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Deprivazione del sonno: un importante aiuto nella terapia dei disturbi dell’umore

La deprivazione del sonno è una terapia cronobiologica è può essere utilizzata come terapia di supporto o sostitutiva per i disturbi dell'umore.

Di Guest

Pubblicato il 23 Giu. 2017

Aggiornato il 08 Dic. 2017 16:25

I disturbi dell’umore rappresentano una classe di disturbi psichiatrici comprendente, secondo il DSM-IV TR, alcune delle patologie psichiatriche più diffuse al mondo come la depressione maggiore e il disturbo bipolare tipo I e tipo II. La deprivazione del sonno è una tecnica non molto nota ma di importante aiuto nel supportare le normali terapie di prassi che si effettuano per la cura dei disturbi dell’umore. Rientra tra quelle terapie denominate cronobiologiche.

Ileana Capozza, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MILANO 

 

La deprivazione del sonno come trattamento per i disturbi dell’umore

In base agli studi più recenti, nella terapia dei disturbi dell’umore le tecniche di deprivazione del sonno ottengono effetti rilevanti e sostenuti, sia quando utilizzate da sole sia in combinazione con specifiche terapie farmacologiche. Di notevole importanza è il fatto che gli effetti collaterali di suddette terapie siano pressocchè marginali.

Considerando i più recenti dati al riguardo, ci si aspetta che la depressione nel 2020 diventi uno dei più grossi oneri tra i disturbi psichici. Soltanto il 50-70% dei pazienti affetti da depressione maggiore ricorrente ad esempio, risponde al primo trattamento antidepressivo, meno del 40% di essi va incontro a completa remissione di malattia.

L’utilizzo della terapia farmacologica antidepressiva viene scoraggiata spesso in alcune condizioni mediche, nonché in alcune condizioni psichiatriche quali, talvolta, gli stessi episodi depressivi .E’ importante mettere in evidenza a tal proposito il rischio che si corre prescrivendo una qualunque terapia antidepressiva con la conseguenza di trasformare, nel caso di una depressione bipolare non riconosciuta ad esempio, la fase depressiva di un paziente in una fase eccitativa, e quindi rendendone ancora più difficoltosa la stabilizzazione e peggiorandone il decorso complessivo: il viaggio del tono dell’umore verso l’euforia, l’eccitamento, la rabbia e l’agitazione può essere indotto da trattamenti antidepressivi farmacologici aggressivi in soggetti predisposti. In queste tipologie di pazienti i trattamenti cronobiologici, come la deprivazione di sonno, offrono un valido metodo sostitutivo o di supporto.

Un’altra condizione nella quale è opportuno evitare l’utilizzo della terapia farmacologica antidepressiva è durante la gravidanza, per non incidere sullo sviluppo fetale e per scongiurare la comparsa di comportamenti ansiosi nell’età adulta, conseguenti all’esposizione prenatale ai farmaci antidepressivi.

Pertanto è importante sottolineare come le terapie cronobiologiche siano state supportate da numerosi studi clinici che ne hanno appunto provato l’utilità ed efficacia. Il livello di miglioramento indotto dalla cronobiologicoterapia dopo una sola notte di deprivazione di sonno, è paragonabile a quello osservato dopo sei settimane di terapia con antidepressivi. Le risposte terapeutiche osservate sono perciò molto simili a quelle che si ottengono quando il paziente viene sottoposto a terapia farmacologica, ma con una differenza sostanziale: l’effetto terapeutico diventa clinicamente rilevante poche ore dopo l’inizio del trattamento di deprivazione del sonno (il giorno dopo nella maggior parte dei casi), facendo scomparire perciò il più o meno lungo periodo di latenza (generalmente due settimane) che si osserva dopo la somministrazione del farmaco.

Nel corso degli anni, si sono sviluppate sempre di più evidenze cliniche in supporto all’efficacia della deprivazione del sonno, soprattutto comprovate dagli studi sempre più approfonditi sui meccanismi biologici presenti alla base dell’efficacia stessa. Pertanto si può affermare che queste tecniche possano tranquillamente rientrare tra i trattamenti di prima battuta per i disturbi dell’umore.

Gli effetti antidepressivi della deprivazione del sonno si osservano in diverse sindromi depressive, osservando una maggiore efficacia nella depressione maggiore endogena, depressione reattiva, unipolare, nei disturbi bipolari, nella depressione schizoaffettiva, nella depressione precoce o secondaria alla malattia di Parkinson, alla depressione in gravidanza e nel postpartum ed infine nella sindrome disforica premestruale; la deprivazione del sonno può essere definita come il nucleo portante delle cronobiologicoterapie e consiste nell ’esposizione controllata a stimolazioni biologiche come la deprivazione di sonno, che agiscono sui ritmi biologici stessi, aventi lo scopo di ottenere effetti terapeutici. Si può affermare comunque che il suo utilizzo sia pressocchè ristretto ai disturbi dell’umore.

Per quanto concerne la depressione è stato verificato come le variazioni dell’umore nell’arco delle ore diurne influenzino la risposta alla privazione del sonno; i pazienti che mostrano la tipica fluttuazione dell’umore diurna con un miglioramento serotonino della sintomatologia, traggono maggior giovamento dal trattamento cronobiologico rispetto ad altri. Le caratteristiche intrinseche del tipo di sonno di ogni singolo paziente possono influenzare la risposta al trattamento, così come una bassa attività simpatica a livello periferico in associazione con un’alta attività noradrenergica a livello centrale la influenzano positivamente.

Come avviene la deprivazione del sonno

Ma come si svolge la deprivazione del sonno e come viene somministrata al paziente?

Vengono distinte due modalità, una detta totale ( che consiste nella somministrazione del periodo di deprivazione del sonno che comincia la mattina dopo regolare risveglio e termina 36 ore dopo fino alla sera del giorno successivo) e una detta parziale (che comincia con il risveglio nella seconda parte della notte e che include anche il giorno seguente fino alla sera).

I sintomi depressivi sono il primo obbiettivo terapeutico della deprivazione del sonno ed il rapido miglioramento che si ottiene include anche i pensieri e la pianificazione suicidaria. La deprivazione del sonno porta in tempi brevi al miglioramento della sintomatologia depressiva ed è molto utile anche nei pazienti che sono resistenti ai comuni trattamenti farmacologici. Numerosi studi clinici hanno dimostrato che gli effetti antidepressivi non possono, però, osservarsi prima del temine dell’intera notte di deprivazione e non diventano clinicamente evidenti prima dell’esposizione alla luce del giorno.

Rimane ancora dibattuto se piccoli riposi durante la notte di veglia abbiano il potere di bloccare il potere antidepressivo della deprivazione del sonno; in ogni caso dati clinici comprovati hanno dimostrato che questa eventuale influenza negativa sull’effetto antidepressivo dipenda dalle caratteristiche individuali di ogni singolo paziente sottoposto alla cura. La scelta tra l’utilizzo della TSD (total sleeep deprivation) o la PSD (partial sleep deprivation) dipende dalla gravità della sintomatologia sulla quale si intende agire.

Il trattamento generalmente viene ripetuto tre volte a settimana: si effettuano 36 h di deprivazione e durante la nottata di deprivazione vengono sottoposti a light therapy per contrastare la sonnolenza che può insorgere. I pazienti nei quali non si osserva l’effetto terapeutico dopo il primo trattamento vengono sottoposti ad un secondo ciclo. Dopo il trattamento i pazienti anticipano significativamente il momento di andare a letto e dormono maggiormente e meglio rispetto a prima del trattamento stesso (quando normalmente il loro sonno era disturbato dall’insonnia legata allo stato depressivo). Ciò che si ottiene da suddetto trattamento è un grado meno severo della sintomatologia depressiva ed un oggettivo miglioramento nell’umore che dura nel tempo. Nei giorni successivi al trattamento però i pazienti tendono a mostrare un progressivo peggioramento e la gravità del quadro depressivo ritorna ai livelli osservati prima del trattamento. Dopo il sonno di recupero, non necessariamente si osserva la ricaduta nel primo giorno dopo la deprivazione del sonno, alcuni pazienti mostrano un miglioramento atipico subito dopo il recupero invece che dopo la notte di veglia.

Ed è proprio per queste ultime considerazioni riguardo alla presenza di ricadute dopo il trattamento che risulta fondamentale, per evitarne i rischio, combinare la cronobiologicoterapia con farmaci antidepressivi e stabilizzatori dell’umore. La deprivazione del sonno affretta l’ azione antidepressiva dei farmaci. L’unica associazione non fruttuosa osservata emersa dagli studi clinici è quella con la trimipramina, mentre per quanto riguarda i disturbi bipolari il gold standard risulta l’associazione tra deprivazione del sonno e sali di litio, grazie alla quale si ottiene una eutimia stabile nel tempo senza la necessità dell’utilizzo di altre terapie farmacologiche.

Il meccanismo di azione della deprivazione del sonno

E’ stato provato che gli obiettivi della deprivazione del sonno sono i sistemi della serotonina, della norepinefrina e della dopamina, andandone a potenziare la neurotrasmissione. Ci sono dei fattori biologici come le varianti genotipiche, i livelli basali dei suddetti neurotrasmettitori e la quantità dei recettori occupati che influenzano in modo rilevante la risposta terapeutica. È stato inoltre osservato che la deprivazione del sonno aumenti i livelli circolanti di ormoni tiroidei. Ancora più importante è stata la scoperta di cambiamenti metabolici in determinate aree cerebrali osservati mediante tests di neuroimaging: si sono osservati un decremento nella perfusione nel cingolato ventrale ed amigdala ed un aumento dell’attività metabolica a carico della corteccia del cingolato anteriore e della corteccia mediale prefrontale. Più sono alti i livelli metabolici di base dell’attività glutammatergica a livello del cingolato, maggiore è il decremento di questa indotto dalla deprivazione del sonno e migliore è l’effetto terapeutico della stessa. Gli stessi risultati che vengono ottenuti in pazienti sottoposti ad un singolo ciclo di deprivazione del sonno si sono osservati nei pazienti sottoposti ad un mese di paroxetina. Pertanto si può certamente affermare che la neurotrasmissione glutammatergica può avere un ruolo nel rapido ottenimento dell’effetto antidepressivo post deprivazione del sonno, conseguentemente ad una riduzione della concentrazione corticale del glutammato, e parallelamente all’ osservazione della risposta clinica al trattamento cronobiologicoterapeutico.

È stato inoltre ipotizzato che la presenza di importanti cambiamenti nella omeostasi del sonno svolga un ruolo rilevante nell’effetto antidepressivo della cronobiologicoterapia: sono state fatte delle scoperte sull’ipotesi che ci fosse un’alterata omeostasi del sonno nei disturbi bipolari, con un alterato pattern di eccitabilità corticale durante la fase di deprivazione del sonno somministrata ai pazienti bipolari in fase depressiva.

Gli effetti collaterali e le controindicazioni della deprivazione del sonno

Si può affermare indiscutibilmente che la deprivazione del sonno abbia un ruolo stressogeno non indifferente e che rimaner svegli un’intera notte possa inaspettatamente far precipitare anche condizioni cliniche gravi.

A tal proposito è importante sottolineare le risposte terapeutiche ottenute e non ottenute quando la somministrazione del trattamento è stata effettuata in disturbi differenti dai disturbi dell’umore: nella depressione delirante la letteratura suggerisce cautela nella somministrazione della deprivazione del sonno. Infatti, durante uno studio controllato in cui è stata somministrata in associazione con dopamina, si è osservato come in alcuni pazienti affetti da depressione psicotica si sia stata una risposta terapeutica antidepressiva importante, di contro però all’acuirsi della sintomatologia positiva (con l’incremento della frequenza e gravità dei deliri) dopo il sonno di recupero. In caso di pazienti affetti da stati misti con prevalenza di sintomatologia depressiva è stato osservato che la somministrazione di deprivazione del sonno favorisce il viraggio verso lo stato maniacale con aggravamento della sintomatologia. Per quanto riguarda invece i pazienti affetti da malattia di Parkinson, la somministrazione della deprivazione del sonno è stata associata ad un miglioramento prolungato della depressione che può insorgere durante tale patologia; infatti la stessa eccessiva durata del sonno è stata associata ad un maggior rischio di sviluppare la malattia di Parkinson , probabilmente a causa dell’incremento marcato nella neurotrasmissione dopaminergica che si osserva, per l’appunto, durante la deprivazione del sonno.

È importante inoltre considerare come la deprivazione del sonno possa essere un trigger per le crisi comiziali, pertanto deve essere utilizzata con cautela nei pazienti affetti da epilessia. Nei pazienti affetti da disturbo bipolare in stato eutimico, i bruschi cambiamenti nel ciclo sonno-veglia, possono scatenare l’episodio maniacale, con incremento delle attività nelle quali questi pazienti cominciano ad affaccendarsi e con la riduzione della loro necessità di dormire; il viraggio verso la mania, dopo trattamento con deprivazione del sonno, si osserva soprattutto nei pazienti che mostrano rapidi cicli depressione-mania/ipomania. Nonostante queste osservazioni però si può affermare che la mania che può insorgere post deprivazione del sonno, risulta prevalentemente mite e moderata, infatti meno della metà di questi pazienti necessita della somministrazione di stabilizzatori dell’umore per ritornare allo stato di eutimia. Inoltre nei pazienti ospedalizzati la somministrazione di benzodiazepine per via endovenosa porta rapidamente ad una completa risoluzione del quadro maniacale. I pazienti in cui la deprivazione del sonno induce ipomania, ritornano all’eutimia attraverso la somministrazione di Sali di litio o benzodiazepine. In altri, basta il sonno di recupero per riportarli all’eutimia. Peraltro gli stati maniacali osservati post deprivazione del sonno non rientrano nel DSM-4 perché non rispondono ai criteri necessari. In questi casi, comunque, è il terapeuta stesso che sconsiglia l’utilizzo della deprivazione del sonno, quando cioè il rischio di sviluppare la sintomatologia maniacale supera di gran lunga gli effetti benefici del trattamento stesso.

Nei pazienti sottoposti a terapia neurolettica depot è stato dimostrato un effetto antidepressivo deludente post deprivazione del sonno; in questi pazienti infatti viene consigliato un completo washout del farmaco se si vuole somministrare il trattamento cronobiologico.

In generale è perciò molto importante indagare sulle condizioni cliniche di base che il paziente presenta, per evitare che queste peggiorino dopo l’inizio del trattamento cronobiologicoterapico.

Gli effetti collaterali che si riscontrano in ogni caso sono i seguenti: sonnolenza diurna ed il viraggio verso mania o ipomania nel paziente bipolare. Per quanto riguarda la prima, si può cercare di ovviare ad essa attraverso la somministrazione della light therapy durante la nottata nella quale il paziente viene deprivato del sonno e per quanto riguarda il secondo effetto collaterale citato lo si può ridurre con la concomitante somministrazione di stabilizzatori dell’umore. Un altro effetto collaterale può essere l’insorgenza di crisi di panico o ansia nel paziente bipolare che presenti comorbidità con il disturbo di panico; pertanto in questi casi è bene informare con precisione il paziente su tutta la procedura e sulla eventuale ( ma non necessariamente verificabile) insorgenza della crisi di panico durante la notte di deprivazione.

La problematica più evidente resta, comunque, la breve durata dell’effetto antidepressivo: dopo il sonno di recupero più dell’80% dei pazienti che hanno risposto alla deprivazione del sonno sviluppano però una ricaduta della patologia di base, soltanto una minoranza di pazienti mantengono nel tempo l’ottenuto miglioramento della sintomatologia. Questi ultimi pazienti però, nel corso dei giorni successivi, mostrano una tendenza al progressivo peggioramento e la gravità della loro patologia spesso ritorna ai livelli precedenti al trattamento. Sono state però studiate delle strategie per ovviare a queste problematiche e sostenere gli effetti terapeutici della deprivazione del sonno nel tempo: come già accennato è fondamentale la combinazione di più trattamenti cronobiologicoterapici tra di loro, l’uso concomitante di farmaci come stabilizzatori dell’umore, antidepressivi e Sali di litio a seconda della patologia di base. Come già detto importanti sono anche i cicli ripetuti della deprivazione del sonno in associazione con la somministrazione delle altre tecniche cronobiologiche.

Tutto questo dimostra l’importante binomio togliere il sonno per togliere la depressione attraverso la “terapia della veglia” andando ad agire sul tanto nominato orologio biologico situato sopra il chiasma ottico: esso è estremamente sensibile alla luce del giorno e all’esposizione al buio, rispondendo a queste due stimolazioni rispettivamente aumentando la secrezione di serotonina e di melatonina. Filtrando le prime luci del giorno esso fa partire tutte le funzioni fisiologiche del corpo che si esplicano nel quotidiano di ognuno. È un orologio perfetto salvo che nella depressione: toccando con le già discusse regole il ritmo del sonno si possono ottenere risultati straordinari.

 

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