppo di strategie personalizzate volte a migliorare la loro efficacia.

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