expand_lessAPRI WIDGET

Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno (2015) – Recensione

'Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno' è un’utile guida al trattamento dei disturbi del sonno, indispensabile per i professionisti.

Di Marina Morgese

Pubblicato il 20 Mar. 2017

I professionisti alla ricerca di un manuale che rappresenti un’utile guida al trattamento dei disturbi del sonno dovrebbero consultare Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno, il manuale illustra una grande varietà di protocolli in modo molto preciso, dettagliato ma per nulla dispersivo.

Marina Morgese – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi

 

Disturbi del sonno: introduzione

Così come mangiare e respirare, anche dormire ha un ruolo di primaria importanza nella vita degli esseri viventi. Basti pensare alla nostra ultima notte insonne e alla successiva giornata lavorativa, alla stanchezza provata e trascinata fino a tardi e all’unico pensiero fisso che da mattina a sera ci ha accompagnato “Non vedo l’ora di rimettermi a letto!”.

Adesso immaginiamo che questa situazione non avvenga solo per una notte, ma continui nella notte successiva, riproponendosi ancora nelle nottate a seguire e così via, il tutto mentre le giornate che viviamo si arricchiscono così di stanchezza, irritabilità, scarsa concentrazione e depressione.

Vi sono poi le situazioni contrarie: una lunga nottata di sonno non basta, è difficile staccarsi dal letto, viene invece più facile richiudere gli occhi e nuovamente cadere tra le braccia di Morfeo e lasciar vivere la vita agli altri.

Purtroppo questi due poli opposti, insonnia e ipersonnia, rappresentano due tra i più diffusi disturbi del sonno che portano molto spesso i pazienti a richiedere un consulto medico e/o psichiatrico. Ma non sono gli unici.  Altre lamentele comuni riguardano la sensazione di eccessiva sonnolenza diurna o i disturbi e le difficoltà durante il sonno, come ad esempio il sonnambulismo.

Trattasi ovviamente di problemi per nulla banali: i disturbi del sonno e della veglia portano a un rischio più elevato di patologie mediche e psichiatriche e a una compromissione generale del lavoro e dei rapporti sociali.

 

Fasi del sonno

Oltre alla veglia, il sonno umano comprende due fasi: la fase REM (Rapid Eye Movement) e la fase non-REM (NREM). Questi due stadi si alternano ciclicamente nel corso di un episodio di sonno.

Le caratteristiche di ogni fase sono ben definibili: nel sonno non-REM vi è un basso tono muscolare e attività psicologica minima; nella fase REM i muscoli sono atonici e comincia l’attività onirica.

Il sonno di un adulto presenta un’alternanza regolare di fasi non-REM e REM costituita da cicli di durata simile tra loro. Dopo essersi addormentato, il soggetto passa dallo stadio 1 del sonno non-REM allo stadio 2, per poi passare allo stadio 3 o allo stadio 4 e quindi, tra i 70 e i 90 minuti dopo l’addormentamento, si verifica la prima fase di sonno REM che dura circa 15 minuti. Alla fine della prima fase di sonno REM si conclude il primo ciclo che dura all’incirca dagli 80 ai 100 minuti.

Dopo questo primo ciclo, ve ne sono altri di durata pressoché simile, ma con un leggero aumento di durata del sonno REM (a scapito soprattutto degli stadi 3 e 4 del sonno NREM).

Durante la notte, in conclusione, il sonno REM costituisce circa il 25% della durata totale del sonno. È possibile che tra i vari cicli vi siano momenti di veglia. Il periodo di sonno viene rappresentato graficamente mediante gli ipnogrammi che illustrano il succedersi delle fasi di veglia e sonno in rapporto al tempo. Una più recente classificazione degli stadi del sonno ha abolito la distinzione tra stadio 3 e 4, accorpandoli in un unico stadio di sonno profondo, denominato N3 (Carskadon M.A. e Dement W.C. 2011).

 

Classificazione dei disturbi del sonno

Per classificare i disturbi del sonno, si fa spesso riferimento, oltre che al DSM, al “The International Classification of Sleep Disorders” (ICSD). La seconda edizione dell’ICSD divide i disturbi del sonno in:

  • Dissonie: di queste fanno parte i Disturbi Del Sonno Intrinseci tra cui l’Insonnia (insonnia psicofisiologica; insonnia paradossale; insonnia idiopatica) e l’eccessiva sonnolenza (narcolessia; ipersonnia ricorrente; ipersonnia idiopatica; ipersonnia da post-trauma; disturbi della respirazione: apnea del sonno; disturbi di movimento: sindrome delle gambe senza riposo, movimenti limbici periodici). Nelle dissonnie rientrano anche i Disturbi Del Sonno Estrinseci, come per esempio l’igiene del sonno inadeguata, l’insonnia dovuta ad altitudine, l’insonnia dovuta ad allergia e l’insonnia dovuta a dipendenza da alcool. Anche i Disturbi Del Ritmo Circadiano Del Sonno rientrano nelle dissonie, tra questi troviamo il disturbo da jet lag, da fase ritardata/avanzata del sonno (disturbo frequente negli adolescenti e nei giovani adulti) e il disturbo del sonno dovuto a orari di lavoro irregolari o notturni.
  • Parasonnie: in queste rientrato i Disturbi Del Risveglio (risvegli confusionali, sonnambulismo, terrori notturni), i Disturbi Associati Alla Transizione Tra Sonno E Veglia (tra cui movimenti ritmici, soliloquio, crampi alle gambe notturni), le Parasonnie Associate Con La Fase Rem (come per esempio incubi e paralisi del sonno) e, infine, altre parasonnie (tra cui enuresi e bruxismo)
  • Disturbi associati con altro disturbo mentale o medico
  • Disturbi del sonno poposti

Nel 2014, la pubblicazione dell’ICSD 3 ha inserito alcuni cambiamenti nella classificazione, proponendo così sei principali divisioni cliniche:

  1. L’insonnia
  2. Disturbi respiratori legati al sonno
  3. Disturbi centrali di ipersonnolenza
  4. I disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia
  5. Parasonnie
  6. Disturbi del movimento legati al sonno

Inoltre è stata inclusa un’ulteriore categoria chiamata “Altri Disturbi del Sonno” allo scopo di permettere al medico di assegnare un codice a condizioni che, per motivi diversi, potrebbe non adattarsi alle sei categorie di cui sopra (Zucconi M. e Ferri R., 2014).

 

Disturbi del sonno: uno sguardo all’ insonnia

L’ insonnia è caratterizzata da una persistente difficoltà di inizio, durata, consolidamento e qualità del sonno. Il disturbo è presente nonostante l’opportunità di ottenere condizioni e quantità adeguate di sonno e determina una serie di conseguenze diurne negative. Così, l’insonnia è composta da tre tratti generali:

  1. L’opportunità di condizioni di sonno adeguato
  2. La persistenza del disturbo del sonno
  3. L’associazione tra disturbo del sonno e disfunzionalità diurne.

I sintomi notturni comprendono difficoltà di inizio e/o mantenimento del sonno, sonno leggero e non ristorativo (e.g., Morin & Espie, 2004), mentre i sintomi diurni comprendono sonnolenza, difficoltà di concentrazione, calo del tono dell’umore, irritabilità, difficoltà sociali/occupazionali o in altre aree importanti del funzionamento (ICSD-2, 2005).

L’insonnia è spesso associata ad altre condizioni psicopatologiche, prima tra tutte la depressione ma anche ai disturbi d’ansia. Harvey in uno studio del 2011 ha riscontrato delle comorbilità anche con fobia sociale, disturbo da attacchi di panico, autismo e disturbi dell’alimentazione.

 

Modelli di spiegazione dell’ insonnia

Tra i fattori di mantenimento dell’ insonnia, oltre a quelli predisponenti (quali familiarità e caratteristiche individuali) e precipitanti (stress, lutti, preoccupazioni), vi sono anche fattori perpetuanti quali comportamenti e credenze disfunzionali relative al sonno (Spielman, 1986; Spielman e Glovinsky, 1991).

Vi sono diversi modelli in letteratura che spiegano il mantenimento dell’ insonnia.

Il modello dell’ insonnia di Morin (1993) vede nell’arousal la caratteristica principale dell’ insonnia: l’eccessivo arousal infatti è un fattore causale dell’ insonnia, che al tempo stesso lo rinforza. Accadrebbe così che un eccessivo arousal porta a “disturbare” la naturale sequenza rilassamento, sonnolenza e addormentamento. Col passare delle notti insonni, inoltre, la persona potrebbe pian piano associare il momento dell’andare a letto (o anche la stessa camera da letto) con l’ansia e la paura di non dormire bene, creando così un effetto di condizionamento negativo. In questo modo la persona si dispone a letto con apprensione, si sforzerà a dormire a tutti i costi avviando così una sorta di ansia da prestazione per il sonno. Le conseguenze diurne (irritabilità, fatica, ecc) portano ad un aumento dei pensieri negativi riguardanti il sonno e di come la propria situazione sia irrimediabile. E’ ben evidente come la condizione di insonnia e pensieri disfunzionali venga a costituire un pericolo circolo vizioso.

Secondo Espie e collaboratori (2006), il sonno è un processo automatico. Chi dorme senza problemi si addormenta in modo spontaneo, senza controllo e senza pensarci troppo. L’automaticità del sonno è dunque la parte centrale del modello di Espie: tale automaticità invece viene persa quando la persona presta attenzione in modo selettivo al sonno e si sforza a tutti i costi di dormire. Secondo gli autori, quindi, i tre elementi cognitivi principali che portano al’insonnia sono: attenzione selettiva, intenzione esplicita e sforzo.

Secondo Harvey (2002, 2005), l’insonnia può essere spiegata tramite una serie di processi cognitivi attivi sia di giorno che di notte: (a) le persone che soffrono di insonnia sono più preoccupate nel pre-addormentamento, presentando pensieri intrusivi spiacevoli; (b) la preoccupazione e la conseguente ruminazione aumentano il livello di arousal; (c) l’eccessiva ansia porta il soggetto a monitorare continuamente tutti quegli stimoli interni ed esterni che potrebbero ostacolare un buon sonno, aumentando la probabilità di trovare dei reali stimoli minacciosi; (d) le persone danno grande importanza al disturbo notturno e alle conseguenze diurne, aumentando così l’ ansia di cui al primo punto; (e) le convinzioni disfunzionali e i comportamenti messi in atto per rimediare all’insonnia, altro non fanno che incrementare ulteriormente il disturbo.

 

Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno: recensione

I professionisti alla ricerca di un manuale che rappresenti un’utile guida al trattamento dei disturbi del sonno dovrebbero consultare Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno, manuale a cura di Michael Perlis, Mark Aloia e Brett Kuhn (edizione Italiana curata da Davide Coradeschi, traduzione di Laura Palagini), Giovanni Fioriti Edizioni.

Il manuale conta quasi 400 pagine, ed è diviso in tre grandi aree:

  • Parte I. Medicina comportamentale dei disturbi del sonno (BSM): protocolli per il trattamento dell’insonnia.
  • Parte II. Medicina comportamentale dei disturbi del sonno (BSM): protocolli per la terapia e il miglioramento dell’aderenza al trattamento dei disturbi intrinseci del sonno
  • Parte III. Medicina comportamentale dei disturbi del sonno (BSM): protocolli per il trattamento dei disturbi del sonno in età pediatrica.

Il vantaggio pratico del manuale è quello di illustrare una grande varietà di protocolli in modo molto preciso, dettagliato ma per nulla dispersivo. La chiarezza di ogni capitolo è garantita da una scaletta standard: nome del protocollo; indicazioni generali (es. insonnia); indicazioni specifiche (es. tipo o sottotipo); controindicazioni; razionale dell’intervento; descrizione della procedura; possibili modificazioni o varianti; evidenze scientifiche sull’efficacia della terapia; letture consigliate.

Il manuale diviene, organizzato in questo modo, di facile consultazione per il clinico che intende applicare uno dei protocolli descritti nella propria pratica clinica.

La seconda parte del manuale, seguendo sempre la stessa organizzazione sovra menzionata, si concentra su altri disturbi del sonno, in particolare disturbo delle apnee ostruttive e narcolessia. Vengono proposti, nella fattispecie, protocolli di intervento utili ai pazienti che, per via delle apnee ostruttive, sono costretti a ventilazione meccanica a pressione positiva continua delle vie aeree (CPAP), terapia non sempre ben accetta dai pazienti, né quindi adeguatamente osservata. I protocolli esposti mirano principalmente a migliorare l’adattamento del paziente alla CPAP.

Anche la terza parte del manuale è ricca di spunti clinici, illustrando protocolli per il trattamento dei disturbi del sonno in età pediatrica e adolescenziale: non solo insonnia ma anche sonnambulismo, enuresi notturna, terrore notturno e il disturbo da incubi in età adolescenziale.

Si evince dunque come Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno rappresenti un libro che ogni clinico, ricercatore o studente dovrebbe possedere nella propria libreria.

I disturbi del sonno rappresentano un insieme di disturbi molto vario e complesso, cosa che dovrebbe spronare ogni professionista a informarsi e formarsi al meglio relativamente ai diversi trattamenti. E’ premura anche degli autori del libro sottolineare come sia consigliabile, oltre allo studio dei protocolli proposti e alla consultazione del manuale, effettuare dei periodi di formazione, training e supervisione.

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Academy of Sleep Medicine (2005). International Classification of Sleep Disorders. Diagnostic and Coding Manual, 2nd edn. American Academy of Sleep Medicine, Westchester.
  • American Academy of Sleep Medicine. (2014) International classification of Sleep Disorders, 3rd edn. American Academy of Sleep Medicine, Darien, IL.
  • Carskadon, M.A., & Dement, W.C. (2011). Monitoring and staging human sleep. In M.H. Kryger, T.Roth, & W.C. Dement (Eds.), Principles and practice of sleep medicine, 5th edition, (pp 16-26). St. Louis: Elsevier Saunders.
  • Colin A. Espie, Niall M. Broomfield, Kenneth M.A. MacMahon, Lauren M. Macphee, Lynne M. Taylor (2006). The attention–intention–effort pathway in the development of psychophysiologic insomnia: A theoretical review. Sleep medicine review, 10, Issue 4, Pages 215–245
  • Harvey, A.G. (2002) A cognitive model of insomnia. Behav Res Therapy; 40:869–893.
  • Harvey, A.G., Tang, N. K. Y., Browningc, L. (2005) Cognitive approaches to insomnia. Clinical Psychology Review, 25 (5) Pages 593–611
  • http://www.polisonnografia.it/disturbi_ipersonnia.php
  • Morin CM (1993). Insomnia, psychological assessment and management. The Guilford, New York.
  • Perlis M.; Aloia M.; Kuhn B. (2015) Trattamenti comportamentali per i disturbi del sonno. Manuale completo e protocolli terapeutici. Giovanni Fioriti Editore
  • Spielman AJ (1986). Assessment of insomnia. Clinical Psychology Reviews 6, 11-25.
  • Spielman AJ, Glovinsky PB (1991). The varied nature of insomnia. In P Hauri (e. d.) Case Studies in Insomnia. Plenum Press, New York
  • Zucconi M. e Ferri R. (2014). Assessment of sleep disorders and diagnostic procedures. Classification of sleep disorders. In Bassetti, C., Dogas, Z., Peigneux, P. Sleep Medicine Textbook (pp. 95-109). Regensburg: European Sleep Research Society.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Disturbo da insonnia: quando l’ansia ne è la causa e contribuisce ad alimentarlo
Disturbo da insonnia: quando l’ansia ne è la causa e contribuisce ad alimentarlo

Nel disturbo da insonnia, l’ansia causa e aumenta il problema: l’ansia del timore di non dormire alimenta l’insonnia che, a sua volta, porta ulteriore ansia

ARTICOLI CORRELATI
Pet loss: come affrontiamo la perdita dei nostri animali domestici

La pet loss, la perdita del proprio animale domestico, è riconosciuta come fattore stressante e potenziale rischio per disturbi psicologici

Sindrome di Wernicke-Korsakoff: sintomi, diagnosi e decorso
Il “marinaio perduto”: la sindrome di Wernicke-Korsakoff

La sindrome di Wernicke-Korsakoff è una malattia neurodegenerativa del Sistema Nervoso caratterizzata dalla contemporanea presenza di due disturbi correlati

WordPress Ads
cancel