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La mente ossessiva: una lezione con il Professor Francesco Mancini – Report dal seminario

Si è svolto a Palermo il seminario di studi tenuto dal Prof. Francesco Mancini, il cui tema è stato il disturbo ossessivo-compulsivo e il suo trattamento

Di Angela Ganci

Pubblicato il 14 Mar. 2017

Si è svolto lo scorso 27 febbraio a Palermo un intenso seminario di studi tenuto dal Professor Francesco Mancini, il cui tema è stato il disturbo ossessivo-compulsivo, il suo impatto negativo sulla qualità di vita di chi ne è affetto e l’efficacia delle terapie disponibili sulla sintomatologia.

 

Si è svolto lo scorso 27 febbraio a Palermo un intenso seminario di studi organizzato dall’Associazione di Psicologia Cognitiva di Roma, in collaborazione con l’Università degli Studi Palermo. Il tema dell’incontro, condotto dal Professor Francesco Mancini, Medico chirurgo, Specialista in Neuropsichiatria Infantile e Psicoterapeuta Cognitivista e Direttore della Scuola di Psicoterapia Cognitiva dell’Associazione di Psicologia Cognitiva APC, è stato il disturbo ossessivo-compulsivo, largamente studiato in clinica per il suo impatto negativo sulla qualità di vita di chi ne è affetto e in relazione alle terapie disponibili e all’efficacia sulla sintomatologia.

Le ossessioni interessano la popolazione generale e non esiste differenza qualitativa tra i controlli e le persone affette da disturbo ossessivo, ma solo una differenza quantitativa – apre il Professor Francesco Mancini – I pensieri intrusivi tipici degli ossessivi sono noti da tempo: basti pensare che già nel 1600 un arcivescovo inglese descrisse un paziente affetto da scrupolosità morale (paura del peccato) e lavaggi.

E addentrandosi nella tipologia dei comportamenti tipici degli ossessivi, diversi sono i sottototipi esistenti, benché un soggetto possa presentare più comportamenti sintomatici: compulsioni di controllo, di contaminazione, rituali di ordine e simmetria.

 

Diversi tipi di ossessivi: il sottotipo checker spiegato dal Prof. Francesco Mancini

Nella categoria dei checkers troviamo soggetti che controllano ripetute volte le cose, come la chiusura della porta di casa. L’ossessione da cui nasce la compulsione si fonda sull’idea che qualcosa possa essere sfuggito al controllo e che pertanto possa accadere qualcosa di negativo per cui essere colpevoli. L’obiettivo di tali comportamenti di controllo è di essere certi di non avere la responsabilità di certe disgrazie, come far entrare i ladri in casa – spiega il Professor Francesco Mancini.

E continuando:

Tuttavia accade che la ripetizione del gesto conduca a dubbi sull’accuratezza del ricordo, sulla fiducia della propria memoria fino a provocare stati simil-dissociativi: in tal caso si arriverà a dubitare della propria percezione, dopo aver fissato più volte l’oggetto.

Lungo il suo intervento, il Prof. Francesco Mancini si è soffermato a sottolineare un concetto fondamentale: la preoccupazione reale del paziente è di essere certo di non aver niente di cui rimproverarsi (come l’occorrenza di un disastro, nei checkers) piuttosto che della disgrazia in se stessa.

Caratteristica degli ossessivi, più che degli ansiosi e dei controlli, è una colpa definita deontologica, caratterizzata dal rispetto delle norme in sé piuttosto che dal bene degli altri come avviene nel senso di colpa altruistico. Si tratta del rispetto di un’autorità morale, riconosciuta autorevole, alla cui supremazia sottomettere le volontà individuali, limitando i diritti decisionali del singolo. Ecco che nel noto dilemma del trolley, in cui i partecipanti possono decidere di salvare cinque vite umane bloccate lungo un binario al costo di una, muovendo lo scambio su cui viaggia il vagone fuori controllo, gli ossessivi decideranno di non usare lo scambio. Si tratta di un’azione omissiva dettata dal fine di non mettersi al posto di Dio, non assumendosi pertanto la responsabilità del gesto. Una prova ulteriore del carattere deontologico della preoccupazione ossessiva e dell’effetto anti-ansiogeno dell’evitamento della responsabilità è che, se deresponsabilizzati, gli ossessivi si preoccupano molto meno anche se l’esito temuto può accadere lo stesso (il furto in casa)

 

Il senso di colpa deontologico risulta collegato al disgusto morale, nella misura in cui aumenta la sensibilità al disgusto, inducendo il bisogno di lavarsi, di modo che il lavaggio delle mani riduce il senso di colpa (Effetto Macbeth).

Il collegamento diretto con l’emozione del disgusto trova poi una corrispondenza a livello cerebrale.

Il senso di colpa deontologico attiva le insule, stazione dove pervengono le afferenze propriocettive, la cosiddetta strada del disgusto. Esse tuttavia si attivano di meno rispetto ai controlli per una sorta di familiarità con la colpa deontologica.

La mente ossessiva una lezione con il Professor Francesco Mancini - Report dal seminario

Il Prof. Francesco Mancini illustra i diversi sottotipi di ossessivi

 

L’etiopatogenesi e trattamento del Disturbo Ossessivo Compulsivo

Riguardo all’etiopatogenesi del Disturbo Ossessivo Compulsivo il Prof. Francesco Mancini ha esaminato le principali esperienze infantili chiamate in causa nel contribuire alla rappresentazione catastrofica tipica della colpa deontologica. Esse sono nello specifico:

  1. Carico di responsabilità fin da bambino
  2. Standard elevati imposti dai genitori per cui ogni piccolo errore merita una punizione
  3. Il ricorso a punizioni severe e scarsamente prevedibili (gravi umiliazioni)
  4. Il ricorso a un interruzione del rapporto, per esempio tenendo il muso per giorni per poi riprendere il rapporto in modo improvviso. In questo caso il bambino non sarà in grado di capire come si ricuce un rapporto, mancando la capacità di dare un senso all’accaduto.

In riferimento infine al trattamento, il Disturbo Ossessivo Compulsivo ha generalmente il fine di ridurre il senso di colpa vissuto come catastrofe, qualcosa che non può accadere.

L’obiettivo del trattamento è l’accettazione del senso di colpa e di responsabilità sia nei domini sintomatici, che non sintomatici. Una tecnica utilizzata è l’ACT, acronimo di Acceptance and Commitment Therapy, terapia cognitiva di seconda generazione basata sull’accettazione delle emozioni nel loro libero fluire e sull’impegno attivo per il cambiamento. Una terapia ben riuscita riesce a modificare inoltre le difese di ordine superiore, come l’ironia – conclude Francesco Mancini.

Una prospettiva che ribadisce la necessità di alleggerire il peso delle inevitabili frustrazioni e perdite che la vita presenta, contrastando la sensazione che “niente va come dovrebbe”, o che sia necessario acquisire determinate certezze per camminare lungo i sentieri del benessere.

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Angela Ganci
Angela Ganci

Psicologia & Psicoterapeuta, Ricercatrice, Giornalista Pubblicista.

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