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Utilizzo del disegno nel percorso diagnostico e terapeutico nell’età evolutiva

Il disegno è uno strumento utile in ambito clinico con i bambini e da esso è possibile ottenere info sull'intelligenza e sulla personalità.

Di Guest

Pubblicato il 17 Mar. 2017

L’utilizzo del disegno come mezzo per comprendere meglio il mondo del bambino ha una lunga e articolata tradizione; si parte da Tardieu nel 1872 che fu tra i primi a studiarli, passando per Freud e Jung che vi leggevano delle conferme alle loro teorie (Lis, 1998).

Valentina Lucca, OPEN SCHOOL  “Studi Cognitivi” di Bolzano

Alessandro Failo

 

 

Sappiamo tutti che il primo dono che i bambini portano a casa dall’asilo per i genitori sono i loro scarabocchi che vengono attaccati amorevolmente sul frigo di genitori orgogliosi. Il disegno però, oltre che delicato ricordo, può essere considerato anche una porta privilegiata per il mondo interno del bambino. L’utilizzo del disegno come mezzo per comprendere meglio il mondo del bambino ha una lunga e articolata tradizione; si parte da Tardieu nel 1872 che fu tra i primi a studiarli, passando per Freud e Jung che vi leggevano delle conferme alle loro teorie (Lis, 1998).

Nel 1926 Florence Goodenough, creò uno schema di codifica che viene tuttora utilizzato e che correlava le caratteristiche del bambino ad un quoziente intellettivo; ella infatti sostenne che il disegno della figura umana acquisisce sempre più particolari man mano che il bambino diviene più maturo dal punto di vista cognitivo (Lis, 1998).

Da allora si sono susseguite molte interpretazioni e diversi metodi di scoring sia nel disegno libero – ad es. la tecnica dello scarabocchio di Winnicott (Günter, 2008) che nelle varie modalità strutturate (ad es. disegno della figura umana, della famiglia, dell’albero, della casa).

Il valore proiettivo dei disegni dei bambini per misurare l’intelligenza e i disturbi psicologici o emotivi è stato simultaneamente supportato e cambiato nel corso degli anni (Gross e Hayane, 1999).

Fasi del disegno

Il bambino attraversa diversi stadi nell’avvicinamento all’espressione grafica, secondo una prospettiva che segue le fasi indicate dalla teoria piagetana (Malchiodi, 2000).

Il primo stadio è quello degli scarabocchi, che accompagnano il bambino dall’esplorazione sensomotoria, dove tutto è potenzialmente una superficie disegnabile, e si prolunga fino alla formazione del pensiero simbolico che arriva intorno ai 3 anni.

Cosa possiamo osservare nel bambino che disegna i suoi primi scarabocchi?

-L’impugnatura, che viene acquisita intorno ai 3 anni,

-il punto di partenza da dove parte a disegnare e che secondo alcune interpretazioni potrebbe indicare una maggiore e minore inibizione nell’affrontare la realtà,

-lo spazio: quanto ne viene occupato,

-la pressione che ci comunica la carica vitale e la sua capacità di affrontare gli avvenimenti.

Il secondo stadio è quello delle forme, che si realizza intorno ai 3 e 4 anni. In questa fase i bambini cominciano ad attribuire un significato di storie ai loro disegni; in questo senso possiamo avere bambini più interessati all’aspetto grafico e altri più interessati alla narrazione (Gardner, 1980 in Serraglio, 2011).

In questo stadio si possono notare le preferenze per alcune forme rispetto ad altre e l’attribuzione di diversi vissuti che verrebbero associati alla prevalenza di alcune linee grafiche rispetto ad altre.

Nel terzo stadio, che corrisponde al periodo preoperatorio (4-7 anni) viene approfondito e migliorato il disegno della figura umana nella lettura dei quali significati si rimanda al test che presuppone questo compito.

Nel quarto stadio (lo schema visivo), tra i 6 e i 9 anni migliorano le capacità grafiche, e si sviluppano schematismi e simboli; nello stadio successivo (il realismo) il bambino cerca di riprendere la realtà nel suo disegno.

Tipologia di studi sul disegno

Al di là di quelle che sono le varie fasi di acquisizione, è utile fare chiarezza su quali siano i quadri concettuali dentro i quali si muovono gli studi psicologici sul disegno. Bombi e Tambelli (2001) hanno identificato tre ampi filoni tradizionali:

  1. a) la ricerca tra disegno e stadi di sviluppo del pensiero,
  2. b) disegno del bambino come arte,
  3. c) l’indagine delle relazioni tra disegno e assetto della personalità.

Il primo filone, che possiamo considerare all’interno della corrente di pensiero stadiale piagetiana, tenta di comprendere soprattutto le regolarità evolutive del disegno, inteso come mezzo di rappresentazione che si muove in termini di stadi, quindi al crescere dell’età si possono riscontrare differenze via via più adeguate di rappresentazione. Il bambino quindi non riproduce esattamente la realtà, ma deve utilizzare la mediazione di un “modello interno” che è vincolato a sua volta alle sue capacità intellettuali che quindi cambiano da un’età all’altra. Il disegno così concepito, diventa dunque un indicatore della capacità cognitiva del bambino.

Il secondo approccio, si richiama alla teoria della Gestalt in cui vengono sottolineate le caratteristiche innate di alcuni principi estetici (simmetria e buona forma). Questa visione, a differenza di quella stadiale, considera alcuni “difetti” del disegno elementi in sè significativi positivi, come ad esempio il cercare di aumentare la rilevanza di un particolare (una testa grande) o rendere più efficace l’azione in corso (la mano che raccoglie qualcosa).

Nel terzo ambito, quello dell’indagine della personalità, il disegno è inteso come rivelatore della personalità infantile, quindi utilizzabile sia ai fini valutativi che a quelli terapeutici. L’attività grafica, all’interno della prospettiva psicoanalitica è quindi spontanea e, insieme al gioco, è per il bambino una modalità utile per narrare gli aspetti emotivi di se stesso. Sono perciò strumenti di espressione della sfera inconscia al pari del linguaggio, delle libere associazioni e dei sogni per l’adulto.

Limiti e perplessità

Lo status scientifico dei test grafici, inteso come attendibilità e replicabilità, è ancora oggi ampiamente dibattuto (Gross & Hayne H, 1998; Motta, Little, Tobim, 1993).

Tuttavia esiste un’evidente discrepanza tra l’ambito della ricerca e quello della pratica clinica: se le proprietà psicometriche indicano che non hanno una buona generalizzibilità e validità, dall’altra l’utilizzo da parte dei clinici per avvalorare altre ipotesi è ancora molto popolare (Lilienfield et al., 2000; Roberti, 2013).

Approccio psicodinamico al disegno

All’interno dell’ottica della corrente psicodinamica, il disegno, seppur rappresentando soggetti diversi, è una tecnica proiettiva che ha avuto grande popolarità partendo dagli anni ’50 e ’60.

È da sottolineare che la difficoltà nel poter dare un giudizio sulla validità di questo tipo di strumenti diagnostici deriva dal fatto che la maggior parte degli studi sono stati condotti da clinici di stampo psicoanalitico o da ricercatori empirici molto critici, quindi appartenenti a fazioni diametralmente opposte (Lis ,1998).

La teoria di attribuire un significato proiettivo al disegno parte dall’ osservazione fatta dalla Goodenough secondo la quale oltre a poter ricavare un quoziente di età mentale, dal disegno del bambino si possono anche intravedere dei tratti di personalità. A perseguire questa ipotesi  furono in particolare Buck (1948) e Machover (1949).

L’assunto teorico di base è che il disegno della figura umana rappresenta l’espressione di sé, o del corpo, nell’ambiente, e l’immagine composita che costituisce la figura disegnata è intimamente legata al Sé in tutte le sue ramificazioni” (Machover, 1949, 1951 in Lis,1998, p.43).

Anche secondo Hammer (1958), il disegno della figura umana riflette l’autostima e l’organizzazione di sé ma “per quanto riguarda i bambini è necessario ricordare che essi tendono a rappresentare il loro vissuto attuale e, a seconda della fase evolutiva, lo stato delle loro identificazioni con le figure genitoriali, intorno a cui ruota il mondo affettivo” (Piperno e Lucarelli, 2008 in Roberti, 2013 p.25)

Il disegno quindi assumerebbe dei significati che aiuterebbero a leggere la struttura psicologica del bambino.

L’approccio cognitivista al disegno

Se proviamo ad osservare il disegno come una forma di problem solving possiamo inquadrarlo all’interno di una prospettiva più “cognitiva”, dando però meno importanza alla concezione stadiale di sviluppo e considerando il disegno guidato parzialmente da una progettualità consapevole (Pinto e Bombi, 1999; Davis, 1983; in Bombi e Tambelli, 2001).

Bombi e Tambelli (2001) sottolineano che in questo approccio “è cresciuto l’interesse per le circostanze che facilitano il disegnare, così come la consapevolezza che ogni disegno è il risultato congiunto del livello evolutivo del bambino, del messaggio che egli intende affidare al foglio e delle circostanze in cui il disegno viene disegnato” (Bombi e Tambelli, 2001, p.9).

I principali test proiettivi grafici utilizzati dagli psicologi italiani

1) Test della figura umana

Nel test della figura umana viene richiesto al bambino di disegnare una figura umana (la consegna differisce sensibilmente in base a quale autore si intende seguire per la codifica) ed è un disegno molto utilizzato nell’ambito clinico da psicologi anche di diverse scuole. Dopo che il bambino ha disegnato la prima figura umana,  a volte, gli viene chiesto di disegnarne una seconda, di sesso opposto. Non costituisce di per sé uno strumento diagnostico di personalità e tanto meno uno strumento per valutare l’intelligenza del bambino.

Quello che si può valutare nel disegno è il grado di evoluzione intellettiva in riferimento alla completezza del disegno, mettendo in relazione lo sviluppo psicomotorio con quello di funzioni specifiche del sistema nervoso (Roberti, 2013). Oltre al disegno, viene proposta al bambino una breve inchiesta che aiuta il clinico a contestualizzare il disegno  e diviene conferma delle caratteristiche che vi sono disegnate.

Alcuni clinici preferiscono lasciare al bambino l’utilizzo della gomma, perché soprattutto in ambito cognitivo, viene osservato il processo attraverso cui il bambino giunge al disegno mentre in ambito psicodinamico, la gomma non è permessa.

Un’interessante metodo di scoring per l’analisi del disegno della persona è il DAP:SPED, proposto da Naglieri, McNeish, & Bardos (1991) che insieme a quello di Koppitz (1966) più conosciuto in Italia rispetto al precedente, hanno dimostrato avere una maggior affidabilità. I 51 item del DAP:SPED che aiutano ad analizzare il disegno possono essere utilizzati nei disegni di ragazzi dai 6 ai 17 anni ed è un metodo molto utilizzato nei paesi anglossassoni.

Secondo Naglieri, la tecnica del disegno della figura umana fornisce una misura della capacità non verbale utilizzando un formato divertente e utile per la valutazione dei bambini piccoli e senza la componente di velocità di alcuni dei test WISC–R.

 

2) Test della famiglia

Il Disegno della Famiglia viene considerato anch’esso un test proiettivo  grafico che permette di indagare la rappresentazione e l’interazione delle figure famigliari secondo la visione del bambino. Anche qui la consegna varia sensibilmente in base al sistema di codifica che si sceglie di seguire ma in generale viene chiesto di disegnare “una“ famiglia laddove la scelta di disegnare la propria o una inventata, o una estranea acquisisca già di per sé un significato.

Il disegno viene poi affiancato da delle domande che aiutano a capire anche i significati e le emozioni associate ai personaggi del disegno.

Una variabile particolare del disegno della famiglia è il disegno della famiglia cinetica (Kinetic Family Drawings K-F-D) sviluppato da Burns e Kaukman (1970) e ha come caratteristica quello di invitare a disegnare la propria famiglia mentre compie un’azione, dando così “maggiore spazio alla proiezione rispetto al disegno statico della famiglia, poiché induce a  rappresentare particolari dell’ambiente fisico e naturale in cui vive e da questi elementi e dal tipo di azione che ogni personaggio compie si possono ricavare informazioni più precise sul modo in cui l’autore del disegno percepisce e si pone in relazione con ogni componente della famiglia” (Roberti, 2014, p.16).

 

3) Test dell’albero

Ultimo test proiettivo grafico di cui vogliamo parlare è il test dell’albero, ideato da Jucker ed elaborato da Koch (1949, tr.it 1958). La consegna data al bambino è quella di disegnare su un foglio un albero da frutto, e in secondo luogo si chiede di disegnare un albero totalmente diverso dal primo.

L’ipotesi alla base di tale metodo è che l’albero rimandi simbolicamente all’uomo per l’analogia con la posizione eretta per cui vi sarebbe un’ identificazione con la persona che lo disegna. Questo test diviene quindi un utile complemento, al disegno della persona: in questo modo unendo i due proiettivi si possono ottenere delle inferenze maggiori.

 

Conclusioni

Come abbiamo visto in queste righe, gli approcci al disegno possono essere molto diversificati e questo pregiudica anche il tipo di significati che possono essere colti nei tratti grafici.

Siccome però, il disegno è uno strumento molto utilizzato e anche apprezzato dai bambini perché rivolge loro una richiesta che si sentono in grado di esaudire, riteniamo importante condividere alcuni elementi che, anche senza indagare i significati proiettivi, possono essere utili nell’assessment dell’età evolutiva.

  • Dimensione rispetto al foglio che riflette l’esplorazione nello spazio
  • Pressione: livello di energia presente nel tratto
  • Tratto: a seconda di un tratto più o meno lungo si potrà notare il comportamento del bambino
  • Numero di dettagli
  • Posizione del disegno sul foglio
  • Movimento
  • Ombreggiatura
  • Presenza di uno sfondo
  • Utilizzo dei colori.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bombi A. S., Tambelli R. (2001). Le relazioni tra genitori e figli attraverso l’analisi del disegno. Rassegna di Psicologia, 2, 5-13
  • Buck J. N. (1948). The H-T-P test. Journal of Clinical Psychology 4, 151–9
  • Burns R. C., Kaufman S. H. (1970). Kinetic Family Drawings (K-F-D): An Introduction to Understanding Children through Kinetic Drawings. Oxford: Brunner/Mazel
  • Gross J, Harlene H. (1999). Drawing facilitates children's verbal reports after long delays. Journal of Experimental Psychology, 5, 265-283.
  • Gross J., Hayne H. (1998). Drawing facilitates children’s verbal reports of emotionally laden events. Journal of Experimental Psychology, 4, 163–79
  • Günter M. (2008). Colloqui con i bambini. La tecnica dello scarabocchio nella pratica clinica Milano. Astrolabio Ubaldini
  • Hammer, E.F. (1958). The clinical application of projective drawings. Springfield, IL: Charles C Thomas
  • Koch k. (1948), trad. it. (1958). Il reattivo dell’albero. Il diegno dell’albero come ausilio psicodiagnostico. Firenze.: Giunti Organizzazioni Speciali
  • Koppitz E. M. (1966). Emotional indicators on human figure drawings of children: a validation study, Journal of Clinical Psychology, 22, 313-315.
  • Lilienfeld, S. O., Wood, J. M., & Garb, H. N. (2000). The scientific status of projective techniques. Psychological Science in the Public Interest, 1, 27–66
  • Lis A. (1998).Tecniche proiettive per l'indagine della personalità. Bologna: Il Mulino
  • Machover K. (1949). Personality Projection in the Drawing of the Human Figure: A Method of Personality Investigation. Springfield, IL: Charles C Thomas Publisher
  • Malchiodi C. A., (1998), trad. it. (2000). Capire i disegni infantili, Torino: Centro Scientifico Editore
  • Motta R. W., Little S. G., Tobin M. I. (1993). The use and abuse of human figure drawings. School Psychology Quarterly, 8, 162–9
  • Naglieri, J. A., McNeish, T. J., & Bardos, A. N. (1991) 'Draw a Person: Screening Procedure for Emotional Disturbance; DAP: SPED, Texas: PRO-ED
  • Roberti L. (2013). Il disegno della famiglia in ambito clinico e giuridico peritale. Guida pratica all'interpretazione. Milano: Franco Angeli
  • Roberti L. (2013). Il disegno della figura umana in ambito clinico e giuridico peritale. Guida pratica all’interpretazione. Milano: Franco Angeli
  • Serraglio A. (2011). Gli adulti parlano... i bambini disegnano! Manuale per l'interpretazione del disegno infantile. Roma: Armando Editore
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