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Telefilm addicted e binge watching: vera e propria dipendenza o un fenomeno sociale?

Nel binge watching tratti quali isolamento, disordini alimentari e problemi nel sonno devono farci pensare a una dipendenza o esso è solo fenomeno sociale?

Di Guest

Pubblicato il 05 Giu. 2017

Il Binge watching potrebbe configurarsi come una dipendenza, che non comprende unicamente comportamenti potenzialmente dannosi per la vita del soggetto, ma comportamenti caratterizzati comunque da perdita di controllo, che però si configurano come soddisfacenti per chi li attua.

Emma Tidei – OPEN SCHOOL, II anno Studi Cognitivi 

 

Il fenomeno del binge watching

Italiansubaddicted, Maniaci seriali, Telefilm addicted, sono solo alcuni dei nomi più conosciuti e cercati in rete da chi vuole scaricare sottotitoli di serie tv o trovare link per poter vedere la puntata della propria serie preferita direttamente on line, attraverso il canale streaming.

Questo è un fenomeno sempre più frequente in Italia, dato che le maggiori serie televisive sono statunitensi o comunque anglofone e l’utenza ricerca un modo per seguire in real time gli episodi, senza aspettare la programmazione italiana, da sempre fanalino di coda in questo settore, per questione di diritti televisivi.

Lo streaming ovvia a questa problematica, così anche la creazione di piattaforme come Skybox o Netflix, dove intere stagioni vengono caricate e sono a disposizione degli spettatori. Tutto ciò porta i consumatori ad una fruizione del prodotto televisivo differente dall’”appointment viewing”, letteralmente appuntamento televisivo, e porta alla nascita, sia nel nostro paese che oltre oceano e oltre Manica, di un fenomeno noto come binge watching.

Il termine “binge watching” è stato definito anche dall’Oxford Dictionarie, come ”guardare più episodi di un programma televisivo in rapida successione, di solito attraverso DVD o usando lo streaming” (Oxford Dictionarie, 2013) e, è giusto aggiungere, tutti nello stesso luogo. Una definizione di binge watching più nostrana viene data dal dizionario Treccani e recita: “visione ininterrotta di una grande quantità di episodi appartenenti a una serie televisiva, che è interamente disponibile in rete o in cofanetti di dvd”, si può arrivare fino a 10-15 episodi di 40-50 minuti ciascuno.

 

Binge watching: uno sguardo ai numeri

Alcuni numeri possono dare il polso della situazione: da un sondaggio commissionato da Netflix su 1500 streamers, si evidenzia che circa il 61% ha praticato binge watching almeno una volta alla settimana; altri dati pubblicati da MarketCast rivelano come il 67% degli Americani tra i 13 e i 49 praticano maratone televisive. Il binge televisivo è personale e del tutto accidentale, praticato in casa e in solitudine dal 98% dei bingers. Come suggerivano i nomi sopracitati, con termini come “addicted”, anche la parola “binge” lascia sottintendere una dipendenza.

Una dipendenza non comprende unicamente comportamenti che includono eccesso e che sono potenzialmente dannosi per la vita del soggetto, come quella da alcool o sostanze, ma anche comportamenti caratterizzati comunque da perdita di controllo, che però si configurano come soddisfacenti per chi li attua.

La dipendenza da televisione, insieme a quella da internet, si inserisce in quest’ultimo tipo di comportamenti in quanto la persona percepisce il desiderio soggettivo di guardare la tv come un modo per raggiungere una soddisfazione, ma può poi diventare senza controllo: si inizia con una puntata, poi due, poi tre…fino a passare il fine settimana difronte allo schermo del pc o della televisione.

 

Caratteristiche del comportamento binge

Secondo uno studio recente condotto da Pattison, Dombrowski e Presseau nel gennaio 2016, il binge watching appare collegato sia all’impulsività che alla riflessività in un campione di 86 partecipanti che hanno compilato dei questionari su auto-efficacia, aspettative di risultato e automaticità. Inizialmente, quando ci si appresta a vedere la televisione, gioca il fattore riflessivo, si segue uno scopo, poi, durante la visione, subentra un’impulsività, all’interno di un meccanismo di rinforzo contingente.

Un comportamento che si caratterizza come “binge” ha comunque anche una connotazione negativa: lo ritroviamo nelle condotte alimentari compulsive come il binge eating, con il quale la visione di programmi televisivi, al pari dei conflitti familiari, pare avere una correlazione secondo uno studio condotto da Harris e Bargh della Yale University. Nel binge watching rientra comunque anche la pericolosità dei comportamenti di dipendenza, poiché può portare a isolamento, disordini alimentari e problemi nel sonno. (Harris & Bargh, 2010; Wheeler, 2015) I comportamentibinge” sono generalmente accompagnati da sensi di colpa, mentre il binge watcher lo vive maggiormente come una sorta di piacere colpevole.

Uno studio dell’University of Siracuse condotto da Lena ha investigato l’effetto del binge watching sulla fruizione dello spettacolo da parte degli spettatori. Questo appare essere consistente dipendentemente dal tipo di show (ad esempio se è ben recitato e ha una buona storyline) e non vale per qualsiasi serie tv in maniera generalizzata. Lo studio di Lena mostra anche una significatività del binge watching legata alla gratificazione che lo spettatore ottiene dalla visione di più puntate dello show preferito. I dati che emergono mettono in luce il fatto che chi pratica il binge watching, piuttosto che l’appuntamento settimanale con un programma, ricerca una fuga ed è invece meno orientato ad ottenere una vera e propria gratificazione materiale.

 

Quando la serie finisce: i vissuti dei binge watchers

«Iniziare a guardare una serie TV che potrebbe durare anni non è una decisione da prendere alla leggera» dice saggiamente Sheldon Cooper, personaggio della sit-com “The Big Bang Theory”. Ed è un’osservazione che molti appassionati di serie tv certamente sottoscriverebbero. Significa sapere di dover scendere prima o poi a patti col fatto che la serie finirà e ci sarà un season finale, un episodio a cui non ne seguiranno altri. Quando una serie finisce per molti di essi la sensazione è quella traumatica di un vero e proprio lutto, accompagnato dalla sensazione che qualcuno li abbia abbandonati.

Secondo la psicologa Emily Moyer-Guse della Ohio State University, la fine di una serie tv può portare sintomi depressivi e un senso di angoscia e smarrimento, manifestazioni che possono ricorrere anche tra la fine di una stagione e l’altra, del tutto simili a quelle derivanti dalla fine di una storia d’amore. Sì, perché i personaggi ai quali ci si affeziona diventano come amici; una relazione, quella di teleamicizia (Joshua Meyrowitz), che rende un personaggio carnale, fa seguire le sue vicende con passione sempre maggiore. La precedente generazione vedeva nei protagonisti di film passati alla storia o nei personaggi di romanzi classici dei modelli; oggi le nuove generazioni vedono nei personaggi delle serie tv dei compagni, individui che crescono, sbagliano, rimediano, cambiano, proprio come può succedere a loro. In 3-4 stagioni di 20-23 episodi ciascuna c’è tempo per cadere e rialzarsi, per sbagliare e rimediare, il tempo scorre similmente alla vita e non è legato alla pellicola di 90 minuti.

Fondamentale in tutto ciò è, quindi, la ricerca di emozioni. Lo studio statunitense ha esaminato come gli spettatori – tutti universitari – reagiscono davanti alla fine del proprio programma preferito, chiedendo loro quanto spesso guardavano la televisione e i motivi che li spingevano a farlo, e quanto fosse importante per loro. Dai risultati è emerso che i ragazzi che affermavano di sentirsi in “forte relazione” con i personaggi erano coloro che si sentivano più a disagio quando i telefilm interrompevano le programmazioni: i rapporti con i personaggi televisivi possono essere paragonati ai rapporti reali, ma con un’intensità minore. “Il disagio percepito è reale”, ma l’intensità dell’angoscia che si prova, spiega la ricercatrice, “non è paragonabile a quella che si prova nella realtà” (Moyer-Guse).

 

Binge watching: la causa nella paura dei rapporti sociali?

La creazione di questi rapporti parasociali può avere origini nella storia di vita degli individui che arrivano poi a praticare il binge watching. A questo proposito uno studio descrittivo della Georgia Southern University, condotto da Katherine Wheeler, ha evidenziato come i partecipanti, studenti del college, che ottenevano alti punteggi nella scala di attaccamento ansioso della scala Experiences in Close Relationships Revised (ECR-R; Fraley, Waller, & Brennan, 2000), erano quelli che più frequentemente ricorrevano al binge watching come comportamento.

Questo dato potrebbe spiegarsi pensando al fatto che questi soggetti hanno spesso preoccupazioni eccessive riguardo alla pericolosità della vicinanza nelle relazioni e paura dell’abbandono e di conseguenza ricercano nella serie tv dei rapporti parasociali, surrogati di quelli che non riescono a gestire, e vengono gratificati dalla fuga da questi ultimi. Magari di fondo ci può essere una struttura di personalità di tipo evitante o schizoide che favorisce quel ritiro, in quanto vivendo con difficoltà l’interazione sociale, trovano un rifugio ideale e una modalità di esperire determinate emozioni.

In conclusione, molta ricerca si è concentrata negli Stati Uniti, ma anche qui nel nostro paese il fenomeno del binge watching è ormai diventato presente e per tale preoccupante. È auspicabile uno studio di settore che dia il polso della situazione anche in Italia, dove la nascita dei gruppi di ragazzi che si ritrovano in piattaforme on line, come quelle citate all’inizio dell’articolo, per caricare i sottotitoli delle più amate serie tv ci mostra il grado di partecipazione e coinvolgimento per questo fenomeno che porta ragazzi, spesso universitari o studenti liceali a spendere svariate ore e parte importante del proprio tempo libero a tradurre, sincronizzare e commentare intere puntate, per poi metterle a servizio di un utenza sempre più ampia.

Si può effettivamente parlare di dipendenza? O siamo di fronte ad un fenomeno sociale di massa? È quello che si chiedono anche nei forum nati per la condivisione della passione per i telefilm tra i giovani, anche nel nostro paese. A mio avviso è un fenomeno che va controllato, poiché da quanto emerge dai vari studi, il rischio di un comportamento come il binge watching sul well-being è reale e se non è il fenomeno sociale a portare la dipendenza, potrebbe essere la dipendenza a portare il fenomeno sociale, crescendo individui sempre meno capaci socialmente.

Nel suo saggio “Cattiva maestra televisione” il filosofo Karl Popper mette in guardia dal prodotto scadente dell’industria televisiva; direi che ora dobbiamo essere messi in guardia da quello ottimo, che oscura la vita reale, che non termina dopo 40 minuti e può non darci tutto quel concentrato emotivo, ma è naturale, spontanea. Il binge watcher ha paura di fronte ai rapporti sociali, proprio per le emozioni spiacevoli che possono comportare, così lascia che siano altri a decidere quali emozioni proverà; facendo così, paradossalmente, rinuncia a quello che lo attira verso la serie tv: il proprio vissuto emotivo.

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