expand_lessAPRI WIDGET

Intervista a Matthieu Villatte: Relational Frame Theory e terapie di terza generazione

In attesa del congresso 'Mindfulness, Acceptance, Compassion', abbiamo intervistato Matthieu Villatte, esperto in Relational Frame Theory

Di Michele Pennelli

Pubblicato il 21 Mar. 2017

Aggiornato il 22 Mar. 2018 15:09

In attesa di Mindfulness, Acceptance, Compassion: nuove dimensioni di relazione, I° congresso italiano di confronto tra psicoterapie cognitivo-comportamentali di terza generazione, abbiamo incontrato Matthieu Villatte uno dei professionisti internazionali esperti in materia di Relational Frame Theory.

Michele Pennelli

 

Dal 22 al 24 Marzo saremo a Milano per seguire il convegno Mindfulness, Acceptance, Compassion: nuove dimensioni di relazione. Sarà il I° congresso italiano di confronto tra psicoterapie cognitivo-comportamentali di terza generazione. Il convegno è organizzato da ACT Italia e IESCUM con il patrocinio della IULM, ospiterà diversi professionisti Internazionali, molti afferenti all’ ACBS (Association for Contextual Behavioral Science).

In anteprima, abbiamo incontrato uno di loro: Matthieu Villatte, che ha tenuto un interessantissimo workshop ad Ancona dal 16 al 18 Marzo ed organizzato dall’ SPC (Scuola di Psicologia Cognitiva).

Matthieu Villatte è psicologo, trainer e autore, ha lavorato presso l’University of Louisiana e l’Evidence-Based Practice Institute of Seattle; si occupa di RFT (Relational Frame Theory) ed ha pubblicato, nel 2015, Mastering the Clinical Conversation Language as Intervention, un importantissimo libro sulle possibili applicazioni cliniche di una delle teorie più complesse e apprezzate degli ultimi anni, la Relational Frame Theory per l’appunto, un approccio post skinneriano allo studio della cognizione e del linguaggio.

 

Alla scoperta della Relational Frame Theory: intervista a Matthieu Villatte

 

Intervistatore: Ci puoi dire come dalla Francia e dal tessuto culturale della psicoanalisi francese tu sei arrivato alla Relational Frame Theory?

Matthieu Villatte: Beh, in effetti, è veramente sorprendente, so bene che in Francia, nel tessuto culturale francese, c’è una dominanza della psicoanalisi, ma sono stato fortunato, perché nell’ Università che ho frequentato c’era anche una buona parte di analisi comportamentale e pur essendo la maggior parte dei corsi di psicoanalisi, c’era anche molto comportamentismo.

La mia mente razionale era più interessata ad un approccio scientifico e mi attraeva il comportamentismo. Sono arrivato, poi, alla Relational Frame Theory perché ho iniziato a studiare la teoria della mente, ma da una prospettiva comportamentista. E’, comunque, da rilevare che allora pochi comportamentisti conoscevano la Relational Frame Theory.

 

Intervistatore: Il modello della Relational Frame Theory è un approccio post skinneriano allo studio della cognizione e del linguaggio ed è un modello molto complesso, tu, con il tuo libro, hai cercato di restituire a questo modello di laboratorio, un approccio clinico, ci puoi spiegare come ci sei riuscito? E da dove è nato questo bisogno?

Matthieu Villatte: All’inizio, per me, la Relational Frame Theory e l’ACT erano collegate perché così venivano presentate nei libri, ma il collegamento tra le due non mi era chiaro, perché da un lato vedevo la teoria e dall’ altro l’applicazione pratica. In realtà il mio vero interesse per l’ACT è nato perché essa era incorporata nella Relational Frame Theory. Molti terapeuti arrivano alla Relational Frame Theory perché praticano l’ACT, ma io ho fatto il percorso inverso, infatti, nella prima formazione che ho fatto volevo che il collegamento tra la Relational Frame Theory e l’ACT fosse ben chiaro, soprattutto perché volevo che la Relational Frame Theory fosse più facilmente riferibile al suo modello applicativo, ossia, l’ ACT.

Il percorso di chiarificazione del passaggio dalla Relational Frame Theory ad ACT è stato ed è molto complesso, perché si tratta di capire cosa nella pratica clinica è veramente essenziale trasportare dalla Relational Frame Theory. In questo passaggio ho ritrovato due tipi di rischi: da una parte, individuare le cose importanti per l’applicazione clinica di un modello teorico ampio e complesso, dall’ altra non semplificare troppo, correndo il rischio di perdere la ricchezza della Relational Frame Theory come modello esplicativo della cognizione e del linguaggio. Il libro Mastering the Clinical Conversation: Language as Intervention è stato il risultato di un confronto continuo con i clinici, incontrati nelle diverse formazioni tenute. Infatti, abbiamo costruito il libro parallelamente alle formazioni, tanto è vero che, la prima stesura del libro è stata molto differente rispetto alla seconda che è stata adattata rispetto a ciò che ritenevamo, via via, utile.

 

Intervistatore: Mi è capitato di confrontarmi con diversi BCBA (Board Certified Behavior Analyst) ed ho notato che c’è molta difficoltà a parlare di Relational Frame Theory, come ho notato molta difficoltà in alcuni terapeuti della seconda onda ad accettare i cambiamenti teorici che le terapie di terza onda stanno portando in questo periodo nel panorama della psicoterapia cognitiva comportamentale, tu cosa ne pensi di questo dibattito?

Matthieu Villatte: Io penso che la Relational Frame Theory possa essere un buon ponte tra la psicologia cognitiva e la psicologia comportamentale, però, si può correre il rischio che entrambi gli approcci possano creare delle resistenze a questo incontro. E’ molto importante capire come e su quali basi possa essere costruito questo ponte, da un lato la psicologia cognitva può sostenere che alcuni aspetti siano troppo comportamentali, viceversa, la psicologia Skinneriana può sostenere che la Relational Frame Theory sia troppo cognitiva.

Il ponte potrebbe essere il contesto, dove è possibile inserire le cognizioni ed il comportamento, ma il dibattito rimane aperto ed è importante non chiudersi alle nuove scoperte, ma sempre dialogare per un accrescimento comune.

 

Intervistatore: L’anno scorso, sempre ad Ancona, abbiamo incontrato Niklas Törneke (autore del libro Learning RFT: An Introduction to Relational Frame Theory and Its Clinical Application) e ci disse che il regalo che la Relational Frame Theory /ACT aveva fatto alla comunità psicologica era il concetto di fusione e defusione, sei d’accordo con lui e qual è secondo tela peculiarità della Relational Frame Theory?

Matthieu Villatte: Sono pienamente d’accordo con Niklas, perché ritengo che probabilmente il concetto defusione cognitiva sia il concetto chiave nell’ ACT, insieme a quello di augmenting sui valori, se si mettono insieme questi concetti si ha veramente tutto. Il concetto di fusione e defusione cognitiva e il lavoro funzionale sui valori può essere forse la chiave per costruire il ponte di cui parlavamo prima, tra la psicologia cognitiva e quella comportamentale.

Fusione e defusione, infatti, permettono di riconoscere come il linguaggio abbia un’influenza sul comportamento e come l’approccio contestuale possa alterare il comportamento. Se dovessi definire la peculiarità della Relational Frame Theory, direi che essa ritiene che il linguaggio sia un comportamento come gli altri, ma allo stesso tempo non sia un comportamento come gli altri: può essere studiato come un prodotto del contesto, ma è un comportamento con delle caratteristiche diverse da altri comportamenti.

 

Intervistatore: La settimana prossima sarai a Milano al primo congresso 3 G in Italia, cosa ti aspetti?

Matthieu Villatte: Sono molto entusiasta di partecipare al convegno 3 G, perché la comunità italiana è una delle comunità più attive e più prominenti nella ACBS (Association for Contextual Behavioral Science), il nostro attuale presidente è Nanni Presti, primo presidente eletto non di lingua anglosassone. Quindi, ritengo che la comunità italiana abbia molto contribuito alla ricerca radicata in quella che è l’analisi comportamentale. E’ stato fatto in Italia un grosso lavoro anche di traduzione dei contributi internazionali sull’ ACT e la Relational Frame Theory.

Moltissimi formatori dell’ ACBS sono venuti negli anni in Italia, come per esempio Niklas Törneke, ed hanno fatto sì che l’Italia sia diventata un luogo importante per la nostra società.

 

Intervistatore: Grazie per la tua disponibilità Matthieu!

Matthieu Villatte: Prego, ci vediamo a Milano!!

 

Si ringrazia la Dott.ssa Laura Coverlizza per la traduzione, il Dott.Emanuele Rossi e la Scuola di Ancona dell’Spc per la disponibilità dimostrata.

 

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Michele Pennelli
Michele Pennelli

Psicologo Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale. Perfezionato in Psicopatologia dell’Apprendimento-Insegnante Mindfulness

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Matthieu Villatte, Jennifer L. Villatte, and Steven C. Hayes. (2015) Mastering the Clinical Conversation Language as Intervention; Guilford Press
  •  Niklas Törneke MD, Steven C. Hayes PhD (2010). Learning RFT: An Introduction to Relational Frame Theory and Its Clinical Application.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
ACT: acceptance and commitment therapy per i disturbi d'ansia
ACT: acceptance and commitment therapy per i disturbi d’ansia

L' ACT fornisce un cambiamento di prospettiva e si avvale delle tecniche della mindfulness, dell' accettazione e della vita secondo i propri valori.

ARTICOLI CORRELATI
John Broadus Watson

L'influenza e l'audace visione di John Broadus Watson hanno trasformato radicalmente il modo in cui comprendiamo il comportamento umano

Ivan Pavlov: i suoi rivoluzionari contributi nella comprensione del comportamento umano

Come Ivan Pavlov e il condizionamento classico hanno cambiato il modo in cui percepiamo l'apprendimento e il comportamento umano

WordPress Ads
cancel