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Terapia Multisistemica in Acqua (TMA): gestire le emozioni e modificare gli schemi cognitivo-comportamentali dei bambini con autismo

La Terapia Multisistemica in Acqua è usata con bambini autistici, si avvale di tecniche cognitive, comportamentali e relazionali. I risultati sono notevoli

Di Daiana Aufiero

Pubblicato il 27 Mar. 2017

Aggiornato il 05 Lug. 2019 12:17

E’ la Terapia Multisistemica in Acqua, la cosiddetta “TMA”, che oramai da tempo viene praticata con i bambini affetti da disturbi dello spettro autistico. Si avvale di tecniche cognitive, comportamentali, relazionali e senso-motorie e produce risultati davvero ammirevoli.

Aufiero Daiana – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

 

Nata anni fa, nel 1990, nel cuore e nella mente di alcuni giovani psicoterapeuti (P. Maietta, G. Caputo e G. Ippolito) che, ancora studenti, si trovarono a fare gli istruttori di nuoto per persone diversamente abili. Notarono per la prima volta i cambiamenti comportamentali messi in atto da bambini con diagnosi di disturbi generalizzati dello sviluppo e autismo.

Gli stessi bambini che incontrati negli spogliatoi o all’interno della struttura, nei corridoi o nelle stanze, li ignoravano completamente, in acqua assumevano atteggiamenti meno oppositivi e meno evitanti: già dai primi incontri cominciavano a relazionarsi, sia pure con modalità anomale. Da qui cominciarono a raccogliere i primi dati per creare le basi teoriche e le tecniche pratiche di quella che è diventata la Terapia Multisistemica in Acqua, una vera e propria terapia praticata in molte piscine d’Italia.

 

Terapia Multisistemica in Acqua: perché multisistemica? E perché in acqua?

La Terapia Multisistemica in Acqua è multisistemica perché valuta e interviene sui diversi sistemi funzionali del bambino, ossia sul sistema relazionale, cognitivo, comportamentale, emotivo, senso-motorio e motivazionale. Il sistema relazionale è quello attivato prioritariamente dalla terapia in acqua. I miglioramenti degli altri sistemi sono una conseguenza degli interventi che si fanno su questo.

Il terapeuta valuta le modalità di approccio e di interazione del bambino osservando posture corporee, evitamento oculare, interazione con l’ambiente e con gli altri; interviene offrendo un’opportunità di cambiamento del sistema relazionale attraverso tecniche mediate dalla teoria dell’attaccamento di Bowlby e derivanti da modelli teorici di riferimento come la teoria dell’aggrappamento primario di Balint (1991). Secondo tale modello teorico, il bambino avrebbe una tendenza innata ad entrare in contatto con l’altro e ad attaccarsi ad un essere umano. Per l’autore si tratterebbe di un bisogno indipendente dal cibo ed essenziale quanto il cibo.

Per i bambini che presentano un disturbo autistico, sembra che questa tendenza ad aggrapparsi sia poco presente, o meglio, poco attivata: sono soliti stare da soli evitando il contatto con l’altro. Con la terapia multisistemica in acqua, attivandosi la paura per la sopravvivenza, il bambino mostra un innato bisogno di aggrapparsi al terapeuta, bisogno chiaramente non manifestato fuori da questo ambiente.

Ecco perché la terapia si svolge in acqua, in quanto questa risulta essere un forte attivatore emozionale che diventa anche attivatore relazionale (le emozioni vanno dalla felicità, eccitazione o gioia, alla paura, frustrazione e rabbia ed il terapeuta, riconoscendole, aiuta il bambino a contenerle ed esprimerle in modo congruo).

 

La Terapia Multisistemica in Acqua e la teoria dell’attaccamento

Se da un lato, l’aggrappamento primario spiega il comportamento del bambino, che istintivamente si aggrappa al terapeuta, dall’altro, poco ci dice sulla relazione che successivamente si creerà tra terapeuta e bambino. La teoria centrale che permette di spiegare e interpretare tale comportamento è la teoria dell’attaccamento di Bowlby (1969-1973), secondo la quale l’attaccamento sarebbe un sistema motivazionale primario. Nella Terapia Multisistemica in Acqua il bambino ha la possibilità di sperimentare un attaccamento sicuro con il terapeuta e di immagazzinare un modello operativo interno di una persona sensibile ed affidabile, capace di contenerlo; questo lo condizionerà in tutte le altre relazioni.

Obiettivo fondamentale della Terapia Multisistemica in Acqua è quello di stabilire con il bambino una relazione significativa che modifichi le modalità comunicative disfunzionali. L’ingresso del terapeuta nel sistema relazionale del bambino crea fin da subito una rottura delle modalità relazionali pregresse e degli schemi sottostanti, incrementando in modo congruo interscambi più funzionali. Il terapeuta diventa per il bambino una figura di riferimento e successivamente una base sicura, dalla quale partire per poi esplorare il mondo, ampliando le proprie conoscenze e alla quale ritornare nei momenti avvertiti come difficili e/o pericolosi.

 

La Terapia Multisistemica in Acqua: come interviene sulle capacità cognitive?

Le capacità di adattamento all’ambiente stimolate dall’intervento presumono l’attivazione di capacità cognitive. Il bambino in piscina evidenzia aumentate capacità mnemoniche e attentive, mostrando interesse e propensione verso alcune attività e oggetti, prestando attenzione alle richieste dell’operatore, riuscendo ad eseguire i compiti anche attraverso richieste verbali. Inoltre, in acqua è possibile e necessario ai fini terapeutici, produrre situazioni imprevedibili e non già vissute per promuovere le capacità di problem solving.

La Terapia Multisistemica in Acqua interviene positivamente anche sul sistema comportamentale, in quanto attiva una serie di condotte che, con l’intervento del terapeuta, diventeranno man mano adeguate al contesto, permettendo l’estinzione o l’attenuazione di eventuali “comportamenti problema”. Il sistema senso-motorio viene attivato dall’acqua e dagli stimoli che il terapeuta può offrire al soggetto: imparare a muoversi nel nuovo ambiente in relazione continua con il terapeuta facilita le capacità di coordinazione; I giochi motori-relazionali e la temperatura dell’acqua creano, inoltre, delle sollecitazioni che in nessun altro ambiente possono essere offerte. Secondo Piaget le attività cognitive risultano dall’interiorizzazione degli schemi senso-motori: in acqua è possibile operare su quella che Piaget definiva “l’intelligenza senso-motoria”, caratterizzata dall’azione diretta che il bambino compie sugli oggetti, i quali vengono manipolati e conosciuti come realtà limitata nel tempo e nello spazio.

Particolarmente interessante, in tutto ciò, è notare come l’attività del bambino autistico in acqua possa cambiare le dinamiche interne familiari: i genitori cominciano a osservare in piscina un figlio “diverso” da come sono abituati a vedere in tutti gli altri contesti (il ragazzo aggressivo, poco capace di instaurare relazioni significative, poco attento e oppositivo); un po’ alla volta, riacquistano fiducia nelle potenzialità del figlio e ciò porta ad un loro maggiore equilibrio relazionale con il bambino.

 

Applicazione della Terapia Multisistemica in Acqua

Ma vediamo meglio come si applica la Terapia Multisistemica in Acqua. La terapia segue una metodologia specifica che presuppone: l’utilizzo di una piscina aperta al pubblico che costituisce il setting privilegiato in quanto ha il vantaggio di una possibilità costante di piena integrazione sociale del bambino con disturbi di questo tipo; il rapporto individualizzato tra terapista e utente, almeno nelle prime fasi della terapia; la suddivisione della terapia in fasi;  i colloqui anamnestici diagnostici e valutativi con le famiglie; la valutazione funzionale del bambino in acqua; la progettazione individualizzata dell’intervento con obiettivi a medio e lungo termine; la supervisione in acqua e in setting tradizionale; la verifica dei risultati attraverso checklist e scale di valutazione; le figure professionali specializzate.

Le fasi della terapia permettono di immaginare la Terapia Multisistemica in Acqua come un “macroprocesso” suddivisibile in “microprocessi”; queste sono:

  • Fase valutativa
  • Fase emotivo-relazionale
  • Fase senso-natatoria
  • Fase dell’integrazione sociale

Ogni fase ha finalità specifiche, senza aver raggiunto le quali non è possibile passare alla fase successiva. Le fasi si susseguono e si sommano nel senso che: gli obiettivi raggiunti nella fase precedente si sommano con gli obiettivi della fase successiva.

La Terapia Multisistemica in Acqua, pur nascendo come terapia per il disturbo autistico, può essere generalizzata ad altri tipi di disturbi: disturbo iperansioso dell’infanzia, ritardo mentale, disturbo da attenzione e iperattività, disturbo reattivo dell’attaccamento, fobie, disturbo della condotta, disturbo oppositivo-provocatorio, schizofrenia ed altri disturbi psicotici, sindrome di Down, disturbi motori ed altri ancora.

E’ necessario sottolineare che la Terapia Multisistemica in Acqua non deve essere utilizzata da sola, ma deve essere affiancata ad altri interventi terapeutici e se necessario da cure farmacologiche. Non presenta nessuna controindicazione, soprattutto se si condividono gli obiettivi con altre figure professionali per il raggiungimento del benessere del soggetto beneficiario. La riuscita dell’intervento terapeutico pare sia maggiore quanto minore risulta essere l’età del paziente che intraprende la terapia e quanto più precoce sia l’inizio delle attività specifiche.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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