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Attenzione, bias attentivi e disregolazione emotiva nel Disturbo Borderline di Personalità 

Nel disturbo borderline di personalità vi sono dei bias nell' attenzione, essi non sono solo prodotto del disturbo ma hanno un ruolo chiave nel mantenimento

Di Luana Lazzerini

Pubblicato il 21 Mar. 2017

Aggiornato il 09 Set. 2019 15:32

Pazienti con disturbo borderline di personalità sono caratterizzati da ipervigilanza e bias attentivi per stimoli negativi, le teorie cognitive assumono che tali bias dell’ attenzione non siano un semplice prodotto del disturbo ma che abbiano un ruolo chiave nel mantenimento e nel concorrere a causare questi problemi, innescando un circolo vizioso che fa precipitare in uno stato di ansia intensa che appare fuori controllo e senza fine.

Luana Lazzerini – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

 

Processi cognitivi e disregolazione emotiva nel Disturbo borderline di personalità

La disregolazione emotiva è spesso descritta come la caratteristica centrale del disturbo borderline di personalità (BPD) e viene concettualizzata come una combinazione di vulnerabilità emotiva ed incapacità a modulare le risposte emotive.

Persone con disturbo borderline di personalità hanno una tendenza biologicamente determinata a sperimentare emozioni negative che possono essere facilmente attivate, intense e di lunga durata. Questo temperamento emotivamente vulnerabile interagisce con un ambiente invalidante e/o traumatico che favorisce lo sviluppo di adulti con intenso dolore emotivo e con poche competenze per la gestione dello stesso (Linehan, 1993; Zanarini & Frankenburg, 2007). La vulnerabilità emotiva è caratterizzata da un’elevata sensibilità a stimoli emotivi e da reazioni insolitamente forti che sono rallentate nel ritorno allo stato basale.

Gran parte dei comportamenti disfunzionali e impulsivi caratteristici del disturbo borderline di personalità sono tentativi disadattivi volti a ridurre o evitare stati negativi intensi (Chapman et al.,  2006). Rabbia, ansia, vergogna e depressione sono emozioni comunemente elevate nel disturbo borderline di personalità (Rush et al., 2007).

Una vasta letteratura teorica ed empirica mette in evidenza come i problemi emozionali siano fortemente associati ad una serie di processi cognitivi disadattivi che favoriscono l’elaborazione di informazioni con significato e valenza emozionale negativa (Wilson et al., 2007).

Ad oggi ci sono numerosi studi che dimostrano come i processi cognitivi disadattivi spesso possano anche precedere l’insorgenza dello stress emotivo e possono svolgere un ruolo rilevante sia nel mantenimento che nello sviluppo di disturbi emotivi (Alloy L.B. & Riskind, 2006; Mathews & MacLeod, 2005).

La maggior parte degli studi che indagano la relazione tra processi cognitivi e problemi emozionali si sono focalizzati su singoli disturbi e perlopiù in asse I. Tuttavia, le importanti analogie nei processi cognitivi tra i vari disturbi hanno portato ad un aumento di riconoscimento del valore di una prospettiva transdiagnostica. Molti processi cognitivi, tra cui l’attenzione selettiva e la memoria, o stili di ragionamento disadattivo quali la ruminazione e la soppressione di pensiero, sono legati in modo trasversale a numerosi disturbi emotivi contribuendo alla loro insorgenza ed al loro mantenimento (Harvey et al., 2004; Baer R.A. et al., 2012).

La centralità del disturbo emotivo nel disturbo borderline di personalità suggerisce che tali processi possano contribuire in modo rilevante alle disfunzioni caratteristiche del disturbo borderline di personalità e quindi al suo sviluppo e mantenimento (Arntz et al., 2005).

In generale, il modello cognitivo ipotizza che i pazienti con disturbo borderline di personalità elaborino le informazioni attraverso uno specifico insieme di tre credenze fondamentali (schemi di stessi e degli altri): “Io sono impotente e vulnerabile”, “Io sono indegno, inaccettabile”, “Gli Altri sono pericolosi e cattivi”. Avendo bisogno di sostegno in un mondo pericoloso ma non fidandosi degli altri, chi soffre di disturbo borderline di personalità mostra un costante stato di ipervigilanza. In condizione di ipervigilanza informazioni specifiche relative allo schema sono altamente prioritarie e difficili da inibire; questo porta a dei bias nelle fasi iniziali di elaborazione delle informazioni, come l’attenzione selettiva.

 

L’ attenzione selettiva nel disturbo borderline di personalità

L’attenzione selettiva è stata ampiamente studiata in vari disturbi, e si è dimostrata avere un ruolo cruciale nell’eziologia e nel mantenimento in particolare dell’ansia patologica (Mathews, 1997). Nel disturbo borderline di personalità, tuttavia, i bias attentivi non sono stati presi adeguatamente in considerazione da parte dei ricercatori.

La scarsità di studi sull’ attenzione selettiva è in contrasto con il riconoscimento dell’ansia come un aspetto significativo del disturbo borderline di personalità, con la relazione tra disturbo borderline di personalità e traumi infantili e con la relativa alta comorbilità del disturbo borderline di personalità sia con disturbi d’ansia che con disturbi di personalità del cluster ansioso (Zanarini et al., 1998). Pazienti con disturbo borderline di personalità hanno difficoltà a controllare la loro attenzione che può essere focalizzata sul passato, sul futuro, o sul dolore attuale piuttosto che sul compito corrente (Linehan 1993).

 

Bias attentivi nel disturbo borderline di personalità: i paradigmi sperimentali e le ricerche

Negli studi empirici il bias attentivo viene valutato considerando le prestazioni al Test di Stroop o su compiti di sonda visivi (Visual Dot Probe Task). Entrambi i metodi richiedono ai partecipanti di svolgere un compito attentivo centralizzato il più rapidamente possibile, ignorando distrattori emotivi.

Nel compito emotivo Stroop gli intervistati vedono parole neutre ed emotivamente rilevanti in scritte con inchiostro di diversi colori e viene chiesto di nominare il colore dell’inchiostro il più rapidamente possibile. Persone con problemi emotivi in ​​genere sono più lente a nominare il colore di parole emotive rispetto a parole neutre (Mathews & MacLeod, 1985), presumibilmente a causa di  una polarizzazione dell’ attenzione sul significato delle parole emotivamente rilevanti che interferisce con l’esecuzione del compito.

Alcuni studi utilizzano una procedura subliminale, in cui ogni parola è presentata molto brevemente ed è seguita immediatamente da altre lettere dello stesso colore. Anche quando i partecipanti non possono identificare la parola, il tempo di latenza per citare il colore è più lungo per parole legate a contenuto emotivo piuttosto che per le parole neutre (MacLeod & Hagan, 1992). La procedura subliminale cattura meglio il processo attentivo automatico, mentre i tempi di presentazione più lungo possono valutare un processo più controllato (Mathews, 1997).

Nelle attività con sonda visiva, i partecipanti vedono brevemente due parole (una emotiva e una neutra) sullo schermo del computer. Le parole poi scompaiono e appare un punto nello spazio che prima era occupato da una delle due parole. Il partecipante deve premere un tasto il più velocemente possibile dopo aver rilevato il punto.

Persone con bias attentivo dovrebbero essere più veloci ad individuare i punti che appaiono nello spazio appena occupato dalla parola emotiva mentre, quando il bias non c’è i tempi di risposta dovrebbero essere equivalenti per i punti che compaiono nelle due posizioni (Harvey et al., 2004).

In entrambi questi test si possono utilizzare immagini al posto delle parole.

Alcuni studi sperimentali hanno mostrato una polarizzazione dell’attenzione per stimoli negativi nei pazienti con disturbo borderline di personalità  (Arntz et al., 2000). Questi si sono dimostrati più lenti rispetto ai controlli sani e ad altri gruppi clinici nel nominare il colore di parole connotate emotivamente in senso negativo in modo specifico per parole legate ai temi tipici del disturbo borderline di personalità  (indegno, vulnerabile, inaccettabile), suggerendo una polarizzazione dell’attenzione coerente con i temi cognitivi caratteristici del disturbo (Sieswerda et al., 2006).

Tale effetto è stato riscontrato anche quando il Test di Stroop veniva modificato includendo parole individualizzate per ogni partecipante che rappresentavano eventi negativi personali. I pazienti con disturbo borderline di personalità hanno mostrato tempi di risposta significativamente più lenti rispetto ai controlli sani per le parole che rappresentano quest’ultima categoria (Wingenfeld et al. 2009).

Uno studio con pazienti adolescenti ha riscontrato un’interazione tra stato d’animo corrente e ipervigilanza a stimoli emotivi negativi. Il bias attenzionale verso stimoli emotivi negativi è stato riscontrato quando i pazienti con disturbo borderline di personalità  si trovavano in uno stato d’animo negativo. Quando i pazienti erano in uno stato d’animo positivo, tendevano invece all’evitamento di stimoli emotivi negativi. I gruppi di controllo hanno mostrato un modello inverso. Questo può indicare che i risultati non rappresentano un comune, effetto non specifico che dipende dall’umore corrente, ma piuttosto una specificità del disturbo borderline di personalità. (Ceumern-Lindenstjerna I.-A. et al. 2010).

Uno studio in un campione non clinico che ha utilizzato un Visual Dot Probe con immagini di volti minacciosi, piacevoli o neutre ha evidenziato come i partecipanti con caratteristiche di personalità più simili al disturbo borderline di personalità hanno una tendenza a rilevare stimoli minacciosi velocemente per poi spostare l’ attenzione lontano da essi. (Berenson et al. 2009). Studi prospettici indicano che l’ attenzione selettiva legata a stimoli di minaccia predice una maggiore difficoltà di fronteggiamento di eventi stressanti (MacLeod & Hagan, 1992). Inoltre, è stato dimostrato che i partecipanti possono essere addestrati a sviluppare un bias attentivo verso stimoli negativi determinando così una maggiore difficoltà durante lo svolgimento successivo di attività stressanti come risolvere anagrammi difficili (MacLeod et al., 2002).

 

Attenzione, bias attentivi e disturbo borderline di personalità: conclusioni

Pazienti con disturbo borderline di personalità sono caratterizzati da ipervigilanza e bias attentivi per stimoli negativi. Le teorie cognitive assumono che tali bias non siano un semplice prodotto del disturbo ma che abbiano un ruolo chiave nel mantenimento e nel concorrere a causare questi problemi, innescando un circolo vizioso che fa precipitare in uno stato di ansia intensa che appare fuori controllo e senza fine.

Il legame tra attenzione selettiva e disturbo borderline di personalità è stato dimostrato in diversi studi, che indicano un substrato comune tra la patologia borderline, disturbi affettivi, disturbi d’ansia, disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e anche da prove di deficit neuropsicologici in pazienti con disturbo borderline di personalità (Portella et al., 2011; Domes et al., 2006; Arntz et al., 2000).

Non è stata segnalata nessuna evidenza di bias attentivi per stimoli presentati in forma subliminale, il che suggerisce che la polarizzazione dell’ attenzione in questi pazienti può essere un processo controllato, piuttosto che automatico.

La capacità di controllare l’ attenzione in corrispondenza di stimoli emotivi è fondamentale per facilitare la regolazione emotiva. Sono stati delineati 5 passaggi fondamentali nel processo di regolazione emotiva: la selezione della situazione, la modifica della situazione, la  distribuzione dell’ attenzione, il cambiamento cognitivo, e la modulazione della risposta (Ceumern-Lindenstjerna I.-A. et al., 2010). Imparare a distribuire l’ attenzione implica la capacità di adattarla al fine di modificare le emozioni in una data situazione.

Linehan (1993) sostiene che i pazienti con disturbo borderline di personalità mostrano problemi di disingaggio dell’ attenzione da stimoli emotivi a causa del loro deficit nella regolazione emotiva e che ogni persona molto attivata emotivamente mostra un deficit nel controllo dell’ attenzione, sottolineando quindi l’impatto delle oscillazioni marcate dello stato emotivo sul controllo attentivo.

Alcuni studi hanno però dimostrato la presenza di un’associazione causale tra i bias attentivi e la vulnerabilità emotiva che può influire in modo importante nella capacità di regolazione emotiva (MacLeod et al., 2002). La presenza di una difficoltà nella capacità di discriminare rapidamente tra espressioni facciali negative e neutre sotto pressione temporale dimostra una polarizzazione dell’ attenzione verso stimoli negativi che aiuta a comprendere le difficoltà e le incomprensioni dei pazienti con disturbo borderline di personalità nelle interazioni sociali, in cui sono richieste risposte particolarmente veloci ai fini della capacità adattiva (Dyck et al., 2009).

Inoltre, alcuni autori (Ceumern-Lindenstjerna I.-A. et al., 2010) sostengono che la modalità con cui vengono elaborate le informazioni negative nei pazienti con disturbo borderline di personalità possa variare a seconda dello stato d’animo del momento, ovvero che quando l’umore è negativo ci sia un bias verso stimoli negativi, mentre quando lo stato d’animo è positivo si verifichi il processo inverso. Il bias attentivo verso stimoli negativi può aggravare l’umore già negativo facilitando la disregolazione e causando deficit di inibizione. Invece, l’evitamento di espressioni facciali negative in uno stato d’animo positivo può favorire interazioni sociali disfunzionali alterando il riconoscimento di importanti stimoli emozionali e favorendo in modo indiretto una successiva disregolazione. Studi condotti su adolescenti mettono in evidenza che il deficit di elaborazione delle informazioni esiste già nelle prime fasi di sviluppo del disturbo borderline di personalità.

Per incrementare le capacità terapeutiche può essere rilevante prendere in considerazione sia gli effetti dell’umore corrente nel bias attentivi sia approfondire la conoscenza circa le relazioni tra bias attentivi, disturbo borderline di personalità, e le disfunzioni sottostanti nei sistemi neurali coinvolti nell’elaborazione di stimoli emotivi negativi.

In generale anomalie nei processi attentivi aiutano a mantenere la patologia borderline. Questo offre spunti per nuove possibilità terapeutiche. Interventi che hanno lo scopo di influenzare i processi attentivi potrebbero rappresentare un utile complemento alle terapie già stabilite nei pazienti con disturbo borderline di personalità. Una possibilità sarebbe quella di utilizzare tecniche per modificare o controllare i processi attentivi, come ad esempio training per la riqualificazione dell’ attenzione che insegnano ai pazienti a contrastare l’ attenzione verso stimoli negativi adottando uno stile attentivo evitante verso gli stessi.

Se venisse confermata l’associazione tra stato d’animo attuale e bias attentivo dovrebbero essere svolti addestramenti diversi da praticare in situazioni di umore positivo o negativo. In particolare si dovrebbe stimolare l’evitamento in condizioni di umore negativo mentre, quando lo stato d’animo è positivo, i pazienti dovrebbero essere istruiti a prestare attenzione a spunti emotivi negativi nell’ambiente sociale (Ceumenrn-Lindenstjerna I.-A. et al., 2010). Attraverso questi interventi diversificati i pazienti potrebbero migliorare la loro capacità di regolazione emotiva in contesti sociali.

Nel complesso interventi terapeutici che si focalizzano sulle anomalie dei processi attentivi potrebbero essere utilizzati in modo complementare ad altri approcci terapeutici (DBT-cognitivo-trauma) contribuendo a migliorare il funzionamento sociale e la capacità di regolazione emotiva in pazienti con disturbo borderline di personalità (Ceumenrn-Lindenstjerna I.-A. et al., 2002).

Risulta necessario estendere le competenze teoriche relative alla comprensione del ruolo dei bias attentivi nello sviluppo della sintomatologia clinica e valutare la concreta efficacia di training attentivi in vista della possibile apertura a nuove prospettive terapeutiche.

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